Formalismo lagrangiano
Un approccio alla meccanica newtoniana sviluppato da Joseph Lagrange per superare due delle sue principali limitazioni: da un lato l’estrema difficoltà nel trattare sistemi dinamici sopposti a vincoli (per es., una palla costretta a rotolare su una superficie rigida, il vincolo), dall’altro la non invarianza delle equazioni di Newton per trasformazioni di coordinate sufficientemente generali. Elemento essenziale della formulazione lagrangiana della meccanica (meccanica lagrangiana) sono le equazioni di Lagrange
dove L=T−V, T è l’energia cinetica del sistema, V la sua energia potenziale e q∙∥ indica le cosiddette velocità generalizzate. È questa la funzione di Lagrange o lagrangiana, che nel caso di un sistema di N punti materiali (nello spazio tridimensionale ordinario) sottoposti a k vincoli dipende da 3N−k coordinate generalizzate q∥. Questo numero corrisponde esattamente al numero di gradi di libertà del sistema ed è dunque fissato, ma è importante tenere presente che la scelta delle variabili q∥ è al contrario non unica. Nell’esempio precedente i gradi di libertà sono due (la dimensione della superficie), ma qualunque sistema di coordinate sulla superficie stessa è in linea di principio accettabile. Notiamo inoltre che la dipendenza di L unicamente dalle energie cinetica e potenziale del sistema implica immediatamente che il suo significato sia indipendente dalle coordinate scelte. Le equazioni di Lagrange costituiscono un sistema di 3N−k equazioni differenziali al second’ordine e costituiscono l’insostituibile punto di partenza per ogni sviluppo formale della meccanica, compresa la stessa meccanica hamiltoniana. Viceversa, le equazioni di Lagrange possono essere ottenute a partire da un singolo assioma, detto principio di minima azione e introdotto da William R. Hamilton nel 1823. Si tratta del più importante esempio di principio variazionale e richiede che, per qualunque intervallo [t1,t2], l’azione
sia estremale (comunemente minima).