Archeologo e umanista (Roma 1751 - Parigi 1818). Profondo conoscitore dei testi e del mondo classico, V. ricoprì diverse prestigiose cariche che gli consentirono l'osservazione e lo studio attento delle opere dell'arte antica. A lui si deve, infatti, l'identificazione di alcuni capolavori dell'arte greca, fra cui l'Afrodite cnidia di Prassitele, l'Irene e Pluto di Cefisodoto, e il riconoscimento dell'altissimo valore delle sculture del Partenone portate a Londra da lord Elgin.
Figlio di Giovanni Antonio Battista, fin dall'infanzia, manifestò eccezionali doti mnemoniche e intellettuali, che gli consentirono di arrivare ben presto ad avere una perfetta conoscenza delle lingue e dei testi classici. A 13 anni tradusse l'Ecuba euripidea, a 19 si laureò in giurisprudenza. Acquistò presto fama per la sua eccezionale dottrina e fu consulente di studiosi e letterati, tra i quali V. Monti, di cui riscontrò col testo greco e corresse la traduzione dell'Iliade. Ebbe da Pio VI cariche, pensioni e l'ufficio di custode della Biblioteca Vaticana, benefici che perdette perché non volle seguire la carriera ecclesiastica; divenne poi bibliotecario del principe Sigismondo Chigi. Dal 1778 collaborò con il padre nella descrizione del Museo Pio-Clementino (vol. 1, col solo nome del padre, 1783) e dopo la sua morte completò l'opera (voll. 2-7, 1784-1807). Fu console della Repubblica Romana (1798), poi presidente della sezione di storia e antichità del nuovo Istituto nazionale delle scienze e delle arti. All'occupazione napoletana di Roma riparò a Perugia, poi (1799) a Parigi, dove fra l'altro diresse il Musée Napoléon (odierno Louvre), del quale descrisse le collezioni, e dove fu creata per lui una cattedra di archeologia. Dal 1803 fu conservatore delle antichità, e, per nomina del Primo Console, membro dell'Istituto di Francia. Dopo la Restaurazione ebbe la protezione dei Borboni. Fra le sue opere, importanti l'Iconographie grecque (3 voll., 1808-11) e l'Iconographie romaine, rimasta incompiuta (vol. 1, 1817).