Branca della medicina che si occupa dei molteplici e complessi problemi fisici e psicosociali tra loro interagenti che caratterizzano la condizione dei pazienti anziani. L’approccio diagnostico, nell’anziano, pone problemi specifici, quali l’incertezza nella definizione dei livelli normali delle prove di laboratorio, la riduzione della funzionalità di alcuni organi, l’esordio talora insidioso o atipico delle malattie e soprattutto, cosa che è eccezionale nei giovani e che costituisce una caratteristica particolare della g., la contemporanea associazione di più fatti morbosi con conseguente molteplicità di prescrizioni farmacologiche. L’insidiosità dell’esordio, associata o meno a una lenta evoluzione, è caratteristica di molte malattie (morbo di Parkinson, ipo- e ipertiroidismo, insufficienza cardiaca ecc.), ma può anche essere dovuta alla tendenza dell’anziano ad accettare una diminuzione delle proprie capacità fisiche come facente parte del processo d’invecchiamento e non come problema da sottoporre tempestivamente all’attenzione del medico. Tale comportamento viene favorito da quello che è riconosciuto come un atteggiamento negativo generalizzato che può coinvolgere anche medici e operatori sanitari, i quali ritengono che molti disturbi dell’anziano siano più la conseguenza dell’età che non l’espressione di possibili malattie (ageism per gli autori di lingua anglosassone). La diagnosi precoce e il trattamento in fase iniziale di una qualsiasi malattia rendono invece più favorevole la prognosi soprattutto nel soggetto anziano, in cui si assiste spesso, quando una condizione morbosa non venga immediatamente riconosciuta, all’innescarsi di una serie di eventi negativi che possono determinare la cronicizzazione e la compromissione irreversibile dello stato di salute.
Nell’anziano non si può avere un trattamento standard. Ogni paziente dev’essere valutato singolarmente, e la terapia adattata alle sue particolari necessità. Spesso lo scopo della terapia non può essere quello della guarigione completa, intesa come eliminazione della malattia e delle sue conseguenze. Numerosi processi patologici nel vecchio sono infatti di natura degenerativa e quindi, fino a oggi, irreversibili. Nel caso di una malattia invalidante associata a una depressione, mediante una terapia farmacologica si può ottenere il miglioramento dell’umore e dell’interesse verso l’ambiente. In altri casi l’intervento terapeutico consiste in un programma di riabilitazione rivolto al potenziamento di capacità residue e quindi al recupero di funzioni quali per es. la deambulazione. Dopo aver messo in evidenza le diverse patologie il geriatra deve decidere le condizioni da sottoporre alla terapia. Tale decisione dipende dagli effetti della malattia sulle capacità funzionali, sullo stato mentale e sulla situazione sociale del paziente. In ogni caso il fine della terapia rimane sempre il miglioramento della qualità di vita.
In età avanzata diverse condizioni patologiche, singolarmente o associate tra loro, possono portare, attraverso un meccanismo metabolico e/o circolatorio, a una compromissione, spesso transitoria, delle funzioni cerebrali con scompensi che possono interessare il controllo omeostatico, la motilità volontaria o automatica, le capacità cognitive. L’esperienza clinica conferma che disturbi della motilità e cadute, confusione mentale, incontinenza urinaria, difficoltà alla regolazione omeostatica sono i problemi medici più comuni nella popolazione anziana, ai quali si aggiungono i disturbi iatrogeni provocati da più farmaci, spesso a dosi eccessive, prescritti nell’ansia di risolvere le varie patologie del paziente. Si profila così un ‘quintetto’ formato da un insieme di sintomi che si possono trovare separatamente o associati in ogni malattia acuta o cronica, i quali rappresentano l’essenza della medicina geriatrica.