ELETTRICA, ENERGIA (XIII, p. 637; App. II, 1, p. 825; III, 1, p. 518)
Negli ultimi venti anni la domanda di e. e. ha continuato ad aumentare nel mondo con un ritmo alquanto maggiore della domanda complessiva di energia. Mentre la produzione complessiva di tutte le fonti energetiche primarie è infatti aumentata di 2,4 volte passando da 24.692 • 1012 kcal nel 1955 a 58.942 • 1012 kcal nel 1975, con un incremento medio annuo composto del 5,0% la produzione mondiale di e. e. è aumentata di 4,5 volte passando da 1545 • 109 kWh nel 1955 a circa 6400 • 109 kWh nel 1975, con un incremento medio annuo composto superiore al 7,4%.
Conclusioni analoghe si hanno per i maggiori paesi industrializzati, quando ci si volga a esaminare la situazione delle singole nazioni.
La crescente preferenza accordata dagli utenti all'e. e. è dovuta in primo luogo a quelle caratteristiche peculiari dell'e. e., che in genere si sintetizzano con il termine flessibilità: può ottenersi da tutte le fonti primarie; può trasformarsi in tutte le forme utili di energia; la sua fornitura si adatta istantaneamente all'andamento mutevole del fabbisogno; può essere trasmessa in grandi quantità e a notevoli distamze con perdite modeste e con costi accettabili, può essere distribuita capillarmente a un'utenza estremamente varia, frazionata e sparsa su vasti territori. Non meno importanti sono da considerarsi il fatto che l'e. e. nella fase di utilizzazione è la più pulita delle forme di energia oggi disponibili (il suo uso non comporta la produzione di alcun fattore inquinante) e la tendenza, in atto da tempo, verso una maggiore automazione, semplificazione e affidabilità dei processi industriali, che porta in genere a favorire l'uso dell'e. elettrica.
Il notevole aumento della domanda negli ultimi venti anni, che conferma d'altra parte la tendenza in atto da più di mezzo secolo, è dovuto sia all'aumento della popolazione mondiale (circa il 49%), sia soprattutto a quello del consumo medio pro-capite (oltre il 300%). Questo consumo, che per molti aspetti può dare un'indicazione del livello di vita ed entro certi limiti può essere ritenuto un indice di benessere, ha avuto una tendenza all'aumento analoga in tutte le regioni del mondo, con punte però particolarmente accentuate in Giappone e nell'Asia meridionale. Permangono invece molto rilevanti le differenze nei valori assoluti dei consumi procapite di e. e. tra i diversi paesi, come risulta evidente dalla tab. 1.
Il fatto di maggiore rilievo negli ultimi quindici anni è stata l'affermazione commerciale delle centrali nucleari: la fonte nucleare ha già contribuito, nel 1976, a soddisfare circa il 6% della domanda mondiale di e. e. e il suo ruolo è destinato in futuro ad aumentare considerevolmente e rapidamente.
Notevole è stata l'evoluzione tecnologica degl'impianti di produzione, di trasmissione e di distribuzione: degni di particolare menzione sono il considerevole aumento delle potenze unitarie dei gruppi generatori degl'impianti idroelettrici e termoelettrici, tradizionali e nucleari, l'affermarsi degl'impianti di pompaggio con unità di potenza elevata, il diffondersi della rete a 400 kV, le prime realizzazioni di linee a 750 kV, l'avvio degli studi e delle sperimentazioni per una tensione di trasmissione superiore ai 1000 kV, l'impiego sempre più diffuso del dispacciamento automatico del carico su basi tecniche ed economiche.
Per quanto riguarda il futuro, gli esperti ritengono che la domanda di e. e. continuerà ad aumentare con ritmi di sviluppo alquanto superiori a quelli della domanda energetica complessiva e ciò sia per le caratteristiche di flessibilità, di compatibilità ambientale e di comodità nell'uso dell'e. e., sia per il fatto che la fonte nucleare è oggi e nel prossimo futuro utilizzabile in maniera competitiva e in quantità d'interesse industriale solamente per la produzione di e. elettrica.
Minore accordo si ha invece sull'entità che l'aumento della domanda di e. e. potrà avere nei prossimi decenni, anche se da parte della maggioranza degli esperti si ritiene che vi potrà essere in futuro un certo rallentamento nel ritmo di sviluppo e ciò in particolare nei paesi con i maggiori consumi pro-capite; d'altro canto l'applicazione auspicabile di una politica di eliminazione degli sprechi e di un'utilizzazione più razionale dell'e. e., messa in rilievo dalla crisi del petrolio del 1973, non potrà portare, e solamente nel giro di diversi anni, che a un risparmio dell'ordine del 10%; determinante quindi in ogni paese a fissare l'evoluzione della domanda di e. e. sarà lo sviluppo economico e la sua dinamica.
Fonti primarie per la conversione in energia elettrica. - Nella tab. 2 è indicato il contributo percentuale delle diverse fonti primarie alla produzione di e. e. nel mondo e nell'Europa occidentale. Risulta evidente il lento ma continuo declinare dell'apporto percentuale della fonte idraulica, nonostante il considerevole aumento in valore assoluto della produzione idroelettrica; ciò è dovuto al progressivo esaurirsi, nei paesi industrializzati, delle risorse idrauliche competitive non ancora utilizzate. Queste ultime sono ancora rilevanti (dell'ordine dei 4000 miliardi di kWh all'anno, pari cioè a circa due terzi della produzione mondiale complessiva di e. e. nel 1975) ma sono in gran parte ubicate in paesi in via di sviluppo o in zone poco abitate, lontane dai centri di consumo.
Altri elementi di rilievo che si desumono dalla tab. 2 riguardano l'importante ruolo assunto dopo il 1950, in particolare in Europa, dai combustibili liquidi e la comparsa della fonte nucleare.
Per quanto riguarda il ruolo delle fonti primarie per la produzione di e. e. nel periodo che ci separa dalla fine del secolo, vi è sostanziale accordo degli esperti sui punti seguenti:
a) la produzione idroelettrica, pur continuando ad aumentare in valore assoluto, darà un contributo percentuale via via minore;
b) la fonte nucleare, che dopo i notevoli aumenti dei prezzi dei combustibili fossili avutisi dopo la crisi del petrolio del 1973 ha considerevolmente migliorato la sua convenienza economica, rappresenterà, almeno nei paesi industrializzati, la fonte principale cui ricorrere per soddisfare i nuovi fabbisogni di e. elettrica. Il ruolo dell'energia nucleare dovrebbe quindi progressivamente aumentare fino a divenire prevalente. Per es., la Commissione delle Comunità Europee ha stimato in uno studio del 1974 che l'energia nucleare dovrebbe contribuire nell'anno 1990 a quasi il 70% della produzione complessiva di e. e. della CEE e nell'anno 2000 a circa l'80%. Indirizzano verso un maggior impiego della fonte nucleare, nei paesi poveri di combustibili fossili, oltre alla competitività economica, la sua buona disponibilità e sicurezza di approvvigionamento, l'opportunità di una diversificazione delle fonti energetiche utilizzate e l'importanza di una riduzione dell'esborso valutario dovuto alle importazioni di energia;
c) i combustibili solidi (lignite e carbone) continueranno a essere impiegati, in particolare nei paesi produttori, per motivi di diversificazione delle fonti, di maggiore indipendenza energetica e, in taluni casi, anche per ragioni economiche. L'entità dell'apporto dei combustibili solidi alla produzione di e. e. potrà però trovare un limite nella capacità di produzione di questi combustibili, che in diversi paesi incontra serie difficoltà a essere aumentata e anche mantenuta per ragioni di natura sociale ed ecologica;
d) i combustibili liquidi e quelli gassosi perderanno via via importanza nei paesi non produttori, a motivo essenzialmente del loro prezzo elevato e, in futuro, dell'opportunità di destinare combustibili così pregiati agli usi nei quali sono insostituibili;
e) la fonte geotermica, per la quale sono state intensificate le ricerche in molti paesi del mondo, potrà dare un contributo crescente, ma con ogni probabilità molto modesto in termini percentuali, se l'impiego sarà limitato ai giacimenti di vapore endogeno del tipo fino a ora utilizzato. Lo sfruttamento del calore degli strati profondi della crosta terrestre, che potrebbe invece mettere a disposizione quantità molto ingenti di energia, è per ora oggetto di studi e di sperimentazioni preliminari e inoltre grosse difficoltà tecnologiche devono ancora essere superate, per cui è prematuro pronunciarsi al riguardo;
f) le fonti non convenzionali (energia solare, energia del vento, energia delle maree, energia delle onde) sono ben lungi dall'essere economicamente convenienti per la conversione in e. e., fatta eccezione per alcune applicazioni del tutto particolari. Alcune di esse sono oggetto di ampi programmi di ricerca e di sviluppo. È però opinione quasi unanime degli esperti che ben difficilmente esse potranno giocare un ruolo di qualche rilievo nella produzione di e. e. prima dell'anno 2000;
g) la fusione nucleare renderebbe disponibili quantitativi enormi di energia. Nonostante i notevoli progressi conseguiti negli anni 1970-75, si è ancora abbastanza lontani dall'ottenimento di una reazione di fusione controllata ed esotermica; si ritiene in genere che ben difficilmente l'energia di fusione potrà dare un contributo di qualche rilievo in campo elettrico prima del 2000.
Impianti di produzione di energia elettrica. - Compiti dei vari tipi di impianti di produzione. - La copertura del diagramma giornaliero dei carichi viene in genere effettuata affidando la copertura del carico di base agl'impianti con il minor costo marginale dell'e. e. prodotta e procedendo verso la parte superiore del diagramma, via via agli altri, sempre in funzione del costo marginale. In un sistema quale quello italiano, le fasce inferiori del diagramma di carico sono coperte dagl'impianti idroelettrici ad acqua fluente (costo marginale praticamente nullo), dagl'impianti geotermoelettrici (costo marginale modesto), dagl'impianti nucleari (costo marginale molto inferiore a quello degl'impianti a combustibili fossili). Seguono poi gl'impianti termoelettrici a combustibili fossili in funzione del loro costo marginale. La parte superiore del diagramma di carico in Italia è coperta sia dagl'impianti termoelettrici sia soprattutto dagl'impianti idroelettrici con serbatoio e dagl'impianti idroelettrici di pompaggio.
La fig. 1 illustra il diagramma di carico dell'ENEL in un giorno feriale invernale e il ruolo svolto dai diversi tipi d'impianto.
Impianti idroelettrici. - Lo sviluppo del settore idroelettrico è stato anche in epoca recente sostenuto e questa tendenza si manterrà in futuro; infatti accanto alla produzione idroelettrica, il cui incremento è progressivamente decrescente a seguito dell'esaurirsi delle risorse economicamente utilizzabili, ha assunto rilievo la regolazione profonda dell'e. e., per la quale gl'impianti idroelettrici sono particolarmente adatti.
Nei paesi industrializzati con modeste risorse idrauliche residue le nuove realizzazioni e la ristrutturazione di quelle esistenti si sono quindi indirizzate in primo luogo verso una più concentrata utilizzazione dell'energia idraulica, mediante un più ampio dimensionamento degl'impianti e in particolare aumentando sostanzialmente le potenze installate.
In secondo luogo si sono largamente affermati gl'impianti di accumulazione di energia per pompaggio che hanno fini esclusivi di regolazione e di riserva; in un sistema con una larga proporzione di impianti termoelettrici e nucleari essi permettono inoltre una più elevata utilizzazione di questi ultimi con benefici tecnici ed economici, particolarmente sensibili per le centrali nucleari. In Italia alla fine del 1977 erano in servizio quasi tre milioni di kW di impianti di pompaggio, due milioni e mezzo di kW erano in costruzione e altrettanti in programma.
In molti paesi il problema dell'utilizzazione delle risorse idrauliche riguarda in misura crescente anche l'approvvigionamento di acqua dolce, particolarmente per usi domestici, industriali e irrigui. Utilizzazioni a scopo multiplo sono state realizzate in passato e altre si profilano per l'avvenire anche in Italia dove sono stati realizzati 700 MW di impianti di questo tipo e altri, particolarmente a scopi irrigui, sono oggetto di studio.
Infine molti paesi detengono tuttora risorse idrauliche di rilevo e potranno dar luogo a realizzazioni imponenti; per es. si citano gl'impianti di Inga (bacino del Congo) con 1500 MW in esercizio o in costruzione e 40.000 MW possibili con un'utilizzazione completa.
L'evoluzione della tecnica costruttiva degl'impianti idroelettrici è stata in epoca recente notevolissima.
I maggiori progressi si sono verificati nell'ambito della potenza unitaria dei turboalternatori (è entrato in servizio nel 1975 negli Stati Uniti un gruppo alternatore-turbina Francis da 600 MW) e in relazione allo sviluppo degl'impianti di pompaggio.
Per il macchinario di questi impianti due sono le soluzioni costruttive oggi adottate; i gruppi ternari costituiti da una macchina elettrica con funzioni sia di generatore che di motore, da una turbina idraulica e da una pompa innestabile mediante giunto sull'albero del gruppo. L'altra soluzione verso cui ci si sta oggi orientando riguarda gruppi con macchine idrauliche reversibili, capaci di funzionare sia come turbine che come pompe; gli sviluppi riguardano l'aumento della potenza, che per salti modesti può raggiungere anche i 400.000 kW, e più recentemente le macchine multistadio adatte per alte cadute (oltre i 500 m). In Italia le prime turbine-pompe multistadio di grande potenza (150 MW) e elevata caduta (oltre 1000 m) sono già in costruzione.
Importanti innovazioni si sono avute anche nel campo delle dighe e delle condotte forzate. L'opportunità d'installare le centrali in caverna ha portato ad ardite realizzazioni (le dimensioni della caverna dell'impianto italiano da 1000 MW del Lago Delio sono di 195 m in lunghezza, 59 in altezza e 18 in larghezza). Infine l'impiego di sistemi meccanizzati di scavo e prerivestimento (talpe con testa a frese) ha semplificato notevolmente la realizzazione delle gallerie di derivazione.
Impianti termoelettrici. - Gl'impianti per la produzione di e. e. da combustibili fossili (carbone e lignite, derivati del petrolio, gas naturale) hanno avuto in tempi recenti uno sviluppo notevolissimo; dal 1952 al 1972 la potenza installata in ambito mondiale in centrali termoelettriche è più che quintuplicata passando da 183.000 a 957.000 MW.
Parallelamente si sono registrati progressi assai significativi nella tecnologia sia degl'impianti a vapore che in quelli a combustione diretta (turbogas).
Per i primi le prospettive di più elevati rendimenti e di una riduzione sostanziale nei costi hanno portato ad adottare condizioni del vapore sempre più spinte; unità molto avanzate con pressioni anche di 350 kg/cm2 e temperature di 640 °C sono state messe in servizio al principio degli anni Sessanta. L'esperienza ha però portato a un ripensamento e considerazioni metallurgiche hanno consigliato l'adozione di pressioni e temperature sempre elevate, ma più contenute (250 kg/cm2 e 540 ÷ 565 °C).
Notevolissimi anche gli aumenti nella potenza delle unità, per le quali si è affermato l'orientamento verso la soluzione monoblocco, costituita da una caldaia che alimenta una turbina su uno o più assi (tandem compound o cross compound); infatti le potenze unitarie massime sono passate dai 300 MW negli anni Cinquanta ai 1300 MW alla fine degli anni Sessanta. L'esperienza con unità di potenza elevata ha indicato però disponibilità più ridotte e maggiori oneri di manutenzione; le potenze si sono quindi stabilizzate sugli 800 MW per la soluzione tandem-compound e sui 1300 MW per quella cross-compound. Non è escluso però che in futuro si impostino impianti di potenza unitaria superiore (fino a 2000 MW estrapolando la tecnologia attuale).
Questi e altri progressi tecnologici hanno dato luogo a un continuo miglioramento nei rendimenti e gl'impianti moderni a olio combustibile hanno consumi specifici di circa 2100 kcal/kWh (210 g/kWh). Anche maggiore è il loro rilievo economico, che ha comportato in particolare sensibili riduzioni nel costo d'impianto. Nel complesso, grazie ai progressi registrati il costo di produzione del kWh di origine termoelettrica non ha subìto, in moneta corrente, variazioni significative nell'arco di due decenni e solo alla fine degli anni Sessanta si è verificata una tendenza all'aumento in un primo tempo legata alla dilatazione dei tempi di costruzione e ai maggiori costi legati alle esigenze ambientali; con la crisi energetica, verificatasi con la guerra di Kippur (fine 1973), gli aumenti notevolissimi dei combustibili fossili si sono riflessi pesantemente sul costo del kWh prodotto.
Un altro elemento che ha caratterizzato l'evoluzione più recente di questi impianti è la maggior sensibilità per i problemi dell'ambiente posti dalle centrali termoelettriche. Si tratta di problemi di entità e complessità inferiore a quelli posti dalla combustione nei settori domestico, dei trasporti e dell'industria e per i quali, data la grande concentrazione di potenza delle centrali moderne, sono possibili soluzioni efficaci anche se onerose. Fra le misure adottate per ridurre le concentrazioni al suolo degl'inquinanti prodotti dalla combustione dei combustibili fossili si citano i precipitatori elettrostatici per l'eliminazione delle polveri e i camini molto elevati (di oltre 200 m di altezza) per la dispersione dei fumi anche in situazioni meteorologiche avverse. Oggi le grandi centrali termoelettriche sono esercite nel rispetto di norme stringenti cui si affianca una rete locale di rilevazione continua delle concentrazioni degl'inquinanti al suolo (particolarmente degli ossidi di zolfo).
L'ampiezza del futuro ricorso ai grandi impianti termoelettrici a vapore è legata all'impiego del carbone e alle innovazioni tecnologiche che si prospettano, specie in relazione a quest'ultimo. Si può infatti ritenere che il ricorso a impianti alimentati a olio combustibile derivato dal petrolio sarà in futuro assai limitato, per il pregio di questa materia prima e per la maggiore competitività dell'energia nucleare. L'impiego del carbone per la produzione di e. e. potrà invece risultare interessante in nazioni con notevoli giacimenti di questo minerale, specie se atti all'estrazione meccanizzata. Dove il carbone è abbondante il suo impiego su larga scala in centrali termoelettriche si è da tempo affermato, e in futuro il successo di ricerche relative alla combustione (per es., la combustione del carbone in letto fluido) e alle tecniche di estrazione potrà favorirne l'espansione.
Le unità turbogas rappresentano per caratteristiche e tipo d'applicazione, una diversa classe di impianti. Queste unità sono di potenza piccola o media (quelle di più recente sviluppo possono raggiungere i 100 MW) e si prestano in particolare al servizio di punta sia in quanto hanno costi d'impianto ridotti sia perché tecnicamente flessibili e adatte al telecontrollo. Le unità turbogas hanno oggi assunto importanza anche in quanto permettono una certa elasticità ai programmi di nuove costruzioni che per le unità termoelettriche e nucleari di elevata potenza si estendono su periodi di 7 ÷ 10 anni. Il ricorso alle unità turbogas che possono essere realizzate in tempi molto minori (2 ÷ 3 anni) permette di coprire eventuali deficienze di potenza derivanti da ritardi nelle costruzioni dei grandi impianti o da una maggior domanda di potenza rispetto alle previsioni.
Impianti geotermoelettrici. - Alla fine del 1975 erano installati nel mondo 1200 MW in impianti che utilizzano l'energia geotermica; di questi 420 sono localizzati in Italia, che fin dai primordi è stata all'avanguardia nell'utilizzazione di questa fonte. La produzione geotermoelettrica mondiale è stata in anni recenti di circa 6 miliardi di kWh (0,1% della produzione mondiale complessiva).
La fonte geotermica (oggi oggetto di utilizzazione per produzione di e. e. in Italia, negli Stati Uniti, in Nuova Zelanda, in Messico, in Giappone, in URSS e in Islanda, nonché oggetto di ricerca in questi e in molti altri paesi) presenta ampia variabilità in relazione all'estensione del serbatoio geotermico, alla potenzialità di erogazione del fluido endogeno (acqua o vapore), alla sua evoluzione nel tempo, alle caratteristiche di temperatura e pressione, e al contenuto di gas, sali e altre impurità. Gl'impianti e i sistemi che l'utilizzano si differenziano quindi sensibilmente fra loro, ma sono caratterizzati da potenze relativamente modeste (da pochi MW a qualche decina di MW).
Le soluzioni costruttive adottate sono in genere gruppi a condensazione che utilizzano diversi pozzi e una rete di vapordotti che copre un'area di diversi km2. In altri casi, specie per un tempestivo impiego della risorsa geotermica, si sono adottati gruppi standard a contropressione di facile montaggio (l'ENEL, per es., ha un tipo unificato da 3,5 MW e ha in sviluppo un'unità più potente da 12 MW).
Gl'impianti variano sensibilmente anche in quanto si possono rendere necessari potenti estrattori di gas, sistemi particolari di separazione delle miscele acqua-vapore, sistemi resistenti alla corrosione, ecc. Per impieghi di acqua calda si può ricorrere infine al freon quale fluido per la conversione del calore in e. elettrica.
In ambito mondiale sono in corso programmi di espansione della potenzialità geotermoelettrica che potrebbero portare al suo raddoppio nel medio termine (anni Ottanta). Le ricerche di fluido endogeno si sono moltiplicate dopo la crisi energetica e dai loro risultati dipende un ricorso anche maggiore a questa fonte. Importante per le elevate quantità di energia in gioco potrebbe risultare, a più lungo termine, la possibilità di estrarre l'energia termica dalle cosiddette rocce calde secche a profondità relativamente modeste (inferiori ai 6 km); è questo un indirizzo sul cui successo è tuttavia impossibile pronunciarsi dato lo stato del tutto preliminare in cui si trovano le ricerche.
Impianti elettronucleari. - Com'è noto, gl'impianti elettronucleari possono considerarsi costituiti da due parti principali: la parte, o isola, nucleare, che comprende il reattore nucleare e i relativi servizi ausiliari, nella quale si produce il vapore utilizzando l'energia termica generata attraverso il processo di fissione, e la parte tradizionale, nella quale tale vapore viene impiegato per la produzione di e. elettrica. La parte tradizionale degl'impianti nucleari non differisce concettualmente da quella delle centrali termoelettriche a combustibili fossili e pertanto qui di seguito si farà riferimento essenzialmente all'isola nucleare degl'impianti.
I reattori nucleari per la produzione di e. e. hanno avuto nel periodo 1955-75 un'evoluzione intensissima, per quanto riguarda in particolare le loro caratteristiche fondamentali, la loro potenza unitaria, le prestazioni del combustibile e quelle economiche (v. reattore nucleare, in questa Appendice).
Il settore dei reattori nucleari per la produzione di e. e. è stato caratterizzato fin dalle sue origini, che risalgono alla prima parte degli anni Cinquanta, dalla coesistenza di molte soluzioni costruttive tra loro anche radicalmente differenti, in funzione del tipo di veicolo termico impiegato (anidride carbonica, elio, acqua naturale in pressione o bollente, acqua pesante, sodio liquido, liquidi organici), del tipo di moderatore (grafite, acqua naturale, acqua bollente, acqua pesante, liquidi organici), del combustibile (uranio naturale, uranio arricchito all'isotopo 235, uranio e plutonio, uranio e torio), della forma del combustibile (liquida, solida), dello spettro neutronico (reattori a neutroni veloci, reattori a neutroni termici) e così via.
Tra le centinaia di tipi di reattore tecnicamente fattibili, sono stati sviluppati in passato, almeno fino allo stadio di prototipo, più di venti tipi, o filiere, di reattore; alcuni sono stati abbandonati a questo stadio, in genere per insufficienti capacità competitive, di altri invece è stato continuato lo sviluppo fino a raggiungere la fase di applicazione industriale.
Limitando l'esame a questi ultimi tipi di reattore e a quelli che mantengono buone prospettive di affermazione, la situazione nel 1975 può essere così sintetizzata:
a) reattori che hanno raggiunto la fase industriale e che hanno però scarse probabilità di trovare ulteriori applicazioni industriali: appartengono a questa categoria il reattore a uranio naturale, moderato a grafite e raffreddato con anidride carbonica, sviluppato in Gran Bretagna e in Francia, di cui sono stati realizzati impianti per oltre 8000 MW, che è stato abbandonato in Gran Bretagna nel 1965 e in Francia nel 1969, e il reattore a gas di tipi avanzato AGR (Advanced Gas Reactor) sviluppato in Gran Bretagna, del quale sono in corso di costruzione in quel paese 10 unità per complessivi 6200 MW e di cui non sono previste ulteriori realizzazioni.
b) reattori affermatisi commercialmente: appartengono a questa categoria i reattori a uranio arricchito e ad acqua naturale (o, come spesso si dice impropriamente, ad acqua leggera) nelle due versioni ad acqua bollente e ad acqua in pressione, sviluppati negli SUA, i reattori a uranio naturale moderati e raffreddati ad acqua pesante, del tipo sviluppato in Canada, e i reattori a uranio arricchito moderati a grafite e raffreddati con acqua naturale bollente, sviluppati nell'URSS. In pratica si tenga presente che mentre i reattori ad acqua naturale rappresentano circa il 92% degl'impianti in costruzione o ordinati nel mondo all'inizio del 1975 e vengono realizzati nella maggior parte dei paesi del mondo, i reattori ad acqua pesante di tipo canadese hanno finora trovato applicazioni importanti in valore assoluto, ma modeste se riferite al complesso degl'impianti mondiali, solamente in Canada e in un numero limitato di altri paesi, e il reattore a grafite e ad acqua naturale bollente è impiegato soltanto nell'URSS.
c) reattori che hanno raggiunto la fase di prototipo o d'impianto dimostrativo di potenza e che hanno buone prospettive di affermazione commerciale nel breve e nel medio termine: si tratta di reattori che a buone capacità potenziali di competitività economica abbinano un'utilizzazione del contenuto energetico potenziale dell'uranio naturale più elevata di quella dei reattori di cui ai punti precedenti; appartengono a questa categoria una versione avanzata del reattore ad acqua pesante di tipo canadese in cui il refrigerante è costituito da acqua naturale bollente, sviluppato in Gran Bretagna, in Canada, in Giappone e in Italia (programma CIRENE) con combustibili diversi (uranio leggermente arricchito in Gran Bretagna, uranio naturale in Italia e in Canada, e uranio e plutonio in Giappone) e il reattore a gas ad alta temperatura, sviluppato soprattutto negli Stati Uniti, nella Rep. Fed. di Germania e in Gran Bretagna, nel quale il moderatore è costituito da grafite, il veicolo termico da elio e il combustibile da particelle, di materiale fissile e fertile, rivestite con strati di carbone pirolitico e di carburo di silicio, disperse in una matrice di grafite.
d) reattori che hanno raggiunto la fase di prototipo e d'impianto dimostrativo di potenza e che hanno buone prospettive di affermazione commerciale nel medio e nel lungo termine: appartengono a questa categoria i reattori autofertilizzanti, il più sviluppato e promettente dei quali è il reattore a neutroni veloci, raffreddato a sodio, che usa come combustibile una miscela di ossidi di uranio naturale o impoverito e di ossidi di plutonio; di questo tipo d'impianto, che è studiato e sviluppato nei maggiori paesi industrializzati, sono già stati realizzati tre prototipi di dimensioni industriali in Francia (reattore Phénix da 250 MW, in funzione dal 1974), nell'URSS (BN-350 da 150 MW elettrici, associati alla produzione di 120.000 m3/giorno di acqua dolce, in funzione dal 1973) e in Gran Bretagna (PFR da 250 MW in funzione dal 1975). Il. grande interesse dei reattori autofertilizzanti risiede nella loro capacità di utilizzare in maniera pressoché integrale il contenuto energetico potenziale dell'uranio naturale contro circa poco più dell'1% consentito da tutti i tipi di reattore di cui ai punti precedenti. Un'utilizzazione del combustibile nucleare molto elevata acquista particolare importanza se si tiene presente che le riserve di uranio a costi di estrazione ragionevoli finora accertate nel mondo potranno, con le basse utilizzazioni consentite dai reattori attuali, soddisfare solamente i fabbisogni mondiali all'incirca fino al 2000. Anche tenendo conto dei nuovi giacimenti che verranno presumibilmente scoperti, molti esperti ritengono che con le basse utilizzazioni attuali la fonte nucleare sarebbe sufficiente a soddisfare solamente i fabbisogni previsti per i primi decenni del prossimo secolo.
La situazione cambierebbe radicalmente con l'avvento dei reattori autofertilizzanti, sia perché essi consentono un'utilizzazione dell'uranio naturale 50 ÷ 70 volte superiore a quella dei reattori attuali, sia perché risulterebbe giustificata, da un punto di vista economico ed ecologico, l'utilizzazione dei molti giacimenti esistenti con tenore di uranio molto basso, e ciò in relazione alla quasi trascurabile incidenza nei reattori autofertilizzanti del prezzo dell'uranio naturale sul costo dell'e. e. prodotta. L'affermazione dei reattori autofertilizzanti aumenterebbe quindi di molte centinaia di volte la quantità di energia estraibile dalle riserve di uranio e la fonte nucleare sarebbe quindi in grado di soddisfare i fabbisogni per molti secoli.
I reattori autofertilizzanti a neutroni veloci e raffreddati a sodio stanno raggiungendo la fase degl'impianti dimostrativi di potenza molto elevata; determinante a questo riguardo è stata l'iniziativa presa dai maggiori produttori di e. e. francesi, italiani e tedeschi (Electricité de France, ENEL, Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk) che hanno firmato un accordo nel 1973 per la costruzione in Europa di impianti nucleari con potenza superiore a 1000 MW equipaggiati con reattori autofertilizzanti veloci al sodio. La costruzione del primo impianto da 1200 MW che sorgerà a Creys-Malville sul Rodano, in Francia, ha avuto inizio nel 1976.
I prototipi già in funzione, e in particolare il reattore Phénix, hanno dimostrato le soddisfacenti caratteristiche tecniche e di funzionamento dei reattori veloci autofertilizzanti al sodio. Rimane ancora da conseguire la competitività economica, traguardo che gli esperti ritengono potrà essere raggiunto verso il 1990.
Altri reattori autofertilizzanti presi in considerazione nel mondo, ma oggetto di programmi di ricerca e sviluppo di gran lunga inferiori, sono il reattore a neutroni veloci raffreddato con elio, il reattore a neutroni termici ad acqua naturale in pressione e a ciclo uranio-torio e il reattore a neutroni termici, moderato a grafite e raffreddato con una miscela di sali fusi nella quale è disciolto il combustibile nucleare.
Da quanto precede risulta evidente come a quasi un quarto di secolo dall'inizio dello sviluppo dei reattori per produzione di e. e., coesistano ancora numerose filiere di reattori strutturalmente e concettualmente tra loro assai diverse. Nella tab. 3 sono indicate paese per paese il numero e la potenza delle centrali elettronucleari di almeno 100 MW in esercizio, in costruzione o per le quali è già stato ordinato almeno il macchinario principale, al 31 dicembre 1976. Si tratta di un complesso di 86.400 MW in esercizio e di 321.840 MW in costruzione o ordinati.
La potenza unitaria massima degl'impianti in esercizio è di 1200 MW e quella degl'impianti in costruzione di 1300 MW ed entrambe appartengono a impianti con reattori ad acqua naturale.
Gl'impianti italiani in esercizio sono quelli di Latina (uranio naturale-gas-grafite da 160 MW) in funzione dal 1963, del Garigliano (ad acqua naturale bollente da 160 MW) in funzione dal 1964 e di Trino Vercellese (ad acqua naturale in pressione da 257 MW) in funzione dal 1964; le tre centrali alla fine del 1976 avevano complessivamente prodotto oltre 42 miliardi di kWh.
Le centrali italiane in costruzione o ordinate sono la centrale di Caorso (ad acqua naturale bollente da 840 MW) il cui reattore ha raggiunto la criticità alla fine del 1977 e quattro unità da 1000 MW ciascuna (due ad acqua bollente e due ad acqua in pressione) da costruire, le prime due nell'alto Lazio e le altre due nel Molise.
La costruzione di queste quattro unità, che sono state ordinate alla fine del 1973 e nel 1974, non ha ancora potuto avere inizio data l'indisponibilità dei siti a motivo di opposizioni locali.
È da segnalare anche il prototipo CIRENE da 40 MW, con un reattore a uranio naturale, moderato ad acqua pesante e raffreddato con acqua naturale bollente, la cui costruzione dovrebbe essere ultimata a Latina entro il 1981.
Per il prossimo futuro (in tal senso si sono conclusi anche gli esami del governo e del Parlamento) alle 4 unità nucleari da 1000 MW ciascuna già ordinate si affiancheranno 4 unità più 4 opzioni (sempre della potenza unitaria di 1000 MW) di prossima ordinazione.
Impianti di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica. - Sotto la spinta dell'espansione dei fabbisogni e quindi della produzione dell'e. e. la fisionomia dei sistemi di trasmissione è cambiata sostanziamente negli ultimi due decenni; infatti si è verificata l'adozione e la diffusione di tensioni molto elevate, nell'intervallo 345 ÷ 765 kV, e si è fortemente accresciuta l'integrazione in sistemi relativi ad aree molto vaste e con un grado d 'interconnessione sempre più stretto.
I grandi sistemi di trasmissione ad altissima tensione sono a corrente alternata trifase a una frequenza di 60 Hz (per es. nell'America Settentrionale) o a 50 Hz (in Europa).
L'adozione delle tensioni più elevate ha avuto luogo in Canada e negli Stati Uniti dove sono in servizio diversi elettrodotti a 735 ÷ 765 kV. Per le reti interconnesse dell'America Settentrionale le altre tensioni adottate sono 500 kV, 345 kV e 230 kV. Tensioni molto elevate (550 kV) sono state adottate anche in URSS per elettrodotti destinati a trasportare notevoli potenze su lunghe distanze.
In Europa occidentale la relativa minor dispersione dei centri di consumo e di produzione ha portato allo sviluppo di reti a tensioni meno elevate (420 kV e 245 kV), ma con un grado d'interconnessione molto spinto. La fig. 2 illustra l'estensione e l'articolazione della rete dell'Europa continentale a 420 kV e le connessioni a corrente continua e le reti, pure a 420 kV, della Gran Bretagna e dei paesi scandinavi; la potenza in parallelo dell'Europa continentale, continuamente crescente, ha raggiunto i 156.000 MW nell'inverno 1975-76.
L'opportunità di adottare in futuro tensioni ancora più elevate è stata da tempo prospettata e un notevole sforzo di ricerca è in corso in diverse parti del mondo per lo sviluppo di tensioni di 1000 kV e oltre; gl'interrogativi più importanti riguardano gl'isolatori, le sovratensioni, le tensioni indotte, i livelli di rumore e i radiodisturbi.
In Italia, nel quadro di un progetto di ricerca per impianti a 1000 kV, è entrato in servizio nel 1976 un impianto pilota per la sperimentazione di diverse soluzioni costruttive e dei componenti essenziali.
Alcune prestazioni dei livelli 245 e 420 kV e quelle previste per i 1000 kV illustrano i traguardi raggiunti e quelli possibili in futuro. Passando da 245 a 420 e a 1000 kV la capacità approssimativa di trasporto di un elettrodotto si eleva da 250 a 750 e a 5000 MW; la potenza che può essere trasmessa per unità di corridoio asservito sale da 6 a 20 e a 90 MW/m; le perdite per 100 km di percorso diminuiscono grosso modo dal 2% all'1% e allo 0,5%; le maggiori distanze che si possono coprire con tensioni più elevate possono venir illustrate considerando che, per es., una distanza di 1000 km a 1000 kV è grossolanamente equivalente a 180 km a 420 kV e a 60 km a 245 kV per cui tensioni più elevate permettono l'interconnessione più spinta di aree più vaste.
Parallelamente all'adozione di tensioni elevate si è sviluppata l'interconnessione su scala regionale, nazionale e internazionale; essa ha contribuito nella misura più estesa alla continuità di servizio delle reti regionali e nazionali, ha dato luogo a scambi di e. e. e di potenza sempre maggiori e ha permesso di ridurre la consistenza delle riserve di potenza; ne è risultata una più efficiente gestione con vantaggi tecnici ed economici.
Una rete fortemente interconnessa se da una parte ha affidabilità e stabilità migliori e può accettare le grandi potenze tipiche dei generatori più moderni, richiede d'altra parte un coordinamento più spinto e una programmazione più incisiva e tempestiva dell'esercizio.
Già da tempo i diversi sistemi di produzione e trasmissione vengono gestiti unitariamente a mezzo del cosiddetto dispacciamento tecnico ed economico che ne programma stagionalmente, settimanalmente e giornalmente la configurazione e controlla "in tempo reale" alcune sezioni critiche di ogni sistema e in particolare la potenza di scambio con quelli interconnessi, nonché la frequenza della rete complessiva.
Le crescenti esigenze di una gestione in tempo reale non delle sole sezioni critiche, ma del sistema regionale o nazionale, ha portato recentemente allo studio e all'adozione di nuovi criteri di dispacciamento e automazione spinta fondati sull'impiego di potenti elaboratori in un centro di controllo principale e in centri satellite che eserciscono in dettaglio ampie zone della rete e sono coordinati dal centro principale in modo continuo. Una rete di teletrasmissione di elevatissima affidabilità assicura l'immediata disponibilità al livello gerarchico prestabilito dei numerosi dati caratteristici degl'impianti di produzione, degli elettrodotti e dei nodi del sistema. È così possibile istante per istante scegliere i parametri più opportuni per la sicurezza di esercizio e per la tempestiva correzione dei disservizi; a ritmi ravvicinati è inoltre possibile verificare e migliorare l'ottimazione economica del sistema. Centri di controllo di reti regionali o nazionali con caratteristiche di avanguardia sono in esercizio o in corso di realizzazione in molti paesi industrializzati, fra cui l'Italia.
La prevalenza della trasmissione a corrente alternata non è assoluta e diverse applicazioni a corrente continua sono state realizzate sia in cavo, in genere per attraversamenti sottomarini (il primo collega la Svezia con l'isola di Gotland dal 1954) sia con linee aeree per la trasmissione a distanze rilevanti di grandi potenze. È questo il caso della linea Pacific Intertie in California, a ± 400 kV, con capacità di trasporto di 1440 MW e lunga oltre 1300 km. La trasmissione a corrente continua è però ancora in una fase non molto avanzata e l'ampiezza delle future applicazioni dipende dal progresso e dall'innovazione tecnologica; aspetti critici sono la fattibilità di interruttori di appropriate caratteristiche e una tecnologia avanzata per le stazioni di conversione.
Fra i sistemi di trasmissione del futuro si delinea infine l'impiego di cavi criogenici e di cavi superconduttori a corrente alternata (o anche continua). Essi offrono prospettive favorevoli sia sotto il profilo economico, sia per la capacità di trasmettere potenze elevatissime; un cavo criogenico a 500 kV, raffreddato ad azoto liquido, ha una capacità di trasporto di diverse migliaia di MVA; cavi superconduttori eserciti attorno ai 4 °K potrebbero addirittura raggiungere, a 345 kV, 10.000 MVA.
Con l'evolvere delle reti di trasmissione le reti di distribuzione hanno subìto profondi cambiamenti; in particolare si sono elevate le tensioni intermedie. Le reti di distribuzione differiscono in qualche misura da paese a paese e in Italia la grande distribuzione avviene oggi prevalentemente alla tensione di 145 kV da cui si alimentano direttamente le industrie di notevole potenzialità, la distribuzione a media tensione è a 15 ÷ 20 kV, mentre la distribuzione a bassa tensione per l'utenza domestica e commerciale è effettuata a 380 V/220 V.
Fra gli sviluppi recenti della distribuzione si citano: l'importanza assunta nelle reti urbane dai cavi sotterranei, che non presentano problemi d'ingombro e di estetica, ma che hanno un costo molto più elevato delle linee aeree, sempre prevalenti; la standardizzazione e l'unificazione di componenti e sistemi, che permettono, oltre che vantaggi economici, una migliore qualità del servizio; la meccanizzazione dei lavori d'installazione; l'adozione estesa di automatismi, per la protezione da guasti, e di telecomandi per le manovre.
Utilizzazione dell'energia elettrica. - Seguendo una tendenza già affermata, è continuata a ritmo elevato la diffusione delle applicazioni elettriche nell'industria, nei trasporti, nei servizi, nelle abitazioni e nell'agricoltura.
Principali elementi di progresso sono stati: il continuo perfezionamento dei motori elettrici, specialmente asincroni, disponibili a costi convenienti dalle potenze più modeste (meno di un watt) alle potenze più elevate (diverse migliaia di kW) e lo sviluppo parallelo di tutti gli altri componenti elettrici (resistori, interruttori, cavi, ecc.); l'affermarsi di sistemi statici quali i tiristori, che agiscono sulla forma delle correnti e delle tensioni elettriche e trovano applicazione quali elementi intermedi fra la rete e le applicazioni in corrente continua (forni ad arco, usi elettrochimici, ecc.), o motori con compiti speciali (velocità variabile, ecc.); la disponibilità di sistemi di controllo elettronici, prima transistorizzati, poi a circuiti integrati, oggi con elementi minicalcolatori, capaci di svolgere operazioni via via più complesse in modo sempre più economico, compatto ed efficiente.
Questi e altri progressi tecnici ed economici sono confluiti nelle applicazioni elettriche, dando luogo a un loro radicale rinnovamento; per es. gli elettrodomestici odierni sono apparecchi notevolmente perfezionati, largamente automatici e con ingombri di poco superiori al loro spazio utile e nei paesi industrializzati sono estremamente diffusi e in qualche caso vicini al livello di saturazione del mercato.
Nel settore industriale si è ulteriormente ampliato l'ambito delle applicazioni; ne è esempio la progressiva maggior diffusione del forno elettrico ad arco per la produzione dell'acciaio, per il quale si prevede in futuro un ulteriore progresso a scapito dei forni Martin-Siemens (a suola, alimentati a gas).
Nel settore dei trasporti l'elettrificazione ha ricevuto un nuovo impulso nelle ferrovie e con il moltiplicarsi delle metropolitane.
Per il futuro notevoli sono le prospettive di ampliamento delle utilizzazioni nel settore industriale, specie in relazione alla meccanizzazione sempre più spinta, all'ampliamento delle applicazioni di elettrotermia (forni a induzione per i metalli ferrosi e non ferrosi, essiccazione a microonde, ecc.) e all'espansione dell'elettrochimica. Nel riscaldamento degli edifici l'e. e. già trova impiego in diversi paesi, per es. nell'Europa settentrionale, e se ne prevede l'ulteriore espansione data la sua comodità, flessibilità e affidabilità; un mercato che appare promettente è quello della pompa di calore, un'apparecchiatura basata sul principio del frigorifero, capace della climatizzazione completa degli edifici (riscaldamento invernale e condizionamento estivo) e caratterizzata da un efficiente impiego dell'e. e. per il riscaldamento. In relazione infine ai trasporti su strada il successo di ricerche per lo sviluppo di accumulatori leggeri potrà dar luogo all'automobile elettrica almeno per uso urbano.
Con la crisi energetica si è formata una nuova sensibilità per l'efficiente impiego dell'energia in genere e dell'e. e. in particolare. Progressi significativi sono stati conseguiti anche in passato nell'efficienza dell'utilizzazione (un esempio notevole è rappresentato dalle lampade i cui tipi più avanzati hanno raddoppiato il rendimento in poco più di un decennio) ma oggi la spinta sistematica ed estesa a tutti i settori verso la "conservazione dell'e. e." dovrebbe dar luogo a un progresso più accelerato nel suo miglior uso.
Un posto particolare occupano infine le comunicazioni elettriche per la loro grande importanza, anche se il consumo di energia è quantitativamente modesto rispetto agl'impieghi chimici, di forza motrice e calore. Il settore delle comunicazioni ha visto dal periodo più recente un'espansione eccezionale (si pensi alla televisione a colori e alle trasmissioni via satellite) e in futuro potrà riservare sviluppi sorprendenti, per es. si cominciano a studiare sistemi di trasmissione dell'informazione da archivi e biblioteche centralizzate a una molteplicità di utenti; essi per flessibilità, tempestività e potenza potranno sostituirsi largamente ai mezzi più tradizionali oggi in uso.
L'energia elettrica in Italia. - La fig. 3 illustra l'andamento della produzione di e. e. in Italia dal 1883 al 1976 e il contributo dato dalle singole fonti primarie: è evidente l'importanza crescente assunta a partire dagli anni attorno al 1960 dalla produzione termoelettrica e la comparsa negli anni Sessanta dell'e. di origine nucleare.
Nel cinquantennio 1926-76 la domanda di e. e. è aumentata di 18,4 volte, con un tasso d'incremento annuale medio composto del 6%, cui corrisponde un raddoppio della richiesta ogni 12 anni. Nel periodo 1956-76 il tasso d'incremento annuale è stato pari al 7,4% (raddoppio ogni 9, 7 anni).
Nella tab. 4 è indicato sinteticamente il bilancio dell'e. e. in Italia nel 1977 (dati provvisori).
Alla produzione italiana di e. e. nel 1977 hanno contribuito l'ENEL per circa il 76%, gli autoproduttori industriali per il 20%, le aziende municipalizzate e le aziende minori per circa il 4%.
Le tab. 5, 6 e 7 illustrano sinteticamente la costituzione degl'impianti elettrici di produzione, trasmissione e distribuzione dell'e. e. e la struttura dei consumi del 1975.
La producibilità media annua degl'impianti idroelettrici italiani era alla fine del 1976 di 47 miliardi di kWh. La potenza massima richiesta sulla rete italiana è stata nel 1976 di 27.600 MW.
Bibl.: Federal Power Commission, The 1970 national power survey, Washington 1971; A. M. Angelini, Can power be used more efficiently?, Work energy supplies conference, Londra sett. 1973; A. M. Angelini, The evolution of electric power transmission and the environment, Conférence internationale des grands réseaux electriques, Parigi ag. 1974; ENEL, Relazioni del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei revisori - Annate varie, Roma. Inoltre annate varie delle riviste: Electrical world, Nuclear engineering international, Energia elettrica, Elettrotecnica, Energia nucleare.
Diritto.
L'e. e. è considerata una "cosa mobile", dotata di una propria autonoma esistenza rispetto al complesso di beni atti a produrla, trasmetterla, racchiuderla, misurarla. Ciò si desume dall'art. 814 cod. civ. che include in via generale le energie naturali, che hanno valore economico, fra i beni, considerandole come beni mobili, nonché dall'art. 624 cod. pen., riguardante il delitto di furto, che al secondo comma stabilisce espressamente: "agli effetti della legge penale si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico".
L'e. e. costituisce autonomo oggetto di diritti; può quindi formare oggetto di proprietà e conseguentemente di contratti privati, quali la vendita, la somministrazione. Considerando l'e. e. come bene materiale, la giurisprudenza ha riconosciuto anche l'ammissibilità della tutela possessoria.
Le disposizioni normative in materia di e. e. sono state in passato piuttosto esigue e ciò soprattutto per una ragione di ordine storico: all'epoca della redazione dei codici, la problematica relativa alla produzione e all'utilizzazione dell'e., oltre a essere largamente incompleta, prendeva in considerazione quasi esclusivamente istituti di carattere privatistico (natura dei contratti di utilizzazione dell'e., reati commessi in danno dei produttori e distributori dell'energia).
Dal punto di vista strettamente organizzativo, tutte le imprese elettriche, non solo quelle di produzione e distribuzione insieme, ma anche quelle di sola distribuzione, dovevano considerarsi rientranti nella categoria delle imprese industriali, dato che, prima di provvedere alla distribuzione dell'e., le stesse dovevano quanto meno provvedere, mediante appositi impianti, a trasformare l'e. ad alta tensione in e. di media o bassa tensione, per i vari usi sia civili che industriali.
La disciplina degli aspetti pubblicistici del settore elettrico a sua volta è stata attuata nel T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, sulle acque pubbliche e impianti elettrici.
La situazione è parzialmente mutata in seguito all'entrata in vigore della Costituzione che all'art. 43 ha riconosciuto la possibilità di avocazione allo Stato dell'intero settore energetico.
L'articolo citato infatti consente, a fini di utilità generale, la riserva originaria o il trasferimento mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato o ad enti pubblici, di determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali, o a fonti di e., o a situazioni di monopolio e abbiano carattere di preminente interesse generale. Tale norma ha costituito il fondamento giuridico-costituzionale della nazionalizzazione dell'industria elettrica attuata con la l.n. 1643 del 6 dicembre 1962.
Il fondamento politico di tale provvedimento legislativo è stato individuato nella particolare rilevanza assunta, nel quadro dell'economia nazionale, dagli usi industriali e agricoli dell'e. e. e nella conseguente opportunità di sottrarre le attività relative - "produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita" (art.1, comma primo, citata l. n. 1643) - all'iniziativa privata, riservandole alla gestione pubblica come indispensabile presupposto di un'organizzazione programmata dell'economia.
Con l'art. 1 della l. n. 1643 è stato istituito l'Ente nazionale per l'e. e., dotato, per espressa disposizione di legge, di personalità giuridica pubblica (v. enel, in questa Appendice). L'ente è sottoposto alla vigilanza del ministro per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato e svolge le proprie attività secondo le direttive del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, CIPE (d.P.R. 14 giugno 1967, n. 554).
All'Enel è stato istituzionalmente riservato il compito di esercitare nel territorio nazionale il complesso di attività relative all'e. e. da qualsiasi fonte prodotta e, per l'effetto, a esso sono state trasferite coattivamente in proprietà, con indennizzo, tutte le imprese che fino ad allora avevano esercitato attività elettrica. Gli ulteriori effetti che sono derivati dalla riserva di tutte le attività elettriche all'Enel si possono individuare, da un lato, nel divieto a tutti gli altri soggetti diversi dall'Enel (salvo particolari eccezioni) di esercitare tali attività, e, dall'altro, nella creazione di un vero e proprio monopolio legale a favore dell'ente nazionale, in quanto lo stesso è stato indicato come unico legittimato a esercitare (in esclusiva) dette attività.
Si sottraggono al regime di monopolio, in quanto esonerate dal trasferimento:
a) le imprese cosiddette autoproduttrici, cioè quelle che producono e. e. diretta a soddisfare i fabbisogni inerenti ai propri processi produttivi;
b) le piccole imprese di produzione e distribuzione al di sotto dei 15 milioni di kWh;
c) le imprese municipalizzate che, entro il biennio successivo all'istituzione dell'Enel, abbiano chiesto la concessione da parte dell'ente stesso dell'esercizio di attività elettriche e l'abbiano ottenuta.
Nella relazione al disegno di legge, l'Enel viene così definito: "Ente pubblico istituzionale che svolge un'attività di interesse statale... destinato ad agire in un settore della vita economica nazionale per svolgere non solo un'attività economica, ma anche un'attività amministrativa e direttiva in un settore che è strettamente connesso con lo sviluppo dell'economia e col progresso e benessere sociale... concepito per esercitare un potere pubblico intimamente connesso con l'attività economica...".
L'Enel è quindi un ente istituzionale: nell'ambito della sua organizzazione, infatti, l'elemento patrimoniale, rappresentato dal complesso dei beni preordinati allo svolgimento delle sue attività istituzionali, è prevalente sull'elemento personale, costituito dalle persone fisiche. L'ente rappresenta inoltre uno strumento per l'esercizio del potere pubblico nel settore dell'e. e. ed è perciò destinato a inserirsi, sia pure operando in un ambito settoriale e rigorosamente delimitato, nel quadro di un'economia programmata, con il compito di provvedere "all'utilizzazione coordinata e al potenziamento degli impianti, allo scopo di assicurare, con minimi costi di gestione, una disponibilità di energia elettrica adeguata, per quantità e prezzo, alle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese" (art. 1 comma terzo, l. n. 1643).
La dottrina ha posto in rilievo come il modello organizzativo dell'Enel si discosti da quello dell'ente di gestione, operante nel quadro delle partecipazioni statali, per riprodurre, sia pure con particolari caratteristiche, il tipo dell'impresa di servizio pubblico destinata a svolgere un'attività tecnica ed economica, nell'interesse della collettività nazionale, e per l'utilità dei soggetti che nell'interesse proprio richiedono le relative prestazioni. Dalla natura di "servizio pubblico" dell'attività, deriva poi il criterio da adottare nella valutazione della "economicità della gestione" dell'Ente. Il requisito dell'economicità di gestione, fissato dal legislatore, non può infatti essere inteso, alla stregua di quanto avviene per le imprese private, sulla base del solo parametro del profitto aziendale: se esso in ogni caso impone che i prezzi dell'e. e. tengano conto dei costi di produzione e di gestione, d'altro canto obbliga l'ente a non anteporre il proprio interesse di lucro all'interesse pubblico connesso con "l'equilibrato sviluppo economico del Paese" (art. 1 l. n. 1643).
L'attività dell'ente diretta all'acquisizione dei mezzi da utilizzare per la realizzazione dei propri fini istituzionali è di carattere privato. Rientrano in tale attività gli acquisti e le alienazioni di immobili, i contratti di appalto, l'emissione di obbligazioni, l'assunzione di mutui (art. 6 Statuto dell'Enel, approvato con d.P.R. 21 dicembre 1965, n. 1720). Analogamente sono regolati dal diritto privato i rapporti di lavoro del personale dipendente; le relative controversie sono attribuite alla competenza del giudice ordinario (art. 13 l. n. 1643). Sono infine da considerarsi negozi privati i contratti di fornitura, allacciamento e trasporto dell'e. e. (art. 12 comma quarto, l. n. 1643). Hanno invece natura di atti amministrativi le deliberazioni relative alla liquidazione d'indennizzo alle imprese espropriate, quelle concernenti le concessioni di esercizio alle imprese municipalizzate e in genere gli atti esclusivamente riferibili alla natura pubblica dell'ente.
Un impianto elettrico di trasmissione e distribuzione dell'e. non consta soltanto di linee aeree o di cavi, in quanto è normale che tra i generatori di elettricità e le macchine o gli apparecchi che utilizzano l'e. vengano interposti altre macchine o apparecchi (impianti di trasformazione) che vengono installati in certi punti della rete. Risulta più che evidente che per fini d'interesse generale occorre dare la possibilità a chi deve trasportare l'e. di far passare le condutture elettriche sui fondi altrui e di collocarvi gli attrezzi necessari, anche quando i proprietari dei fondi non siano disposti a concedere tale diritto. Il nostro legislatore per risolvere questo problema è ricorso alla creazione dell'istituto della "servitù di elettrodotto". L'art. 1056 cod. civ. recita: "ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia". È inoltre da notare che i compilatori del codice hanno inserito tale norma fra quelle concernenti le servitù coattive, di modo che il proprietario è tenuto a concedere la servitù. Gli artt. 123-125 T.U. n. 1775 del 1933 dettano le norme concernenti l'indennità.
Anche il servizio d'illuminazione pubblica e la fornitura di e. e. ai privati cittadini e i rapporti ad essi collegati hanno ricevuto in seguito all'istituzione dell'Enel una nuova disciplina. Infatti l'Enel, in base alla l. n. 1643, si è sostituito alle imprese private operanti nel settore e alle imprese pubbliche esercenti attività elettriche sia pure con le eccezioni di cui precedentemente si è detto. Ne deriva che, in tali settori dell'illuminazione pubblica e della distribuzione ai privati, accanto all'Enel operano esclusivamente le imprese municipalizzate degli enti locali che abbiano ottenuto dall'Enel la concessione ex lege n. 1643 e inoltre le piccole imprese private produttrici e distributrici al disotto dei 15 milioni di kWh per anno. Sono stati pertanto soppressi i rapporti di varia natura precedentemente esistenti fra i comuni e le imprese private (concessioni amministrative, convenzioni, ecc.).
Bibl.: P. Bodda, G. Astuti, Posizione giuridica delle aziende elettriche municipali secondo la legge di nazionalizzazione, in Atomo Petrolio Elettricità, 1963, p. 54 segg.; M. S. Giannini, Problemi giuridici delle imprese elettriche municipali a seguito della nazionalizzazione dell'energia elettrica, ibid., p. 46 segg.; G. Landi, L'espropriazione delle imprese elettriche, in Rivista delle Società, 1963, p. 849 segg.; G. Guarino, l'impresa pubblica Enel, in Atomo Petrolio Elettricità, 1963, p. 3 segg.; A. Mezzanotte, Aspetti giuridici del trasferimento all'Enel delle imprese esercenti le industrie elettriche, ibid., 1963, p. 13 segg.; R. Albano, in Rassegna giuridica dell'Enel, 1965, p. 273 segg.; G. Calandra, Elettricità ed elettrificazione, in Enc. del diritto, XIV (1965), p. 560 segg.; G. Landi, Energia elettrica: Nazionalizzazione, ibid., p. 875 segg.; G. Guarino, Sulla capacità dell'Enel, in Rassegna giuridica dell'Enel, 1965, p. 1 segg.; R. Albano, Le concessioni di acque pubbliche e la nazionalizzazione dell'energia elettrica, in I lavori pubblici, Atti del Congresso celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione, Firenze 1967, p. 153 segg.; G. Landi, Natura giuridica dell'Enel, in Il diritto dell'economia, 1967, fasc. 5; R. Albano, Impresa elettrica, in Enc. del diritto, XX (1970), p. 653 segg.; F. Di Sabato, Espropriazione di azienda e nazionalizzazione delle imprese elettriche, Napoli 1974.