Essendo quello civile un processo ‘a impulso di parte’, all’affievolimento di tale impulso corrisponde il venir meno del dovere decisorio (nel merito) del giudice. Il fenomeno prende il nome di estinzione, che la legge subordina a un’espressa rinuncia agli atti accettata dalle altre parti costituite e interessate alla prosecuzione (art. 306 c.p.c.), o al verificarsi di qualificate ipotesi di inattività processuale (art. 307 c.p.c.). L’estinzione opera di diritto ed è dichiarata anche d'ufficio con ordinanza del giudice istruttore o con sentenza dal collegio. Gli effetti del provvedimento dichiarativo dell’estinzione retroagiscono al momento in cui si è verificata la causa estintiva. Non risultando adempiuto il dovere decisorio dell’organo giurisdizionale, l’estinzione del processo non estingue l’azione, ma rende inefficaci gli atti processuali compiuti, fatta eccezione per le ordinanze anticipatorie di condanna, le sentenze di merito pronunciate nel corso del giudizio e quelle che regolano la competenza; le prove raccolte sono valutate in un eventuale nuovo processo ai sensi dell’art. 116, 2° co., e le spese restano a carico della parte che le ha anticipate.
Azione. Diritto processuale civile