effettore allosterico
Legante in grado di modulare la posizione dell’equilibrio tra due (o più) conformazioni di proteine oligomeriche, regolandone in tal modo l’attività fisiologica (per es., influenzando l’azione catalitica di un enzima su un substrato). L’aggettivo allosterico descrive interazioni di tipo indiretto tra due o più siti ben distinti. Il termine ‘indiretto’ ha un doppio significato: (a) segnala la differenza, per es., con le inibizioni di tipo competitivo che si producono sugli enzimi mediante la competizione del substrato e dell’inibitore per un sito comune ai due leganti, sito che corrisponde al centro attivo dell’enzima; (b) indica che i due o più siti (accoppiati funzionalmente tra loro mediante azioni e reazioni reciproche) sono spazialmente lontani. Molti oligomeri, la cui attività è basata su un meccanismo allosterico (vale a dire su cambiamenti strutturali che permettono di spiegare le proprietà funzionali), mostrano la coesistenza di interazioni di tipo cooperativo (od omotropico) tra leganti identici (per es., tra le 4 molecole di ossigeno che si associano agli emi di un tetramero di emoglobina Hb), e di interazioni di tipo regolatorio (o eterotropico) tra leganti diversi (per es., tra una molecola con attività regolatoria, quale un inibitore o un attivatore, e un substrato). Si sta però affermando sempre più la tendenza a considerare come sinonimo di effettore allosterico solo il termine legante o effettore eterotropico. Si stanno dunque tralasciando i leganti omotropici che in termini rigorosi dovrebbero essere anch’essi considerati effettori allosterici, nel senso che sono in grado di modulare l’affinità per le altre molecole di substrato che si legano a un oligomero mediante l’induzione di variazioni conformazionali. Gli effettori allosterici sono pertanto costituiti da unità strutturali (ioni e molecole elettricamente neutre) piccole rispetto alla grandezza della proteina oligomerica di cui governano la funzione, e – quel che è più importante – di forma e composizione del tutto diversa da quella del substrato. Le varie affinità dell’Hb per l’ossigeno molecolare (O2) che si osservano in presenza di effettori allosterici come il 2,3-bifosfoglicerato, i cloruri e gli ioni idrogeno, per es., sono tutte da attribuirsi alla loro associazione con la proteina di cui stabilizzano conformazioni diverse; tutti questi leganti eterotropici o effettori allosterici interagiscono con siti più o meno distanti dagli emi dell’Hb, di cui abbassano l’affinità per l’O2 producendo la formazione di legami a idrogeno addizionali che in modo specifico stabilizzano e rendono maggiormente compatta la struttura T dell’Hb. In generale, se non si osservano cambiamenti della massa della proteina (ovvero, se non c’è una dissociazione della proteina nelle sue subunità), il termine cambiamento allosterico, indotto dai leganti eterotropici, è usato per descrivere ogni modificazione della struttura proteica a qualsiasi livello, sia dentro un oligomero, sia fra le subunità della proteina. Per una maggiore precisione terminologica, nel caso di una proteina oligomerica che va incontro a dissociazione in dimeri e/o in monomeri si parla di effetto polisterico piuttosto che allosterico. Studi cristallografici di vari oligomeri, emoglobina, enzimi (come la fosfofruttochinasi, che controlla la velocità della glicolisi nelle cellule), recettori di membrana (per es., quelli dell’acetilcolina), recettori che si trovano nel nucleo delle cellule (per es., i recettori per gli estrogeni), hanno mostrato che la distanza media tra i gruppi che legano un effettore allosterico e il sito biologicamente attivo a esso accoppiato è di 3÷4 nm. I siti di legame per i leganti con attività regolatoria (ma anche per farmaci e xenobiotici in generale) nella gran parte dei casi sono situati o alle interfacce tra le subunità dell’oligomero (differenti interfacce accolgono categorie diverse di effettori allosterici), o nella cavità che si trova lungo l’asse dell’oligomero. L’esistenza e l’importanza della cavità assiale come sito di interazione tra una molecola proteica e un effettore allosterico è stata per la prima volta dimostrata con il legame tra il 2,3-bisfosfoglicerato e l’Hb, che è poi servito come modello strutturale per l’azione di bloccanti naturali o sintetici che hanno come bersaglio un gran numero di canali ionici, compresi quelli del sodio e del potassio e i recettori nicotinici dell’acetilcolina.