Fenomeno consistente nell’emissione di elettroni dalla superficie di un metallo portato a temperatura sufficientemente alta. È un caso particolare di effetto termoionico e, come per quest’ultimo, la sua scoperta può farsi risalire a T.A. Edison, intorno al 1883 (➔ termoionico, effetto). Lo studio dell’effetto t. si attua ponendo entro un’ampolla a vuoto spinto il metallo (catodo) di cui si vuole studiare l’emissione, riscaldato direttamente oppure indirettamente mediante una corrente elettrica, e un elettrodo metallico (anodo) portato a potenziale positivo rispetto al primo e destinato a raccogliere gli elettroni emessi (ossia realizzando un diodo a vuoto); se la tensione è sufficientemente alta da annullare gli effetti di carica spaziale, tutti gli elettroni emessi sono raccolti dall’anodo (regime di saturazione) e l’intensità della corrente di questo elettrodo costituisce una misura della densità della corrente elettronica emessa dal catodo. L’esperienza dà per questa densità una relazione, detta di Richardson-Dushman, del tipo:
js = AT2 exp[−B/T],
dove T è la temperatura termodinamica del catodo, A e B due costanti caratteristiche del materiale con cui è fatto il catodo medesimo. Richardson cercò di ottenere teoricamente js calcolando, mediante la statistica di Maxwell-Boltzmann, il numero degli elettroni di conduzione che dall’interno del metallo giungono alla superficie con energia cinetica maggiore del lavoro di estrazione dal metallo, Φ, ottenendo l’espressione: js ∞ T1/2exp[− Φ/kT], con k costante di Boltzmann; si è giunti all’espressione corretta, js=AT2exp[−Φ/kT], solo grazie all’applicazione della statistica di Fermi-Dirac. Tubi termoelettronici Tubi elettronici nei quali gli elettroni sono emessi, per effetto t., da un catodo ad alta temperatura. Si tratta, propriamente, di tubi a vuoto spinto; nel caso infatti che il tubo sia a riempimento gassoso, si preferisce denominarlo tubo a gas o anche termoionico.