REATTORE NUCLEARE (App. III, 11, p. 583; v. pila atomica, App. II, 11, p. 548)
Data l'enorme rilevanza che ha acquisito in questi ultimi anni la produzione di energia elettrica di origine nucleare, soprattutto a causa della crisi energetica legata alla difficoltà di reperire fonti di energia primaria di tipo tradizionale, si tratteranno in questa App. esclusivamente i r. n. di potenza, di tipo provato, ad alta temperatura e autofertilizzanti veloci; si fa, inoltre, un rapido accenno ai r. a fusione la cui entrata in esercizio, almeno a livello dimostrativo, è prevista per la fine del secolo.
Per notizie sul cosiddetto "ciclo del combustibile nucleare", si rimanda a nucleari, tecnologie, in questa Appendice.
Reattori provati. - Sono quei r. che hanno raggiunto la competitività economica e commerciale nella produzione di energia elettrica nei confronti degl'impianti tradizionali che bruciano olio combustibile o carbone. Per essere "provati" i r., inoltre, devono avere dimostrato di essere affidabili sia dal punto di vista della sicurezza sia da quello della continuità nel funzionamento dell'impianto; devono, infine, esistere in un numero di esemplari sufficientemente elevato in varie parti del mondo. Alla data attuale i r. di potenza che soddisfano a questi requisiti sono quelli ad acqua leggera (LWR, Light Water Reactor), che impiegano combustibile a ossido di uranio arricchito (App. III, 11, p. 586) e, parzialmente, anche i r. ad acqua pesante, del tipo CANDU-PHW (Canadian Deuterium Uranium-Pressurized Heavy Water), che impiegano combustibile a ossido di uranio naturale. I r. ad acqua leggera, che rappresentano circa l'80% della potenza nucleare attualmente in costruzione, sono di due tipi: ad acqua bollente (BWR, Boiling Water Reactor) e ad acqua in pressione (PWR, Pressurized Water Reactor). Le centrali alimentate da r. ad acqua leggera, su cui è possibile effettuare considerazioni statistiche sufficientemente attendibili, hanno attualmente un fattore di disponibilità dell'impianto del 70%; tale fattore rappresenta la percentuale di energia effettivamente prodotta da un r. n. e quella teorica che avrebbe prodotto se avesse funzionato, per lo stesso periodo, al 100% della sua capacità. Nel mondo sono in funzione, alla data attuale, 151 r. di potenza del tipo ad acqua leggera per una potenza complessiva di 121.000 MWe, di cui 70 negli Stati Uniti d'America e 81 nel resto del mondo. Per la fine del 1985 gli SUA prevedono di avere in funzione r. nucleari per una potenza complessiva di 290.000 MWe, mentre la potenza complessiva, installata a quella data nel mondo, dovrebbe essere di 360.000 MWe. I r. ad acqua pesante, sviluppati principalmente in Canada, producono attualmente energia elettrica in 12 centrali di potenza, di cui 10 in Canada, una in India e una in Pakistan. I r. ad acqua pesante in costruzione sono 14 in Canada e 7 nel resto del mondo.
In Italia funzionano due centrali di potenza alimentate da r. ad acqua leggera, di cui la prima, quella del Garigliano del tipo BWR, della potenza di 150 MWe, è in funzione dal 1964, e la seconda, quella di Trino Vercellese del tipo PWR, della potenza di 250 MWe, dal 1965. La centrale BWR di Caorso, della potenza di 850 MWe, ha raggiunto la criticità il 31 dicembre 1977 e ha incominciato a erogare energia sulla rete elettrica nazionale nel corso del 1978. L'ENEL (Ente Nazionale per l'Energia Elettrica), sulla base delle indicazioni contenute nel PEN (Piano Energetico Nazionale), approvato dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) il 23 dicembre 1977, ha in programma l'installazione di ulteriori 12 centrali dotate di r. ad acqua leggera della potenza di 1000 MWe ciascuna e di due centrali dotate di r. ad acqua pesante della potenza di 600 MWe ciascuna, da installarsi in Sicilia e in Sardegna.
Reattori ad acqua bollente. - I r. ad acqua bollente adottano il ciclo diretto secondo cui il vapore prodotto all'interno del nocciolo del r. dopo essere stato separato ed essiccato nella parte superiore del contenitore in pressione, viene immesso direttamente in turbina per produrre energia elettrica. Si eliminano in tal modo i generatori di vapore e le conseguenti degradazioni dell'energia termica. Il vapore immesso in turbina è, quindi, radioattivo; la radioattività è dovuta principalmente all'isotopo 16N che ha, tuttavia, un tempo di dimezzamento di 7 secondi e pertanto solo una piccola frazione della radioattività rimane all'atto in cui il vapore raggiunge la turbina.
Il sistema di generazione nucleare del vapore di un r. BWR è rappresentato schematicamente in fig. 1; esso è costituito principalmente da: a) il nocciolo del r., formato dall'insieme degli elementi di combustibile e dalle barre di controllo racchiusi nel contenitore in pressione e raffreddati da un sistema di acqua di ricircolazione; b) lo schermo del nocciolo, formato da un cilindro di acciaio inossidabile, che ha anche la funzione di separare il flusso ascendente della miscela refrigerante da quello discendente di acqua nella regione anulare esterna compresa tra lo schermo del nocciolo e le pareti del contenitore in pressione; c) i componenti interni del r.; d) il contenitore in pressione; e) i separatori del vapore; f) gli essiccatori del vapore; g) le pompe a getto. La "taglia" dei r. di potenza ad acqua bollente ordinati ultimamente dalle società elettroproduttrici varia da 700 MWe a 1300 MWe.
Un tipico nocciolo del tipo BWR è costituito dal l'insieme degli elementi di combustibile raggruppati in moduli di quattro con al centro della quartina una barra di controllo cruciforme contenente tubi di acciaio inossidabile riempiti di polvere di carburo di boro (B4C) compattano al 65% della sua densità teorica. Per un nocciolo di un r. da 1200 MWe, costituito da 732 elementi di combustibile e 177 barre di controllo, le dimensioni sono date da un cilindro di diametro 4,9 m e di altezza di 4,3 m.
Il livello di potenza può essere variato, a seconda del carico richiesto, sia mediante spostamento delle barre di controllo, che nei BWR sono inserite dal basso, sia mediante variazione della portata d'ingresso. I r. ad acqua bollente funzionano a una pressione di circa 70 atm e a una temperatura di circa 290 °C. L'elemento di combustibile è formato da 64 tubi di zircaloy-2 della lunghezza di circa 4 m e con diametro esterno di circa 12 mm, disposti secondo una geometria quadrata (8 × 8) e tenuti separati l'uno dall'altro da 7 griglie distanziatrici di zircaloy-4, posizionate assialmente ogni circa 50 cm e munite di molle di inconel onde evitare eccessive vibrazioni delle barre di combustibile dovute al moto del fluido refrigerante. In ciascun elemento di combustibile 62 tubi di zircaloy-2 sono riempiti di pastiglie di UO2 arricchito, aventi una densità del 95% della densità teorica, mentre due tubi al centro del fascio sono pieni di acqua; questi ultimi hanno la funzione di tenere in posizione le griglie distanziatrici e d'innalzare il livello di potenza generata al centro dell'elemento di combustibile. L'elemento di combustibile contiene barre aventi quattro differenti arricchimenti in 235U al fine di ridurre i picchi locali di potenza e di rendere, quindi, la generazione di potenza più uniforme. Barre a basso arricchimento sono posizionate agli angoli e ai lati, in prossimità delle intercapedini di acqua tra il fascio e la barra di controllo; barre ad arricchimento più elevato sono impiegate al centro dell'elemento di combustibile. Quattro barre a elevato arricchimento contengono un materiale assorbente (veleno bruciabile) a base di ossido di gadolinio per il controllo iniziale della reattività; l'ossido di gadolinio, disposto assialmente in tre zone a differente concentrazione, riduce notevolmente anche il fattore di picco assiale di potenza. La potenza lineare massima generata dalle barre di combustibile è di 440 W/cm, con una temperatura massima raggiunta al centro delle pastiglie di UO2, di circa 1900 °C. Dal punto di vista termoidraulico i r. ad acqua bollente funzionano con un valore minimo del rapporto tra il flusso del calore critico e quello effettivo, in ogni zona del nocciolo, sempre maggiore di 1,9. Il valore del flusso di calore critico dipende dal titolo del vapore generato, dalla portata, dalla pressione e dalla geometria dell'area di passaggio del fluido. Il raggiungimento del flusso di calore critico (crisi termica) comporta una brusca riduzione nella rimozione del calore prodotto, con conseguente innalzamento della temperatura dei tubi, peggioramento delle proprietà meccaniche dello zircaloy e aumento della velocità di corrosione; in tali condizioni è molto probabile la distruzione fisica delle barre di combustibile. Le pastiglie di combustibile sono dimensionate in modo da consentire all'interno della guaina sia l'espansione differenziale tra combustibile e materiale della guaina, sia i gas che si liberano dalla fissione dell'uranio. Le barre di combustibile sono posizionate, sia nella parte superiore che in quella inferiore, in piastre terminali di acciaio inossidabile; l'intero fascio è inserito in una scatola quadrata di zircaloy-4 che ha la funzione di canalizzare il fluido refrigerante, di guidare il movimento della barra di controllo e di fornire la necessaria rigidità e protezione al fascio di barre durante le operazioni di carico e scarico del reattore. La piastra terminale inferiore dell'elemento di combustibile è inserita in un apposito foro della piastra di supporto del nocciolo. Il ciclo di funzionamento di un r. ad acqua bollente, è di circa 18 mesi; alla fine di tale periodo 1/5 degli elementi di combustibile, raggiunto un tasso d'irraggiamento di circa 30.000 MWD/T, viene scaricato dal nocciolo e sostituito con elementi di combustibile "freschi". Il tasso d'irraggiamento rappresenta l'energia totale rilasciata per unità di massa da un combustibile nucleare ed è espresso in megawatt-giorno per tonnellata (MWD/T). Le operazioni di ricambio del combustibile che avvengono, quando possibile, nel periodo estivo in cui la domanda di potenza sulla rete è inferiore al periodo invernale, comportano lo spegnimento del r. per circa 2 mesi, l'apertura della testata del contenitore in pressione, l'estrazione dei separatori e degli essiccatori del vapore, l'ispezione dell'intero impianto e le normali operazioni di manutenzione. Prima di riavviare il r., accurati esami vengono effettuati sugli elementi di combustibile nella piscina di deposito, adeguatamente attrezzata allo scopo. Particolare importanza è dedicata ai controlli visuali e non distruttivi e alla scansione gamma onde conoscere il livello d'irraggiamento e la distribuzione assiale di potenza; ciò permette di ottimizzare nel ciclo successivo il caricamento degli elementi di combustibile nel nocciolo. Se durante tali analisi (prova di sipping) alcune barrette dovessero mostrare fessurazioni, è possibile estrarre le barrette fessurate e sostituirle con barrette integre.
Lo schermo del nocciolo, come si è detto, è realizzato in lamiera di acciaio inossidabile. La flangia superiore di esso si accoppia con la flangia della griglia superiore e questa a sua volta si accoppia con la flangia della calotta che sostiene l'insieme dei separatori di vapore in modo da formare un "plenum superiore" nel quale si raccoglie la miscela bifase in uscita dagli elementi di combustibile. I diffusori delle pompe a getto penetrano attraverso il ripiano anulare che collega lo schermo al contenitore in pressione. La struttura costituita dallo schermo, dal ripiano anulare del contenitore in pressione e dai diffusori delle pompe a getto è concepita in modo da consentire l'allagamento della parte attiva del nocciolo in caso d'incidente di perdita di refrigerante, denominato LOCA (Loss Of Coolant Accident). Due anelli distributori, alloggiati all'interno dello schermo nella zona compresa tra la griglia superiore del contenitore in pressione e la base dei separatori di vapore, e dotati di ugelli eiettori, servono per spruzzare l'acqua durante la refrigerazione di emergenza mentre un ugello disposto nella zona sottostante il nocciolo serve per iniettare un assorbitore liquido (pentaborato di sodio) in caso d'inceppamento delle barre di sicurezza.
I componenti interni del r. sono in acciaio inossidabile e possono essere rimossi per l'ispezione e la manutenzione. La rimozione della piastra inferiore e della griglia superiore è possibile, anche se non è previsto che questa operazione debba essere effettuata durante la vita dell'impianto; la rimozione di altri componenti quali, per es., le barre di controllo, è invece effettuata in occasione delle operazioni di ricarica del reattore.
Il contenitore in pressione, realizzato in acciaio legato, è un recipiente dotato di coperchio flangiato per poter consentire l'accesso ai componenti interni del r. durante le operazioni di ricarica. Le pareti interne sono rivestite di acciaio inossidabile eccetto il coperchio che viene in contatto con il vapore saturo secco. Il recipiente in pressione, che in un r. da 1300 MWe ha un'altezza di circa 22 m, un diametro di circa 6 m, uno spessore di circa 150 mm, poggia su una "gonna" collegata a un supporto di cemento armato che costituisce parte integrante delle fondazioni dell'edificio reattore. I separatori di vapore sono elementi statici collegati a tubi verticali saldati sul "duomo" che delimita il "plenum superiore" del reattore. La miscela acqua-vapore, con un titolo di vapore del 15%, fluisce attraverso tubi adduttori verticali e urta contro le palette fisse del separatore che le imprimono un "moto ciclonico". La forza centrifuga associata al vortice separa la fase vapore dalla fase liquida nei tre stadi in cui è composto il separatore. Il vapore fuoriesce dall'estremità superiore e fluisce verso gli essiccatori mentre l'acqua separata fuoriesce dalla parte inferiore di ciascuno stadio, si raccoglie nella massa liquida il cui pelo libero si stabilisce a livello dei separatori e fluisce quindi nello spazio anulare tra lo schermo del nocciolo e il contenitore in pressione.
Negli essiccatori, il vapore fluisce trasversalmente attraverso un sistema di lamierini corrugati; l'umidità condensata viene raccolta in canali collettori e drenata nella massa d'acqua del contenitore in pressione.
Il sistema di ricircolazione mediante le pompe a getto ha la funzione di garantire una ricircolazione forzata del fluido refrigerante nel nocciolo. In relazione alla potenza dell'impianto il numero delle pompe a getto, disposte tra lo schermo del nocciolo e la parete del contenitore, varia da 16 a 24. L'acqua di refrigerazione sale attraverso un tubo montante centrale e fuoriesce dagli ugelli delle pompe; il getto, uscendo a forte velocità, determina una zona di bassa pressione che provoca l'aspirazione della portata principale. I r. ad acqua bollente sono dotati dei seguenti sistemi per la refrigerazione di emergenza, al fine di limitare l'aumento della temperatura degli elementi di combustibile dovuta alla difficoltà di smaltimento del calore di decadimento, in caso di un incidente che comporti la perdita di refrigerante (LOCA) o in caso di depressurizzazione del r.: a) un sistema di spruzzo ad alta pressione; b) un sistema di spruzzo a bassa pressione; c) un sistema d'iniezione a bassa pressione; d) un sistema di depressurizzazione automatica.
Reattori ad acqua in pressione. - Nei r. ad acqua in pressione la refrigerazione e la moderazione sono ottenute con un deflusso di acqua in fase liquida (monofase), alla quale gli elementi di combustibile cedono la potenza generata. L'eliminazione dei vuoti all'interno del nocciolo consente di aumentare la densità di potenza del nocciolo (in conseguenza dell'aumento del valore del flusso di calore critico), di migliorare la moderazione e di eliminare il forte coefficiente di reattività dei vuoti. S'impone, peraltro, l'utilizzazione di un ciclo indiretto e l'adozione di generatori di vapore, con implicazioni negative sul costo dell'impianto e sul rendimento. Inoltre è necessario progettare il r. per un elevato valore della pressione di esercizio (160 atm) onde mantenere l'acqua del primario in condizione monofase (310 °C). Il sistema di generazione del vapore in un r. ad acqua in pressione si compone essenzialmente di: a) il nocciolo del r.; b) i componenti interni del r.; c) il contenitore in pressione; d) i generatori di vapore; e) il pressurizzatore. Un tipico r. ad acqua in pressione è rappresentato in fig. 2. L'acqua di refrigerazione entra nel contenitore in pressione, lambisce le barre degli elementi di combustibile in flusso ascendente e aumenta la sua temperatura. L'acqua calda fuoriesce dal contenitore in pressione e imbocca il generatore di vapore passando all'interno dei tubi di un fascio tubiero; qui cede il calore al fluido del secondario subendo un raffreddamento dell'ordine di 30 °C, quindi viene immessa da una pompa centrifuga nel contenitore in pressione. Negl'impianti moderni i circuiti primari di refrigerazione sono, in genere, tre o quattro, a seconda della potenza dell'impianto.
Un nocciolo tipico di un r. da 1150 MWe, con quattro circuiti primari di refrigerazione, è costituito da un cilindro di diametro di 3,3 m e di altezza di 3,7 m, ed è composto da 193 elementi di combustibile, alloggiati in posizione verticale all'interno del contenitore in pressione. Nell'intento di ottenere una migliore distribuzione radiale di potenza, il nocciolo della prima carica di combustibile è diviso in tre regioni a diverso arricchimento: 64 elementi ad alto arricchimento sono sistemati alla periferia del nocciolo, mentre gli elementi a basso e a medio arricchimento sono alternati a scacchiera nella parte centrale. L'elemento di combustibile è formato da 264 tubi di zircaloy-4, della lunghezza di circa 4 m e con un diametro esterno di circa 10 mm, di 24 tubi guida in cui scorrono le barre di controllo di Ag-In-Cd e di un tubo in cui è alloggiata la strumentazione. Essi sono disposti secondo una geometria quadrata (17 × 17) e tenuti separati l'un l'altro da sette griglie distanziatrici di inconel 718, alcune delle quali incorporano lamelle per promuovere la turbolenza del refrigerante. Il sistema d'incorporare le barre di controllo all'interno degli elementi di combustibile viene denominato sistema di "barre di controllo a grappolo"; con tale sistema viene minimizzato il picco di flusso dovuto alla "sovramoderazione" negl'interspazi di acqua presenti nei noccioli con barre di controllo cruciformi. Un nocciolo da 1150 MWe utilizza 53 grappoli con barre di assorbimento a piena lunghezza e 8 grappoli con barre di assorbimento a 1/4 di lunghezza. Le barre di regolazione a grappolo che scorrono nei "tubi di guida" vengono utilizzate essenzialmente per l'adeguamento della potenza alle richieste del carico, per il controllo delle piccole variazioni di reattività e per l'intervento di scram per lo spegnimento del reattore. In un r. ad acqua in pressione le variazioni di reattività dovute all'esaurimento del combustibile, all'aumento dei prodotti di fissione, all'esaurimento dei veleni bruciabili, vengono compensate variando la concentrazione di acido borico nel refrigerante.
Tutti gli elementi di combustibile che compongono il nocciolo sono costruiti in base a un unico progetto meccanico e quindi tutti dispongono di "tubi guida", anche se in non tutti gli elementi di combustibile alloggiano le barre di controllo a grappolo. Alcuni "tubi guida" vengono utilizzati per l'alloggiamento di sorgenti neutroniche, altri possono alloggiare barre contenenti veleni bruciabili (silicati di boro), altri ancora sono destinati a rimanere vuoti e in tal caso vengono ostruiti mediante tappi in modo da impedire che si stabilisca una portata di acqua attraverso essi. I tubi guida sono collegati alle piastre superiori e inferiori dell'elemento e, a intervalli regolari, alle griglie distanziatrici. Si vengono così a formare le strutture di sostegno dell'elemento il quale, a differenza degli elementi di combustibile per r. ad acqua bollente, è privo della scatola di contenimento. La piastra inferiore controlla l'afflusso del refrigerante e nel contempo serve come struttura dell'elemento; la piastra superiore ha anch'essa una funzione strutturale e forma un plenum nel quale l'acqua calda proveniente dall'elemento viene raccolta e convogliata verso la piastra forata superiore del contenitore in pressione.
I 264 tubi di zircaloy-4 sono riempiti di pastiglie di UO2 arricchito, aventi una densità del 95% della densità teorica. Nella fase di fabbricazione le barre vengono pressurizzate, a circa 40 atm, con elio al fine di migliorare il loro comportamento termomeccanico durante il funzionamento e di evitare l'eventuale loro schiacciamento a causa dell'elevata pressione del refrigerante e dell'alta temperatura che fa diminuire le proprietà meccaniche dello zircaloy-4. La potenza lineare massima per unità di lunghezza generata dalle barre di combustibile è di 445 W/cm, con una temperatura massima, raggiunta al centro delle pastiglie di UO2, di circa 1900 °C. Il ciclo di funzionamento di un r. ad acqua in pressione è di circa 12 mesi; ogni tale periodo 1/3 degli elementi di combustibile, raggiunto un tasso d'irraggiamento di oltre 33.000 MWD/T, è scaricato dal r. e sostituito con elementi di combustibile "freschi".
I componenti interni del r. hanno la funzione di: a) sostenere e mantenere nella giusta posizione gli elementi di combustibile, le barre di controllo e la strumentazione del nocciolo; b) formare i canali per il refrigerante primario; c) proteggere il contenitore in pressione dalle radiazioni. Le strutture interne sono in genere suddivise in inferiori, superiori e di sostegno per la strumentazione. Le strutture inferiori sono composte da: piastra inferiore del nocciolo, piastra di diffusione, calotta di supporto forgiata, deflettore, cilindro incanalatore del fluido e schermo termico.
La piastra inferiore del nocciolo ha la funzione di sostenere nella corretta posizione gli elementi di combustibile. Essa è perforata con orifiziature calibrate di diverso diametro per consentire una differenziazione della portata nei diversi elementi. La zona periferica della piastra, sottostante gli elementi di combustibile con minore generazione di potenza, ha orifiziature di diametro minore.
La piastra di diffusione è collocata tra la piastra inferiore del nocciolo e la calotta di supporto forgiata. Quest'ultima è saldata al cilindro incanalatore del fluido. Sia la piastra di diffusione che la calotta sono forate per consentire il passaggio dell'acqua. Il refrigerante entra nel contenitore in pressione dai bocchelli d'ingresso, percorre in flusso discendente lo spazio anulare compreso tra il cilindro incanalatore del fluido e la parete del contenitore in pressione scorrendo da entrambe le parti dello schermo termico, quindi si raccoglie nel plenum inferiore del r., attraversa in flusso ascendente la calotta forgiata, la piastra di diffusione e la piastra inferiore del nocciolo e lambisce le barre di combustibile. Uscito dal nocciolo il refrigerante entra nella regione delle strutture interne superiori e fuoriesce dal contenitore attraverso i bocchelli di uscita del cilindro superiore d'incanalamento del fluido e del contenitore in pressione.
Lo schermo termico ha la funzione di attenuare i raggi gamma e il flusso neutronico veloce di fuga dal nocciolo, al fine di proteggere il contenitore in pressione dai danni da radiazioni e di ridurre le sollecitazioni termiche in esso indotte dalla potenza prodotta dai raggi gamma. All'esterno dello schermo termico, affacciati al contenitore in pressione, possono essere collocati campioni della struttura del contenitore in pressione. Questi consentono di determinare le caratteristiche del materiale sottoposto a irraggiamento e d'intervenire, con ispezioni periodiche.
L'assieme dei componenti interni superiori, che viene rimosso in un sol pezzo per consentire le operazioni di ricarica, è formato da diverse parti quali: i tubi guida per gli alberi di movimento dei grappoli di barre di controllo, la piastra superiore di sostegno, le colonne di supporto, la piastra superiore del nocciolo. Quest'ultima ha la funzione di mantenere nella corretta posizione (mediante apposite spine) gli elementi di combustibile.
Il contenitore in pressione è un recipiente di forma cilindrica con estremità emisferiche e con testa flangiata rimovibile per le operazioni di ricarica del combustibile. I bocchelli in ingresso e in uscita che collegano il recipiente alle tubazioni primarie sono posizionati sopra il nocciolo in modo da consentire l'allagamento di questo in ogni possibile condizione accidentale. Il corpo del contenitore in pressione è in acciaio al carbonio basso legato; la parete interna, in contatto con l'acqua di refrigerazione, è rivestita di acciaio inossidabile. Per un r. da 1150 MWe il contenitore in pressione ha un'altezza di 13,5 m, un diametro di 4,4 m e uno spessore di 216 mm.
I generatori di vapore possono essere di due tipi, e cioè a circolazione naturale con preriscaldamento e a un solo passaggio (once through).
Il primo tipo, adottato più comunemente, è rappresentato in fig. 3, e consta di due parti: la sezione bollente e la sezione per la separazione e l'essiccamento del vapore. L'acqua del primario, ad alta pressione e temperatura, entra in una delle semicalotte inferiori e fluisce nei tubi a U di inconel saldati sulla piastra tubiera, quindi sbocca nell'altra semicalotta e ritorna nel reattore. L'acqua di alimento è introdotta nella "zona di preriscaldamento" compresa tra l'involucro che avvolge il fascio tubiero e un setto di separazione verticale. Nel preriscaldatore, l'acqua aumenta di temperatura asportando il calore dall'ultimo tratto della gamba fredda del fascio tubiero sino a portarsi vicino alle condizioni di saturazione. A questo punto si mescola con l'acqua di ricircolazione che, per circolazione naturale, viene richiamata, in flusso discendente, nello spazio anulare delimitato dalla parete interna del recipiente a pressione e dalla superficie esterna dell'involucro che avvolge il fascio tubiero e quindi, in flusso ascendente, nello spazio compreso tra l'involucro stesso e un setto di separazione. La miscela bifase, ottenuta dalla confluenza della portata di alimento e dalla portata di ricircolazione, fluisce quindi in senso ascensionale lambendo i tubi e aumentando il titolo di vapore senza peraltro raggiungere i valori per i quali si ha la crisi termica. Un gruppo di "separatori di vapore", montati sulla calotta che delimita superiormente l'involucro del fascio tubiero, provvede alla separazione delle due fasi. Il pelo libero dell'acqua viene mantenuto, all'altezza dei separatori, a un livello pressoché costante, mediante regolazione automatica della portata di alimento ottenuta azionando una valvola. Il flusso di vapore passa attraverso il complesso degli essiccatori uscendo praticamente allo stato saturo secco (titolo di vapore ≈ 99,75%) e pronto per essere immesso in turbina.
I generatori di vapore a un solo passaggio sono costituiti da un corpo in pressione ad asse verticale. L'acqua di alimento proveniente dal condensatore è iniettata in uno spazio anulare compreso tra il mantello del fascio tubiero e il corpo in pressione, in corrispondenza della mezzeria del corpo cilindrico stesso; successivamente l'acqua entra a lambire il fascio tubiero dal basso, cambia di fase e si trasforma in vapore.
Separatori ed essiccatori del generatore di vapore funzionano in base allo stesso principio degli analoghi dispositivi descritti per i reattori ad acqua bollente. I r. pressurizzati, in caso d'incidente di perdita del refrigerante, adottano sistemi di allagamento del nocciolo mediante iniezione di acqua ad alta e bassa pressione e con portate notevoli.
Reattori ad acqua pesante. - Le filiere dei r. ad acqua pesante sono particolarmente attraenti per quei paesi che non dispongono di impianti di arricchimento dell'uranio. Essi inoltre presentano un'ottima economia neutronica, con coefficienti di conversione medi (App. II, 11, p. 586) dell'ordine di 0,7 ÷ 0,8, in confronto con lo 0,6 dei r. ad acqua leggera.
Tra i vari tipi di r. ad acqua pesante gli unici che hanno raggiunto la maturità industriale sono i r. moderati e refrigerati ad acqua pesante a tubi in pressione, del tipo CANDU-PHW. In Italia, da diversi anni, è stato studiato, ed è ora in fase di realizzazione, il r. prototipo CIRENE (CISE, Reattore a nebbia) della potenza di circa 40 MWe, moderato ad acqua pesante e raffreddato ad acqua leggera in ebollizione.
I r. ad acqua pesante tipo CANDU-PHW adottano il ciclo indiretto e sono pertanto dotati di generatori di vapore. Il r. rappresentato in fig. 4 consiste di un grande contenitore cilindrico non pressurizzato, detto "calandria", che contiene l'acqua pesante. Nella calandria i tubi in pressione, che contengono l'acqua pesante per la refrigerazione e gli elementi di combustibile, sono disposti in posizione orizzontale; tale disposizione facilita lo scarico del combustibile. Il concetto di r. a "tubi in pressione" è tipicamente modulare: la potenza del r. è proporzionale al numero di questi componenti.
Unità di grande potenza sono costituite da tubi in pressione di dimensioni uguali a quelle impiegate per piccole unità. Il circuito di refrigerazione è percorso da D2O, a una pressione di circa 100 atm, che viene fatta circolare, mediante pompe, sia nel nocciolo sia negli scambiatori principali di calore (generatori di vapore). I tubi del refrigerante relativi a singoli tubi in pressione sono raggruppati in un numero opportuno di collettori. Le temperature dell'acqua pesante, all'ingresso e all'uscita del r., sono circa di 250 e 300 °C, con un salto entalpico nel nocciolo di circa 50 kcal/kg. In questo circuito è localizzata la quasi totalità delle perdite di D2O, sia perché il fluido (contrariamente al moderatore all'esterno dei tubi) è in pressione, sia perché nel circuito vi sono giunzioni che presentano problemi di tenuta. La soluzione tecnica del recupero di queste perdite prevede l'installazione delle parti, ove possono aver luogo fughe di acqua pesante, in locali isolati, e condizionati in ciclo chiuso, a un punto di rugiada molto basso (circa −20 °C), onde permettere non solo la condensazione e il recupero dei vapori di D2O fuoriuscenti dai punti di perdita, ma prevenire problemi di contaminazione dell'edificio r. per effetto del trizio.
Il circuito vapore comprende gli scambiatori di calore principali, la turbina, i separatori di umidità, il surriscaldatore, il condensatore e i preriscaldatori dell'acqua di alimento. Il vapore misto ad acqua è raccolto in un corpo cilindrico in cui avviene la separazione del vapore, mentre l'acqua separata ricircola. Il vapore saturo è prodotto a circa 40 kg/cm2 e 250 °C.
Secondo l'usuale schema del r. ad acqua pesante a tubi in pressione, il recipiente del r. (calandria) è costituito da un cilindro di acciaio, non in pressione, attraversato da tubi di contenimento, pure non in pressione, mandrinati sulle piastre terminali della calandria. All'interno dei tubi di contenimento sono installati i tubi in pressione in zircaloy, isolati termicamente dai tubi della calandria mediante un'intercapedine in cui circola anidride carbonica che limita le dispersioni di calore dal fluido refrigerante al moderatore che s'intende mantenere a bassa temperatura. Gli elementi di combustibile, posizionati all'interno dei tubi in pressione in cui circola la D2O di raffreddamento che lambisce le barre, sono in numero variabile con la potenza del nocciolo: per es., per un tipico r. CANDU-PHW da 860 MWe sono impiegati 580 tubi in pressione contenenti ciascuno 13 fasci di combustibile.
Alle estremità dei tubi in pressione sono posizionate chiusure per la ricarica; il progetto di queste chiusure è fondamentale perché esse sono possibili vie di perdita della D2O. Tali chiusure sono realizzate mediante valvole sferiche che permettono un facile accesso al canale e assicurano un'ottima tenuta durante l'esercizio.
Il carico e lo scarico del combustibile avvengono, mentre il r. è in funzione, mediante l'impiego di macchine sistemate su appositi carrelli e comandate a distanza. Gli elementi scaricati sono successivamente trasferiti nella vasca di decadimento.
Il circuito del moderatore, a bassa temperatura e a bassa pressione, comprende la calandria, il serbatoio di scarico, le pompe di circolazione, gli scambiatori di calore ausiliari per mantenere sufficientemente bassa la temperatura del moderatore, i filtri di purificazione nonché le valvole di regolazione e di scarico. Il controllo grossolano di potenza è realizzato variando il livello del moderatore nella calandria. La variazione di livello dell'acqua pesante nel nocciolo è ottenuta mediante un circuito ausiliario a gas (elio). Nella parte inferiore della calandria lo scarico del moderatore nel serbatoio inferiore è realizzato con un sistema tipo sifone. Il gas, costituito da elio in pressione, agisce sulla parte libera del sifone in modo da compensare la pressione idrostatica del moderatore. La variazione di livello dell'acqua pesante nella calandria si ottiene, perciò, variando semplicemente la pressione dell'elio che agisce sul sifone. Il circuito del gas è realizzato con un adeguato sistema di soffianti e di valvole di regolazione.
L'impiego di D2O comporta una semplificazione della strumentazione neutronica perché si ha una produzione di fotoneutroni per assorbimento nel deuterio dei raggi gamma prodotti dal decadimento dei prodotti di fissione. A r. spento, o a basso livello di potenza, si ha un livello di flusso neutronico sufficientemente alto da restringere il completo campo di misura nel r. a solo sei decadi; tale campo può essere agevolmente coperto da un solo canale di misura anziché da una serie di canali in sequenza come per gli altri tipi di reattori.
La potenza del r. è misurata mediante rivelatori di flusso neutronico installati in un apposito vano ricavato nel serbatoio di scarico del moderatore a contatto con la calandria.
La regolazione fine della potenza è ottenuta mediante movimenti delle barre di controllo o di barre di uranio arricchito (per compensare l'effetto dello xeno durante i transitori), variando il salto termico nel refrigerante primario tra ingresso e uscita del nocciolo.
I tubi in pressione sono fabbricati in zircaloy e hanno un diametro interno di 103,4 mm; in essi alloggiano 13 fasci di combustibile, ciascuno costituito da 37 tubi di zircaloy-4, disposti secondo una geometria circolare su tre circonferenze. I tubi hanno un diametro di circa 13 mm, uno spessore di 0,38 mm e una lunghezza di circa 500 mm. I tubi sono riempiti di pastiglie di UO2 naturale aventi una densità del 95% della densità teorica. Un leggero strato di grafite viene interposto tra le pastiglie di UO2 e la superficie interna del tubo di zircaloy-4, con funzione di lubrificante, al fine di ridurre la concentrazione degli sforzi durante la possibile interazione meccanica fra combustibile e tubo e d'impedire la fessurazione del tubo dovuta a corrosione sotto sforzo. I tappi di estremità delle singole barre sono saldati a piastre terminali forate di zircaloy. La corona esterna di barre ha distanziatori (pattini) più grandi per far scivolare il fascio di barre nel tubo in pressione durante il caricamento. Il tubo di zircaloy che contiene il combustibile è del tipo "collassabile", cioè alla pressione di esercizio si schiaccia sulla colonna interna di pastiglie; così facendo si possono impiegare spessori di zircaloy minimi con una migliore economia neutronica e risparmio di materiale. Ciò è reso possibile dal relativamente basso irraggiamento (circa 10.000 MWD/T) previsto per gli elementi di combustibile a uranio naturale rispetto all'uranio arricchito.
La potenza massima per unità di lunghezza generata dalle barre di combustibile è di 465 W/cm con una temperatura massima, raggiunta al centro delle pastiglie di UO2, di circa 2000 °C.
I r. CANDU-PHW caricano il combustibile "fresco" da un'estremità del tubo in pressione e scaricano combustibile esaurito dall'altra estremità. In tal modo ogni fascio di combustibile è sottoposto a un aumento di potenza quando viene spostato nelle posizioni centrali a più alto flusso neutronico. È previsto che giornalmente siano scaricati dal r. otto fasci di combustibile.
I r. a tubi in pressione tipo CANDU-PHW hanno il vantaggio di eliminare il grosso contenitore in pressione presente nei r. ad acqua leggera; infatti, il recipiente di calandria non è pressurizzato e può essere, quindi, prefabbricato. Nei r. a tubi, la pressione del refrigerante è contenuta nei tubi di zircaloy che possono essere continuamente ispezionati.
Estese sperimentazioni sulla possibilità di rottura dei tubi in pressione hanno dimostrato che un loro scoppio non può verificarsi se essi non sono fessurati per un'estensione superiore a una lunghezza pari a circa 20 volte lo spessore del tubo. La probabilità di propagazione del danno ai tubi vicini, nel caso di rottura di un tubo in pressione, è inoltre molto bassa.
I r. CANDU-PHW dell'ultima generazione (centrale di Bruce, Ontario, Canada) adottano generatori di vapore con separatori scorporati dal corpo in pressione che contiene il fascio tubiero; i separatori di vapore sono situati in un apposito corpo cilindrico che accoglie la miscela proveniente da diversi generatori.
Reattori ad alta temperatura. - I r. ad alta temperatura, HTR (High Temperature Reactor), hanno raggiunto recentemente uno stadio di sviluppo molto promettente, stanno acquisendo un loro spazio commerciale e potrebbero rappresentare una delle filiere con molte prospettive per l'avvenire. Essi sono caratterizzati da noccioli interamente in materiale ceramico e dall'elio come refrigerante inerte. La fattibilità di questo tipo di r. è stata dimostrata dai r. sperimentali Dragon (Regno Unito), AVR (Rep. Fed. di Germania) e Peach Bottom (SUA), della potenza di 20 ÷ 40 MWe. L'evoluzione della filiera è rappresentata dai r. da 300 MWe di Fort St. Vrain (SUA) e THTR di Uentrop (Rep. Fed. di Germania).
I noccioli dei r. ad alta temperatura sono costituiti da ossidi o carburi di uranio e torio; l'unico materiale strutturale impiegato è la grafite. Il concetto, unico e tipico di questi r., è legato al combustibile a "microsfere", sferule del diametro di circa mezzo millimetro, costituite da una parte interna di combustibile rivestita da strati concentrici di carbone pirolitico e di carburo di silicio. L'insieme di questi strati protettivi di rivestimento costituisce un efficacissimo contenitore primario, resistente alla pressione dei gas di fissione e impermeabile alla loro migrazione, fino a elevatissimi tassi d'irraggiamento, dell'ordine di 100.000 MWD/T. Le sferule non sono direttamente lambite dal refrigerante gassoso ma sono immerse in una matrice di carbonio, di elevata conducibilità termica.
Questo materiale a sua volta non è esposto direttamente al flusso dell'elio ma è incapsulato in contenitori di grafite della forma più varia; da tubi o guaine tradizionali, a sfere cave di grafite riempite della "pasta combustibile", a blocchi esagonali di grafite, forati longitudinalmente da cavità passanti, per l'alloggiamento della pasta combustibile e, alternativamente, per il passaggio del refrigerante.
I noccioli dei r. ad alte temperature presentano le seguenti caratteristiche favorevoli: a) elevata temperatura degli elementi di combustibile che consente il raggiungimento di temperatura dell'elio dell'ordine di 750 ÷ 900 °C, con rendimenti del ciclo elevati (38 ÷ 40%); b) struttura di materiali ceramici, con assenza di assorbitori parassiti, che consente un'ottima economia neutronica e il raggiungimento di tassi d'irraggiamento elevatissimi; c) possibilità di produrre vapore secondario con elevate caratteristiche (190 atmosfere e 540 °C); d) insensibilità del nocciolo a eventuali escursioni di temperatura, grande capacità termica, assenza del pericolo di fusioni, nessun possibile cambiamento di fase del refrigerante o del moderatore, comportamento autostabilizzante della reattività dovuto a un coefficiente di temperatura negativo; e) piccola corrosione nel circuito primario.
Il contenitore del r., previsto per gl'impianti di potenza, è in calcestruzzo precompresso; in esso sono alloggiati i principali componenti. Il nocciolo, il riflettore e le barre di controllo sono installati nella cavità centrale. I circuiti di refrigerazione primari, comprendenti le principali pompe di circolazione e i generatori di vapore, occupano cavità disposte tutto attorno alla cavità centrale, collegate a essa da condotti radiali isolati termicamente dal calcestruzzo. I collegamenti di processo e di servizio per i generatori di vapore sono installati attraverso penetrazioni sul fondo del contenitore in pressione, mentre le connessioni per i circolatori penetrano dalla sommità.
Cavità addizionali con penetrazioni dall'alto sono inoltre previste per alloggiare i circolatori e gli scambiatori di calore ausiliari, per la refrigerazione in caso d'indisponibilità dei circuiti primari e in caso di emergenza.
Gli elementi di combustibile sono disposti in colonne e circondati da un riflettore di grafite. Il nocciolo è diviso in zone di ricarica, ciascuna servita da una penetrazione sulla parte alta del contenitore di calcestruzzo. Le penetrazioni alloggiano inoltre i meccanismi di guida delle barre di controllo, azionate dall'alto. I generatori di vapore sono modulari, del tipo once through con surriscaldatori.
I circolatori dell'elio sono di tipo assiale, azionati da una turbina a vapore, di progetto molto compatto.
Il refrigerante primario attraversa il nocciolo dall'alto in basso, entrando a una temperatura di 350 °C e a una pressione di 50 atm, e uscendo a circa 750 °C. Dal nocciolo il refrigerante raggiunge le cavità dove sono installati i generatori di vapore once through. Le condizioni del vapore prodotto sono di 510 °C e di 170 atm; dopo il passaggio attraverso la turbina ad alta pressione, il vapore viene surriscaldato a 540 °C.
L'intervallo normale di operazione per il controllo automatico dell'impianto va dal 25% al 100% della potenza nominale. Le operazioni di ricarica sono basate su una vita del nocciolo di circa 4 anni, cioè ogni anno approssimativamente 1/4 di nocciolo è sostituito da combustibile nuovo o riciclato. Il combustibile è manipolato allo stato asciutto.
È previsto un sistema di refrigerazione ausiliario e di emergenza del nocciolo, per la rimozione del calore di decadimento, dotato di 3 circuiti separati e completamente indipendenti. Vi è inoltre un sistema di riserva per lo spegnimento del r., indipendente dal normale sistema di barre di controllo, e un sistema di rilievo dell'umidità nel gas che, in caso di rottura di un tubo del generatore di vapore, comanda delle valvole d'intercettazione del generatore nel circuito primario interessato e ne scarica tutto il vapore in un recipiente di raccolta.
L'elevata temperatura dell'elio in uscita, di 750 ÷ 900 °C, rende possibili processi assai importanti nell'economia energetica del futuro e nella produzione industriale, quali, per es., la gassificazione del carbone, la produzione d'idrogeno e la produzione di ferro e di acciaio.
Reattori autofertilizzanti veloci. - Il notevole interesse che in questi ultimi anni si è manifestato nel campo dei r. veloci (FBR, Fast Breeder Reactor) è essenzialmente connesso alla possibilità di ottenere un fattore di conversione maggiore dell'unità. In tal caso il r. veloce assume la qualifica di autofertilizzante o superconvertitore. Per orientare le idee è opportuno far presente la disposizione del combustibile, all'interno di un r. autofertilizzante, mostrata in fig. 5. Una zona centrale ("seme") costituisce la parte attiva cui è affidato il compito di generare la potenza. Questa zona è costituita, in genere, da elementi di combustibile a ossidi misti di uranio e plutonio. La zona periferica di copertura ("mantello") costituisce la parte fertile realizzata con elementi a ossido di uranio naturale o impoverito. Questa zona, in cui la potenza generata è limitata, assolve alla funzione essenziale di convertire il materiale fertile in fissile, utilizzando i neutroni di fuga dal "seme". In assenza del "mantello" non vi sarebbe autofertilizzazione, in quanto il fattore di conversione interno del "seme" è sempre minore di 1. Nell'ambito dei r. autofertilizzanti veloci è molto importante il concetto di "tempo di raddoppio" che è il tempo necessario per raddoppiare la quantità di fissile presente nel nocciolo. Tale grandezza è superiore al tempo di permanenza degli elementi di combustibile nel nocciolo; è ovvio, quindi, che è necessario tener conto, nel ciclo di utilizzazione del combustibile, del tempo di permanenza in r. dei materiali fissili e fertili, dei tempi di ritrattamento del combustibile irraggiato, ecc.
Con i r. prototipi dimostrativi, della potenza di 200 ÷ 600 MWe e con un rapporto di conversione di 1,2, attualmente in esercizio o in via di realizzazione in vari paesi del mondo, quali, per es.: BN-600 (URSS), Phénix (Francia), PFR (Regno Unito), SNR (Rep. Fed. di Germania), Monju (Giappone), Clinch River (SUA), si hanno tempo di raddoppio dell'ordine dei 15 ÷ 20 anni.
Con i r. autofertilizzanti a elevato guadagno, della potenza di 1200 ÷ 2000 MWe, quali per es. il r. Superphénix e l'SNR-2, si dovrebbero ottenere tempi di raddoppio dell'ordine di cinque anni. La centrale di Creys Malville (Francia), alimentata da un r. autofertilizzante veloce Superphénix da 1200 MWe, dovrebbe entrare in funzione nel 1982, nell'ambito di un accordo di collaborazione tra i produttori di energia elettrica della Francia (EDF, Electricité de France), dell'Italia (ENEL) e della Rep. Fed. di Germania (RWE, Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk). Tutti gl'impianti di potenza attualmente esistenti, o in corso di realizzazione, sono refrigerati con il sodio liquido alla pressione atmosferica, anche se sono allo studio possibili alternative che adottano come refrigerante l'elio, alla pressione di 70 atm e contenitori in pressione in cemento armato precompresso.
Come già accennato, il combustibile dei r. veloci è, in genere, costituito da pastiglie di ossidi misti di uranio e plutonio inserite in tubi di acciaio inossidabile, a eccezione dei r. veloci dell'URSS il cui combustibile è a base di ossido di uranio arricchito. L'auspicato sviluppo di combustibili a carburo potrà far conseguire tempi di raddoppio sufficientemente brevi, e dare, quindi, un contributo essenziale alla soluzione a lungo termine del problema energetico.
La potenza massima per unità di lunghezza generata dalle barrette è di 450 W/cm con una temperatura massima raggiunta al centro delle pastiglie al di sotto della temperatura di fusione degli ossidi (2750 °C). La necessità di ottenere elevate densità di potenza del nocciolo (per es., 600 kW/litro contro i 60 ÷ 100 kW/litro dei r. ad acqua leggera) porta all'adozione di piccoli diametri delle barrette che costituiscono l'elemento di combustibile. Date le eccellenti caratteristiche del sodio come fluido refrigerante e l'elevata potenza necessaria per ottenere la crisi termica, la diminuzione del diametro è limitata soltanto da fattori tecnologici e di costo. Nelle comuni realizzazioni il diametro esterno delle barrette varia da 5 a 8,5 mm.; il r. Superphénix adotta, per es., barrette aventi un diametro esterno di 8,50 mm. La convenienza a ottenere elevati tassi d'irraggiamento, dell'ordine di 100.000 MWD/T, crea notevoli problemi connessi con il rigonfiamento del combustibile e con il rilascio dei gas di fissione. Infatti, la variazione volumetrica delle pastiglie a fine vita raggiunge il valore del 25%; ciò comporta la necessità di adottare pastiglie a bassa densità, dell'ordine dell'85% - 90% della densità teorica, e intercapedini, tra le pastiglie e le pareti del tubo, di notevoli dimensioni. Inoltre, poiché la produzione dei gas di fissione è proporzionale all'energia erogata, gli elevati tassi d'irraggiamento fanno sì che il volume di spazio vuoto per accogliere i gas di fissione sia comparabile con il volume della zona fissile del combustibile. Inoltre, a valori di flusso di 1016n/(cm2 sec) le dosi integrate assorbite dal materiale strutturale e dei tubi di acciaio raggiungono e superano facilmente il valore di 1023n/cm2; in tali condizioni l'acciaio inossidabile subisce notevoli danni da irraggiamento e rigonfia a causa della segregazione di elio prodotto dalla reazione (n, α). Infine, a causa delle elevate temperature di funzionamento delle guaine delle barrette di combustibile (650 ÷ 750 °C), un fenomeno di notevole rilevanza per il funzionamento dei r. veloci è lo scorrimento viscoso dell'acciaio.
Il nocciolo del r. Superphénix è composto dalle seguenti zone: a) zona combustibile centrale formata da 193 elementi con un arricchimento del 14,7% in Pu; b) zona combustibile periferica formata da 171 elementi con un arricchimento del 18,7% in Pu; c) zona fertile costituita da 232 elementi a ossido di uranio impoverito; d) zone periferiche costituite da 198 elementi in acciaio e da 1076 elementi di protezione neutronica laterale, con funzioni di riflettore, di protezione neutronica e cerchiatura del nocciolo.
Il nocciolo dispone, inoltre, di 21 barre di sicurezza e controllo e di 3 barre di sicurezza complementari, entrambe al carburo di boro, inserite dall'alto verso il basso in posizioni lasciate libere da altrettanti elementi di combustibile. Il diametro esterno del nocciolo è di 3,7 m, mentre il diametro esterno del mantello radiale è di 4,7 m.
L'elemento di combustibile è costituito da 271 barrette, inserite in un fodero di contenimento di acciaio a geometria esagonale, distanziate tra loro e verso il fodero esagonale da fili di acciaio avvolti a spirale attorno a esse. In altre realizzazioni il distanziamento delle barrette è ottenuto mediante griglie distanziatrici. La lunghezza attiva del combustibile è di 1 m, mentre i mantelli assiali, superiore e inferiore, a base di pastiglie di UO2, impoverito, hanno una lunghezza di 300 mm. Il "gas plenum", per la raccolta dei gas di fissione, è disposto nell'estremità inferiore delle barrette di combustibile e ha una lunghezza di 850 mm.
La funzione di mantello radiale è assolta da elementi disposti su una corona circolare esterna. Questi elementi differiscono come progetto, funzione e caratteristiche di esercizio dagli elementi di combustibile disposti al centro del nocciolo. Gli elementi di combustibile che costituiscono la parte centrale del nocciolo sono caratterizzati da una elevata velocità di "bruciamento" ed è pertanto necessario, nonostante l'elevato contenuto di fissile (≈ 20% in PuO2), procedere a un frequente ricambio, che avviene ogni sei mesi o un anno. Il progetto del r. è quindi concepito in modo da soddisfare questa esigenza; in particolare, gli elementi di combustibile vengono sfilati, a r. spento, dall'alto per poter essere permutati o estratti. Il sistema di manipolazione degli elementi di combustibile, rappresentato schematicamente in fig. 6, impiega 3 unità fondamentali: lo "schermo rotante" coassiale con il nocciolo, la "macchina di carico", dotata di movimenti radiali, e il "tamburo rotante", situato all'interno del contenitore e adiacente al nocciolo. La combinazione dei movimenti dello schermo rotante e della macchina di carico consente di raggiungere ogni posizione degli elementi sia della parte attiva che del mantello radiale e del riflettore. Tutte le manovre di trasferimento vengono effettuate sotto battente di sodio. Prima di effettuare un'operazione di manipolazione occorre disconnettere i meccanismi attuatori delle barre di controllo dalle barre stesse in modo da disimpegnare lo schermo rotante, che è montato su una gola di scorrimento a sfere e dotato di una tenuta a bagno di mercurio.
Un "rotore di trasferimento", situato nel contenitore sotto battente di sodio, ha la funzione di trasferire gli elementi del nocciolo alla "macchina di trasferimento" e viceversa. Gli elementi esauriti che devono essere scaricati sono immagazzinati per un certo periodo di tempo nel rotore per consentire lo smaltimento in sodio del calore di decadimento, prima della definitiva estrazione dal r. che è effettuata mediante la macchina di trasferimento. Questa macchina, montata su rotaie, ha il compito di trasportare gli elementi al "deposito di transito". Successivamente gli elementi sono trasferiti alle celle per le "operazioni calde" annesse al r. dove vengono esaminati, decontaminati e preparati per il trasporto agl'impianti di ritrattamento.
Gli elementi di combustibile sono assemblati nel nocciolo in modo da consentire una agevole estrazione e inserzione sotto battente di sodio liquido mediante la macchina di carico. Nelle versioni più comuni il singolo elemento è vincolato in corrispondenza di un adattatore inferiore (piede) che alloggia in un sistema di griglie ricavato, in genere, tra due piastre parallele. Il "piede" consente anche l'imbocco del fluido refrigerante nell'elemento che, dal punto di vista idraulico, è concepito come "canale chiuso". Un unico vincolo in corrispondenza dell'estremità inferiore non è però sufficiente. Il nocciolo di un r. veloce è infatti "molto sensibile", come variazione della reattività, al movimento degli elementi. Pertanto è necessario che la progettazione strutturale sia effettuata in modo da limitare al massimo gli spostamenti degli elementi durante il funzionamento del reattore. Le soluzioni adottate per l'assemblaggio del nocciolo sono di due tipi: sostentamento degli elementi a gruppi indipendenti o forzamento di tutti gli elementi mediante sistema di cerchiaggio del nocciolo. Inoltre, le perdite di carico in un nocciolo di un r. veloce sono molto elevate, sicché gli elementi di combustibile sono soggetti a una spinta idrodinamica verso l'alto, in genere superiore alla risultante del proprio peso e delle forze di attrito sui vincoli. È pertanto necessario prevedere un sistema di fissaggio che impedisca all'elemento di sfilarsi dalla sede in cui alloggia. Al fine di evitare meccanismi disposti nella parte superiore del nocciolo si ricorre a un sistema di ancoraggio idraulico che si ottiene mettendo le estremità inferiori degli elementi in contatto idraulico con una zona a bassa pressione.
Lo "schema di flusso" di un r. veloce è costituito essenzialmente da tre circuiti, come indicato nello schema di fig. 7: a) un circuito primario in cui fluisce il sodio liquido che refrigera gli elementi di combustibile e circola quindi nel lato mantello dello scambiatore intermedio e nella pompa primaria; b) un circuito secondario in cui si stabilisce una circolazione forzata di sodio attraverso i tubi dello scambiatore intermedio e il mantello del generatore di vapore; c) un circuito terziario con fluido acqua-vapore che comprende la pompa di circolazione, un preriscaldatore, il fascio tubiero del generatore di vapore, un fascio tubiero del surriscaldatore, la turbina e il condensatore.
Il complesso dei circuiti primari è contenuto in un contenitore cilindrico principale realizzato in acciaio inossidabile ("soluzione integrata"). Un rivestimento stagno realizzato in acciaio basso legato, circonda il contenitore e serve per impedire un eccessivo abbassamento del livello del sodio nel caso si verifichi una perdita dal contenitore principale. Quando il r. è in funzione, il sodio a 450 °C contenuto nel contenitore principale viene aspirato da pompe di tipo centrifugo ad asse verticale funzionanti in parallelo. Attraverso la struttura di supporto del nocciolo il refrigerante è distribuito agli elementi di combustibile, li attraversa riscaldandosi a una temperatura di 600 ÷ 650 °C, quindi passa attraverso gli schermi neutronici e imbocca gli scambiatori di calore intermedi dai quali fuoriesce alla temperatura di 450 °C, per essere nuovamente aspirato dalle pompe. Un gas di copertura, formato da argo leggermente in pressione, protegge le superfici del sodio sia del contenitore principale sia del contenitore primario in cui è alloggiato il nocciolo del reattore. La differenza dei livelli del sodio nei due recipienti è dovuta alle perdite di carico negli scambiatori di calore intermedi. La struttura di supporto degli elementi è costituita da una doppia griglia in acciaio inossidabile che sostiene il nocciolo e forma il plenum ad alta pressione per l'alimentazione degli elementi. Gli scambiatori di calore intermedi sono del tipo a "mantello e tubi" in controcorrente.
Il generatore di vapore è il componente più importante di una centrale veloce refrigerata a sodio. La criticità di tale componente è connessa con l'elevata temperatura dei fluidi, con le notevoli sollecitazioni meccaniche causate sia dalle alte pressioni lato acqua-vapore sia dalle differenze delle temperature in condizioni di regime e durante i transitori. La principale preoccupazione è tuttavia connessa con la violenta reazione Na + H2O che si verifica in caso di rottura di uno dei tubi. Un notevole impegno di progettazione consiste nell'evitare (o rendere suflìcientemente improbabile) il verificarsi di una perdita di acqua in sodio. Ciò richiede tra l'altro: a) un'attenta valutazione dei fenomeni di corrosione con conseguente selezione dei materiali e un adeguato controllo della chimica dell'acqua durante l'esercizio; b) un'accurata determinazione dei profili di temperatura sia in condizioni stazionarie che durante i transitori; c) accurate specifiche di controllo, particolarmente per le saldature, che comunque è opportuno siano limitate al massimo; d) possibilità d'ispezionare i fasci tubieri.
Per quanto riguarda le caratteristiche costruttive del generatore di vapore le differenze più notevoli tra le varie soluzioni riguardano le configurazioni dei fasci tubieri. Per la centrale di Creys Malville sono state presentate due soluzioni di generatori di vapore a potenza modulare elevata (1 o 2 moduli per circuito di sodio secondario), l'uno a fasci di tubi a elica, l'altro a fasci di tubi diritti provvisti di una lira di dilatazione. Negli Stati Uniti sono attualmente in fase di sviluppo tre diversi concetti di generatori di vapore: "a bastone da hockey", "a tubo protetto a baionetta" "a U con tubi a doppia parete".
Reattori a fusione. - Le ricerche effettuate in vari paesi del mondo, tra cui principalmente gli SUA, l'URSS, il Regno Unito, il Giappone e l'Italia, nel campo della fusione termonucleare fanno prevedere per gli anni Ottanta la dimostrazione della fattibilità scientifica del r. a fusione. Il programma degli SUA, per es., è il più avanzato e ha come direttiva la realizzazione di un r. sperimentale di potenza funzionante entro la fine del secolo.
La versione più probabile per il nocciolo di un r. a fusione è costituita da un contenitore nel quale è confinata, in una configurazione "distaccata" delle pareti, una miscela di gas a temperatura elevatissima e di opportuna densità: si tratta di un plasma, cioè di un gas completamente ionizzato. L'alta temperatura è richiesta per conferire a un numero percentualmente significativo di ioni positivi l'energia cinetica necessaria per vincere la repulsione coulombiana e per dar luogo, quindi, a reazioni di fusione nucleare.
Il combustibile del primo r. sperimentale di potenza è costituito da una miscela, in parti uguali, di deuterio e trizio. La singola reazione di fusione associa ai suoi prodotti (neutroni e ioni positivi di elio) le energie di 14,1 e 3,25 MeV, rispettivamente, secondo la reazione
I neutroni escono dal plasma e sono destinati a cedere la loro energia al mantello del r., mentre gli ioni di elio, per la carica posseduta, restano nel plasma cui cedono la loro energia.
È necessario, naturalmente, impostare i bilanci energetici riguardanti sia l'equilibrio termico del plasma sia l'intero impianto alimentato dal r.; quanto a quest'ultimo, il riferimento comune è l'elementare analisi svolta da J. D. Lawson basata sull'uguaglianza tra l'energia elettrica prodotta e l'energia di alimentazione in un ciclo ideale nel quale si prevede di riscaldare un plasma di densità particellare n alla temperatura "fusionistica" T, di mantenerlo a T in regime "fusionistico" per un intervallo τ e di convertire infine anche l'energia interna del plasma alla temperatura T. L'analisi conduce al seguente risultato: il prodotto tra la densità particellare e il tempo di confinamento è funzione della sola T e presenta un minimo non molto pronunciato (3 • 1013cm-3sec) per una temperatura di circa 20 keV (1 keV ≈ 107 °K).
D'altro canto l'analisi dell'evoluzione termica svolta per la miscela deuterio-trizio, in base ai più recenti e accreditati modelli per i meccanismi di perdita e di riscaldamento, porta a considerare valori di circa 5 keV per la cosiddetta "temperatura d'ignizione", alla quale si ha l'eguaglianza tra l'energia perduta dal plasma e l'energia a esso trasferita dagli ioni positivi di elio se il prodotto n τ raggiunte il valore di 1014 cm-3sec.
Il gruppo di parametri (T, nτ) caratterizza dunque il traguardo della cosiddetta fattibilità scientifica, ma l'analisi dei problemi nel quadro della competitività economica mette in rilievo, oltre ai requisiti per T e nτ, un'altra limitazione che, di fatto, non può che influire in modo determinante nello sviluppo degli studi e degli esperimenti. Tale limitazione emerge dal ruolo essenziale che il campo magnetico ha nel consentire il confinamento del plasma; tale ruolo viene quantizzato dal rapporto β tra la pressione cinetica del plasma (2 nkT) e la densità di energia del campo magnetico confinante (B2/2μ). Si è concordi sul fatto che per produrre energia a condizioni economicamente accettabili in un r. di dimensioni ragionevoli è necessario che β sia sufficientemente elevato, almeno dell'ordine di alcuni per cento per avere una potenza specifica netta di alcuni W/cm3, se riferita al volume del plasma.
La miscela deuterio-trizio si fa preferire, tra quelle possibili, per i valori meno severi della tempertaura d'ignizione (circa 40 milioni di gradi), anche se ricorrere a una miscela deuterio-deuterio eviterebbe la presenza in ciclo del trizio, che comporta i seguenti inconvenienti: a) il trizio dev'essere prodotto nel mantello del r. tramite reazioni nucleari con il litio; b) il trizio è di per sé fonte d'inquinamento radioattivo e la quantità che può essere rilasciata nell'ambiente è estremamente bassa. Il ciclo del r. sarà pertanto alimentato da deuterio e da litio e ne sarà scaricato elio.
Tra i metodi di confinamento magnetico concettualmente possibili quello che oggi sembra dare risultati molto promettenti è il Tokamak. Questo sistema, che ha avuto origine nei laboratori sovietici Kurchatov nel 1965 circa, è costituito da una camera toroidale sottovuoto immersa in un campo magnetico toroidale: la camera costituisce il secondario monospira di un trasformatore che, quando è alimentato da una tensione variabile, induce una scarica nel gas contenuto nella camera. Si forma un gas ionizzato (plasma) la cui temperatura sale per effetto della dissipazione ohmica e la cui forma si mantiene anulare e contenuta entro la camera, grazie all'azione di confinamento esercitata dal campo magnetico totale, somma del campo toroidale impresso da avvolgimenti esterni e del campo associato alle correnti nel plasma. Intorno alla camera è disposto un mantello, composto di camere segmentate contenenti un sale fuso di fluoro, litio e berillio, che ha la triplice funzione di refrigerante, moderatore e fertilizzante. Il mantello è interconnesso con tubi di raffreddamento nei quali scorre l'elio allo stato gassoso a circa 50 atm di pressione. L'elio refrigerante passa dal mantello, attraverso lo schermo, ai generatori di vapore che producono vapore a circa 500 °C e 250 atm; tale vapore è inviato in turbine per la produzione di energia elettrica.
Il concetto di r. illustrato è quello proposto dall'università di Princeton (SUA) che prevede la generazione di una potenza elettrica di 2100 MWe. Per far funzionare un impianto di tali dimensioni è necessaria la disponibilità di circa 300 MWe.
Sicurezza e ubicazione dei reattori nucleari. - I primi r. n. furono costruiti in aree completamente deserte al fine di rendere minimi i pericoli che avrebbero potuto incontrare le popolazioni. Alla data attuale (1979) i r. n. sono divenuti così complessi e di potenza così elevata che anche se fossero confinati in zone deserte dovrebbero sia essere progettati con stringenti criteri di sicurezza, sia disporre di sistemi di emergenza estremamente affidabili da utilizzare in caso di incidenti. Lo scopo principale di tali requisiti è d'isolare, per quanto possibile, il luogo ove è ubicata la centrale nucleare dalle popolazioni che vivono nei dintorni. Queste considerazioni valgono sia nel funzionamento normale della centrale, durante il quale sono scaricati nell'ambiente in modo controllato effluenti liquidi e gassosi, sia in condizioni di incidenti o di funzionamento anomalo in genere. Per tali motivi i r. n. hanno, oltre ai filtri e ad apparecchiature ausiliarie per la riduzione della radioattività degli effluenti, vari contenimenti, sorgenti ausiliarie di potenza, sistemi di raffreddamento di emergenza del nocciolo, sistemi antincendio, sistemi di pulizia dei vari contenimenti, ecc.
I criteri di progettazione dei r. n., per quanto attiene alla sicurezza, sono ottenuti, in genere, da: a) considerazioni probabilistiche e da analisi statistiche dei rischi; b) considerazioni dettagliate sulle conseguenze degl'incidenti ipotizzabili; c) considerazioni diverse da ogni formulazione matematica. Dai punti a e b deriva la definizione del parametro frequenza-danno che dev'essere valutato quantitativamente. Infatti, partendo dal malfunzionamento di un componente dell'impianto, si devono ricercare tutte le possibili catene incidentali che da esso possono discendere, assegnando a ognuna di esse un valore di probabilità di evenienza; successivamente si deve valutare, per ognuna di tali catene, il danno relativo; la confidenza connessa con la valutazione delle probabilità relative ai meccanismi iniziatori dell'incidente, ai malfunzionamenti di componenti e sistemi, e alle conseguenze incidentali, dev'essere proporzionata alla gravità della catena incidentale medesima. Seguendo metodicamente tale strada è possibile individuare una casistica completa di sequenze incidentali più o meno possibili, ma sostanzialmente pericolose, e quindi controreazionare opportunamente il progetto. In base a tale approccio risulta possibile accettare un dato rischio potenziale se, al crescere del danno dell'incidente in esame, diminuisce la probabilità di evenienza dell'intera catena incidentale relativa.
Poiché l'obiettivo principale dei dispositivi di sicurezza è d'impedire il rilascio incontrollato del materiale radioattivo, un r. n. è fornito di tre barriere diverse, e cioè la guaina delle barre di combustibile, il circuito primario e il contenitore del reattore. L'adeguatezza del contenitore del r. rientra tra i problemi connessi con l'architettura generale dell'impianto, mentre le rotture di guaina sono significative ai fini della sicurezza, solo se avvengono in grande numero. Per tali motivi l'incidente di perdita di refrigerante, conseguente a una rottura della tubazione del circuito primario, è adottato come il principale incidente base per la valutazione della sicurezza dei r. raffreddati ad acqua. Nell'incidente di perdita di refrigerante si verifica una rapida depressurizzazione del sistema non appena il refrigerante si scarica dalla rottura; la formazione di vuoti e/o l'arresto del r. fa terminare la generazione di energia da fissione lasciando, però, una quantità di energia nel combustibile a cui si aggiunge la produzione di calore per effetto del decadimento dei prodotti di fissione.
A causa di questa continua produzione di calore, la temperature del combustibile e della guaina di zircaloy continuerebbero ad aumentare fino al raggiungimento del punto di fusione, se non intervenissero adeguati sistemi di raffreddamento del nocciolo.
La sicurezza dei r. veloci è in primo luogo legata alla progettazione nucleare del nocciolo.
Un r. termico ad acqua è progettato con una "configurazione di massima reattività", in modo da ottenere la minima massa critica, e il parametro che viene ottimizzato è la costante di moltiplicazione dei neutroni K∞ (App. III, 11, p. 585). In conseguenza vengono scelti il reticolo, la distribuzione del moderatore e gli altri elementi geometrici; inoltre, l'eccesso di reattività disponibile è di poco superiore a zero. Se incidentalmente interviene una compattazione del nocciolo (per es., per fusione degli elementi) o un'espulsione del moderatore, si ottiene in genere lo spegnimento della reazione a catena.
Del tutto diverso è il criterio di progettazione dei r. veloci nei quali la disposizione reticolare, la proporzione e distribuzione del combustibile e del refrigerante nel nocciolo non sono condizionati dall'opportunità di massimizzare il fattore di moltiplicazione, ma sono determinati essenzialmente da esigenze di refrigerazione e di autofertilizzazione, mentre la criticità è ottenuta utilizzando elevati arricchimenti. Quindi un r. veloce rimane critico solo se il nocciolo mantiene l'esatta configurazione di progetto.
Per la valutazione della sicurezza dei r. veloci il principale incidente di riferimento è la perdita di refrigerazione con contemporanea rottura del sistema di spegnimento del reattore. Questo incidente porta al "collasso del nocciolo", con "fusione" degli elementi di combustibile in corrispondenza del piano mediano, ove esiste il massimo flusso neutronico, e conseguente compattazione della metà superiore nella metà inferiore, con espulsione del sodio. Accurati criteri di progettazione sono adottati per "contenere" il combustivile fuso all'interno del contenitore principale.
L'ubicazione dei r. n. è diventata in questi ultimi anni un problema molto importante, principalmente per la riluttanza delle popolazioni ad accettare nel proprio sito una centrale nucleare.
Alla scelta dei siti più idonei per la realizzazione delle centrali nucleari viene dedicato in Italia, come in altre parti del mondo, il massimo impegno e la massima cura da parte del produttore di energia elettrica, delle autorità di sicurezza e delle autorità centrali e periferiche.
Le condizioni generali per la scelta dei siti sono che: a) il sito è considerato un ambiente caratterizzato dalla presenza di esseri naturali e viventi, tra cui l'uomo. Il r. n. comporta rischi potenziali, raggi gamma, ecc. e ha un "impatto" sul sito, principalmente a causa del rilascio degli effluenti radioattivi (131I, 137Cs, 106Ru, ecc.); b) il sito influenza continuamente la gestione di una centrale nucleare.
Tali considerazioni devono essere descritte dettagliatamente e valutate numericamente avendo cura di ridurre l'influenza che il r. ha sull'ambiente, sia in condizioni normali sia accidentali, di progettare l'impianto tenendo conto dell'impatto che il sito esercita su esso, di paragonare il livello di radioattività degli effluenti al livello naturale di radioattività presente nel sito in esame, d'ipotizzare situazioni accidentali e di definire, infine, un accurato piano di emergenza per l'evacuazione rapida della popolazione in caso d'incidenti.
Un altro problema connesso con l'ubicazione di una centrale nucleare, anche se tali inconvenienti esistono per le centrali termiche convenzionali, è lo smaltimento del calore con conseguente alterazione dell'acqua di raffreddamento. Mentre infatti la tecnologia ha permesso di ridurre notevolmente gl'inconvenienti relativi al rilascio di sostanze radioattive, lo smaltimento termico rimane un elemento di maggiore impatto tra ambiente e impianto.
Le caratteristiche del sito che vengono prese in esame per l'ubicazione di un r. n. sono: a) la distribuzione della popolazione con la prevedibile evoluzione negli anni, la ripartizione del territorio tra attività agricole, industriali e sociali, la presenza di reti di comunicazione; b) la meteorologia regionale e locale e la diffusione e il trasporto degli effluenti gassosi; c) l'idrologia, al fine dello smaltimento degli effluenti liquidi e dello smaltimento termico; d) la geologia e la sismologia; e) l'ecologia, per lo studio degli effetti delle radiazioni e della radioattività degli effluenti sulla flora e sulla fauna, con particolare riferimento all'uomo; f) la radioattività naturale o preesistente. Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. L. Gray, I. N. McKay, The present status and future development of Heavy Water Reactors in Canada, Giornate dell'energia nucleare, Milano 1972; P. U. Fischer, L. Meyer, Nuclear power stations equipped with high temperature gas-cooled reactors, ibid.; American nuclear society, Conference on nuclear power plant siting, Hinsdale, Ill., 1974; IAEA (International Atomic Energy Agency), Symposium on experience from operating and fuelling nuclear power plants, Vienna 1974; IAEA, Conference on fusion reactor design problems, ivi 1974; F. Favero, R. Casini, La centrale nucleare con reattore veloce di Creys-Malville, Congresso dell'AEI (Associazione Elettrotecnica Italiana), Bari 1975; IAEA, Operating experience with nuclear power stations, in member states in 1974, Vienna 1975. Inoltre: Notiziario CNEN, Roma.