Centro in prov. di Rieti, nel comune di Fara in Sabina, famoso per l’abbazia fondata nel 680 da Tomaso di Moriana, protetta dai Longobardi e quindi dai Franchi. Il periodo di splendore avuto sotto i Carolingi, fu offuscato dall’invasione saracena (898). La badia rifiorì all’inizio dell’11° sec., con la riforma cluniacense e l’opera dell’abate Ugo (997-1039). Appoggiò la politica imperiale durante la lotta delle investiture ma, con il concordato di Worms (1122) e il conseguente ritorno sotto la giurisdizione papale, perse importanza politica ed economica finché, all’inizio del 1400, Bonifacio IX nominò gli abati commendatari, scegliendoli tra le più nobili famiglie romane (Orsini, Barberini ecc.). Soppressa nel 1841 la commenda abbaziale, la comunità monastica scomparve quando lo Stato della Chiesa fu incorporato nel Regno d’Italia e l’abbazia divenne proprietà privata. Fu ricostituita nel 1919 dalla congregazione cassinese, che vi trasferì monaci dell’abbazia di S. Paolo fuori le mura di Roma.
L’esistenza di una comunità cristiana già nel 6° sec. è attestata dal ritrovamento di una scodella con una croce centrale affiancata da due cantari; di epoca successiva i resti di un coemeterium presso l’abside semicircolare dell’antica abbazia. Questa, ricostruita dalla fine del 7° sec., era a navata unica con transetto sporgente e abside semicircolare rivolta a N-E; al 9° sec. è attribuibile la cripta semianulare, e le due torri di facciata, una delle quali è stata trasformata in campanile. L’abbazia subì ampi rimaneggiamenti (11° sec., 14°-16° sec.) che ne modificarono l’orientamento e l’aspetto.
Nel suo scriptorium si adoperò nei sec. 11°-12° la scrittura farfense (maiuscola o minuscola), uno dei pochi tipi noti di maiuscola carolina italiana, che si collega alla cosiddetta minuscola romana, caratterizzata dal modulo relativamente grande delle lettere, schiacciate e inclinate a destra.