Signore (n. 1194 - m. Soncino 1259) di Vicenza, Verona e Padova. Ghibellino, sostenne l'imperatore Federico II, che gli permise di crearsi un dominio personale molto esteso. Dopo la morte di Federico II, fu scomunicato da Innocenzo IV (1254). Valoroso e audace, abile nello sfruttare per sé le necessità della politica imperiale, fu certo spietato nella sua volontà di dominio, capace di crudeltà per rimediare ai pericoli continui che lo circondavano, anche se leggendarie sono molte delle nefandezze attribuitegli.
Ricevuti dal padre Ezzelino II i feudi del Trevigiano (1223), si alleò con Salinguerra di Ferrara e cacciò da Verona i Sambonifacio (1225), divenendo podestà della città (1226-30), e parteggiando per la lega lombarda. Venuto a contrasto con questa, e perduto il potere a Verona, passò alla parte imperiale, il che gli permise di rientrare coi Monticoli, suoi partigiani, in Verona (1232). Dopo qualche anno di situazione precaria, per l'ostilità che da ogni parte lo circondava, l'intervento delle truppe di Federico II consolidò la sua posizione (1236). Divenuto padrone assoluto della città, avuta in moglie Selvaggia, figlia naturale di Federico II, al quale egli garantiva aperta la via importantissima della Val d'Adige, prese a perseguitare i nemici dell'Impero, più che per devozione, per crearsi un dominio personale indipendente, che egli estese dall'Oglio e dal Po fino a Trento e alla Marca Trevigiana. La posizione relativamente indipendente permise di superare il fiero colpo causato dalla morte di Federico II a lui e a O. Pelavicino, l'altro despota sotto bandiera ghibellina, col quale E. era collegato. Scomunicato da Innocenzo IV (1254), che gli bandì contro una crociata, se perdette Trento (1255) e Padova (1256), poté ancora conquistare Brescia (1258). Ma inimicatosi con il Pelavicino, fallitogli un colpo di sorpresa su Milano, fu assalito e ferito sul ponte di Cassano d'Adda e in seguito catturato dalle forze guelfe. Portato a Soncino, si lasciò morire senza riconciliarsi con la Chiesa.