ereditarietà
Come i caratteri genetici passano dai nonni ai genitori ai figli
Ereditare vuol dire ricevere da genitori, nonni e antenati. Lo studio dell'ereditarietà spiega in che modo riceviamo i caratteri genetici, cioè di coloro che ci hanno generato. Le regole fondamentali dell'ereditarietà, scoperte negli ultimi 150 anni, ci permettono di capire come si ereditano le diverse caratteristiche genetiche e descrivono gli oggetti della genetica, la variabilità genetica, la riproduzione non sessuata, la riproduzione sessuata e infine l'influenza dell'ambiente sui caratteri ereditari
Due fratelli osservano i propri genitori e si chiedono perché uno abbia preso gli occhi neri del padre e l'altro quelli azzurri della madre. Due sorelle guardano i loro quattro nonni e vogliono sapere perché, con due genitori di altezza media, una sia una spilungona come la nonna paterna e l'altra sia cresciuta poco, come il nonno materno. Le risposte a tutto questo vengono dalle lunghe ricerche scientifiche iniziate 150 anni fa dal monaco Gregor Mendel nel suo convento in Moldavia, continuate da generazioni di ricercatori nei laboratori di tutto il mondo durante il secolo scorso e culminate nei primissimi anni di questo secolo con il successo del progetto internazionale (Progetto genoma umano) che ha descritto, punto per punto, tutti i componenti del messaggio genetico.
I genetisti, a metà del Novecento, hanno risolto il problema di quali sono i veicoli concreti dell'ereditarietà, cioè hanno identificato le molecole e le strutture cellulari responsabili dell'informazione genetica, che è scritta con il linguaggio chimico del DNA. La quantità di DNA necessaria a costruire una singola proteina è definita gene, e proprio alle proteine dobbiamo la realizzazione di tutte le caratteristiche e le funzioni dell'organismo. I diversi geni necessari a far nascere, crescere e riprodurre un organismo variano da poche centinaia negli organismi più semplici, come i batteri, fino ad almeno 35.000 nell'uomo, e sono distribuiti lungo strutture cellulari chiamate cromosomi, uno solo nei batteri e 23 coppie (cioè 46) nell'uomo.
Da queste scoperte è stato concluso che l'ereditarietà di funzioni anche complesse, come le sfumature dei colori dell'occhio, la capacità di percepire gli odori e persino l'orecchio musicale, è dovuta a strutture cellulari precise, che è possibile descrivere in termini chimici semplici e concreti.
Un secondo problema risolto dai genetisti è stato quello della variabilità genetica, cioè l'origine delle differenze fra gli organismi. I primi ominidi, comparsi in Africa un milione di anni fa, sono nati da pochi progenitori, molto simili agli attuali scimpanzé. La genetica si chiede perché, nel corso dell'evoluzione, gli uomini siano cambiati così tanto (fortunatamente!) e soprattutto perché, pur rimanendo tutti formati da molte parti comuni ‒ come la testa, un corpo, braccia e gambe ‒, siano così diversi fra loro per il colore e la forma degli occhi e dei capelli, o per la forma di naso, mento e labbra.
Oggi sappiamo che ogni volta che il DNA si replica, le due copie formate non sono completamente identiche, ma casualmente, in media una volta ogni 100.000 replicazioni, si produce una differenza che viene chiamata mutazione.
Ognuno di noi nasce con alcune di queste differenze rispetto ai geni ricevuti dai nostri genitori. In un milione di anni si sono succedute almeno 50.000 generazioni di umani, cosicché i geni sono cambiati e sono comparse infinite differenze nelle nostre caratteristiche ereditarie, fra cui quelle di occhi, capelli, naso e labbra.
La seconda regola importante dell'ereditarietà è quindi che le caratteristiche genetiche non restano sempre le stesse, ma sono sottoposte a continue modificazioni spontanee, non prevedibili, che rendono gli organismi viventi più o meno differenti fra loro.
Il terzo e quarto aspetto dell'ereditarietà riguardano le due principali modalità di riproduzione degli organismi, una che avviene secondo uno schema più semplice ‒ quando i figli si formano da un solo genitore ‒ e una più complessa ‒ quando i figli nascono da due diversi genitori. Il primo tipo di riproduzione consiste in una semplice divisione cellulare: in questo caso, il DNA dell'informazione genetica della cellula genitrice si duplica in due molecole identiche che si distribuiscono a due nuove cellule che sono, in conseguenza, fra loro identiche.
Questa forma di riproduzione è tipica dagli organismi più semplici, come i batteri, che hanno una informazione genetica unica, e che porta alla formazione di cloni cellulari, popolazioni di cellule fra loro identiche. Questa riproduzione si chiama non sessuata perché avviene con la partecipazione di un solo individuo che trasmette quindi un'unica informazione genetica e mantiene costante la qualità dell'informazione genetica dalla cellula genitore a quelle delle cellule figlie, di generazione in generazione.
Al contrario, la riproduzione sessuata avviene quando, come nel caso degli esseri umani, due genitori mettono in comune le loro due diverse informazioni ereditarie, formando una famiglia di organismi geneticamente legati, ma fra loro diversi: così, a ogni generazione, le differenze sono destinate ad aumentare.
La riproduzione sessuata è governata dalla 'regola del due': ognuno ha due genitori e ha ricevuto da tutti e due un'informazione genetica completa: due per la forma del naso, due per il colore dei capelli, e così per occhi, statura, dimensioni del piede e funzioni del cervello, formando quindi un insieme doppio ‒ detto diploide ‒ di geni. Di questo 'due' ogni ragazzo è ben certo perché sa che ogni caratteristica del suo organismo richiama sia l'uno che l'altro dei suoi genitori. Per esempio, i suoi capelli castani sono dovuti all'incontro di due gruppi di geni, quelli dei capelli neri della mamma e quelli biondi del papà.
Quando il figlio, ormai cresciuto, a sua volta si riproduce, non può contemporaneamente essere sia padre sia madre, ma sarà solo l'uno o l'altro, cioè uno dei due genitori. Questo vuol dire che, pur avendo due copie complete di informazione genetica, ne può trasferire solo una (definita aploide, cioè metà di diploide) ai suoi figli. Questa copia singola, incontrando quella di un altro genitore, riporta a due ‒ a quella diploide appunto ‒ la quantità di genoma del figlio. Prima di potersi riprodurre, i futuri genitori preparano cellule speciali chiamate gameti, l'uovo per la madre e lo spermatozoo per il padre, con contenuto genetico aploide. Questo avviene mediante un processo cellulare speciale chiamato meiosi, che in greco vuol dire "diminuzione ".
Questo è il momento importante della 'regola del due' perché entrano in azione anche i geni dei futuri nonni del figlio che dovrà nascere. Infatti, nel corso della meiosi di ognuno dei futuri genitori, per esempio la madre, ogni coppia di geni proveniente dai nonni viene divisa per due e, in modo assolutamente casuale, nell'uovo si troverà o la copia del nonno o quella della nonna. Può essere il colore dei capelli del nonno e la forma del naso della nonna, il colore degli occhi della nonna e la statura del nonno, e così per tutte le coppie di geni. Lo stesso accade nella meiosi del padre, che prepara lo spermatozoo. Il genoma umano contiene almeno 35.000 coppie di geni e per ognuna di queste ogni figlio può ricevere solo uno dei due geni, a caso o del nonno o della nonna da parte di madre e lo stesso per i nonni da parte di padre. Ecco perché per ogni nostro carattere assomigliamo un po' a ognuno dei nostri quattro nonni, ma in modo assolutamente diverso da come assomiglia loro un nostro fratello o una nostra sorella.
L'ultima regola importante dell'ereditarietà afferma che quasi tutti i caratteri sono conseguenza non solo dei geni, ma anche dell'ambiente di vita. Bastano due esempi per convincersene. Due semi di grano presi da una stessa spiga hanno geni identici, ma, se piantati in due campi diversi, l'uno all'ombra, asciutto e non concimato e l'altro al sole, ben irrigato e concimato, faranno crescere due piante di grano molto diverse fra loro, l'una con una sola spiga stentata, l'altro con parecchie spighe molto grosse. Molti anni fa due bambini orfani e gemelli geneticamente identici sono stati separati e adottati da due famiglie diverse, l'una povera, in un piccolo villaggio di campagna di una regione depressa e l'altra ricca, residente in una grande città di una regione industriale. La storia racconta che a vent'anni i due gemelli erano diventati molto diversi per le loro capacità fisiche e culturali, ma non ci è dato sapere quale dei due fosse più simpatico e più felice.