Termine di grande diffusione nella psicologia, nella filosofia e in genere nelle scienze umane in Germania dagli inizi del Novecento, adottato per affermare una concezione attiva, dinamica della vita della coscienza, contro le sue riduzioni positivistiche a semplice processo fisiologico, meccanico, associativo.
Reso in italiano con l’espressione «esperienza vissuta» o «vivente», indica l’aspetto personale, unitario per cui i contenuti della coscienza non sono recepiti in modo passivo, ma colti in modo vivo nel fluire della coscienza. A differenza degli oggetti legati da rapporti spaziali estrinseci, gli E. sono infatti connessi temporalmente in senso retrospettivo e proiettivo per cui originariamente non vi sono singoli E. isolati, ma piuttosto una vera e propria corrente di E., entro la quale vengono poi distinti sentimenti, volizioni, conoscenze ecc. Per questo suo carattere l’E. è stato considerato come la condizione essenziale per cogliere tutto ciò che è vita, da quella del singolo individuo a quella delle realtà storiche, artistiche, religiose ecc., che sfuggono ai metodi puramente definitori delle scienze naturali; in questo senso il concetto di E. ha avuto notevole importanza nella polemica condotta dallo storicismo (W. Dilthey) contro il positivismo e, per altro verso, nella polemica di E. Husserl contro ogni forma di psicologismo.