disegno
Un'idea, un'emozione, un progetto affidati a una trama di segni
Il disegno è una pratica comune a tutte le culture e a tutte le età dell'uomo. Per il bambino è uno strumento di conoscenza del mondo che lo circonda ed espressione del suo sviluppo percettivo e intellettivo; per i popoli non alfabetizzati è un mezzo di comunicazione visiva anteriore alla scrittura; per l'artista è un momento imprescindibile dell'ideazione e dell'esecuzione delle sue opere; per il designer è la progettazione della funzionalità e della qualità estetica dei prodotti dell'industria
Il sostantivo disegno definisce qualsiasi immagine prodotta da un tracciato lineare eseguito con strumenti come matita, penna, pennello, punta metallica, sanguigna.
Deriva dal verbo disegnare, che ha origine a sua volta dal latino designare, un termine che può essere tradotto in molti modi: "abbozzare, accennare, alludere, delimitare, tracciare, notare, segnare, imitare, scegliere, ordinare, disporre". Si tratta di significati che indicano sia il semplice abbozzo di qualcosa che si vuole ritrarre (una figura o un paesaggio), sia la precisa notazione delle sue caratteristiche (come il suo volume, i colori, il riflesso della luce sulle sue superfici).
Non diversamente da un testo scritto, infatti, un disegno può tracciare a grandi linee la raffigurazione di luoghi, figure umane, oggetti, situazioni o descrivere con estrema precisione la loro natura e il loro aspetto.
Tra le funzioni e le finalità del disegno vanno incluse anche l'imitazione e la copia, non solo di particolari aspetti del mondo naturale, ma anche di opere pittoriche, scultoree, architettoniche e grafiche scelte da un disegnatore dilettante o da un grande artista come modelli. La stessa scelta di un determinato modello al quale attenersi o semplicemente ispirarsi è un indizio della sensibilità, del gusto e della cultura del disegnatore. E "scegliere", come si è detto, è una delle tante, possibili accezioni del verbo latino designare.
La pratica del disegno è strettamente connessa all'ideazione e alla produzione artistica, ma anche ai molteplici aspetti del nostro vivere quotidiano, dalla progettazione architettonica e urbanistica a quella degli arredi d'interno, degli oggetti e degli strumenti tecnologici di cui ci serviamo, degli abiti che indossiamo.
Come definire, dunque, le molteplici funzioni e finalità del disegno? A quale tipo di espressione visiva è maggiormente affine?
La risposta che sembra più persuasiva è la seguente: il disegno è affine alla scrittura (alfabeto) poiché, come questa, è del tutto personale, tanto che si parla di disegni autografi (originali, di mano di un artista).
Sia il disegno sia la scrittura comunicano idee, esperienze, emozioni e ricordi sinteticamente, attraverso codici disegnativi (anche le lettere dell'alfabeto, le parole, le frasi sono, visivamente, sistemi di tracciati lineari). Concettualmente, però, il disegno può essere anche espressione dei processi inventivi e creativi degli artisti, degli artigiani, dei designer, e in tal caso si identifica con la progettazione. Ma non è solo questo.
Il disegno infantile, dagli scarabocchi dei primi anni di vita a forme più complesse e articolate è, per il bambino, uno strumento per conoscere gli innumerevoli aspetti della realtà che lo circonda e porsi in relazione con essa, ma è anche un test che rivela molti aspetti delle sue capacità di percezione e apprendimento.
In seguito, negli anni della scuola, l'insegnamento e la pratica del disegno divengono educazione all'immagine e alle sue innumerevoli apparenze. Tracciare su un foglio di carta una figura umana o un paesaggio osservati da diversi punti di vista è il procedimento più efficace per individuarne la struttura, i colori, la reazione alla luce che li investe o li sfiora. Raffigurarli con semplici linee su un foglio comporta però una serie di adattamenti e di riduzioni (riguardo alle dimensioni, al colore e alla luce), che implicano un processo di sintesi mentale delle loro caratteristiche formali.
Il disegno dell'allievo fornisce all'insegnante dati significativi circa la qualità e la maturità della sua percezione visiva ed emozionale, non diversamente dalla stesura di un tema. Ecco un'altra affinità tra il disegno e la scrittura , che riguarda, stavolta, non solo la forma esteriore, ma anche il significato. Troviamo conferma di questa affinità anche nella scrittura ideografica, basata non su caratteri alfabetici, ma sulla raffigurazione schematizzata di oggetti materiali, nozioni, idee, che è alla base dell'antica scrittura dei Sumeri e degli Egizi (geroglifici) e della scrittura cinese (Cina).
Il disegno ha una finalità decorativa negli ornati, scanditi in fasce orizzontali, che rivestono le superfici del vasellame (ceramica) prodotto in Grecia fra il 1000 e il 700 a.C. Sono testimonianze del cosiddetto stile geometrico, i cui motivi ricorrenti, punti, rette, cerchi e meandri a nastro risaltano, per il colore nero, sui colori ocra dell'argilla cotta.
In seguito, tra il 700 e il 550 a.C., la decorazione della ceramica greca si apre alle suggestioni delle civiltà orientali e ne adotta i fantasiosi motivi floreali e le figure di animali reali e immaginari. Al disegno, in questo tipo di produzione, è sovrapposta una stesura pittorica.
Nella Magna Grecia, in Etruria e nell'Impero Romano la pittura vascolare assume a modello la produzione ceramica dell'Attica senza raggiungerne però l'eleganza formale; quanto alla produzione di area bizantina (3°-5° secolo), è caratterizzata da ornati simbolico-religiosi.
Nel Medioevo, tra 9° e 11° secolo, la decorazione della ceramica si estende in Italia, e successivamente in Europa, a un genere particolare importato dall'Oriente, quello della piastrella maiolicata, usata come elemento decorativo dell'architettura.
Con le invasioni e le dominazioni barbariche la cultura e la sua diffusione finirono con l'essere relegate all'interno dei monasteri (abbazie), dove, in appositi locali (scriptoria), i monaci continuarono a ricopiare antichi testi di diritto, di teologia, di medicina, di storia e di letteratura. L'attività di questi monaci amanuensi fu molto intensa tra il 9° e il 12° secolo.
Nei manoscritti il disegno può assolvere sia una semplice funzione decorativa, sia una funzione complementare a quella del testo scritto. Alla loro stesura, infatti, collaboravano il copista, che copiava il testo, e il miniatore, il quale decorava le tavolette che fungevano da copertina e le lettere iniziali dei singoli capitoli (capilettera). Queste ultime erano di corpo molto più grande delle altre, tale da racchiudere, soprattutto in età rinascimentale, piccole figurazioni colorate ad acquerello o a tempera, a volte impreziosite da lumeggiature in oro.
Col tempo si andarono affermando altri modelli di decorazione e di commento visivo al testo scritto, come l'incorniciatura parziale o totale del frontespizio e delle pagine interne, brevi fregi ad apertura o a chiusura dei capitoli (finalini) o vere e proprie illustrazioni a piena pagina, soluzioni che ritroveremo nel libro a stampa. Nei manoscritti decorati da fregi o figurazioni a più colori il disegno, per lo più a penna, costituisce la struttura portante del colore, con il quale si amalgama.
Il disegno come guida o tracciato di un dipinto lo si ritrova anche nella pittura ad affresco: le cosiddette sinopie sono sommarie definizioni a pennello, su uno strato ancora scabro (arriccio), delle figurazioni pittoriche che in seguito saranno sovrapposte a esse sull'intonaco liscio.
Di colore rosso, ricavato da una terra originaria di Sinope (città turca sul Mar Nero, da cui il loro nome), esse vengono alla luce mediante una particolare tecnica di restauro (lo strappo), in grado di separare la soprastante pellicola pittorica ‒ quando il suo stato di conservazione lo richieda per ragioni conservative ‒ dalla sottostante traccia disegnativa. Questo particolare tipo di disegno, ultima elaborazione grafica dell'affresco e ormai parte della sua fase esecutiva, è definito 'disegno strumentale'. Ve ne sono alcuni esempi a Pisa, relativi agli affreschi del Camposanto monumentale 14°-15° secolo e altri, dovuti al pittore toscano Masolino da Panicale, nella basilica di S. Clemente a Roma (1428 circa). Il tardo Medioevo ci ha tramandato anche una documentazione relativa ai modelli usati dagli apprendisti, all'interno delle botteghe, per imparare a conoscere le tecniche del disegno e il loro uso.
Sono i cosiddetti taccuini, piccole antologie di disegni del maestro che gestiva la bottega, o di altri artisti, sulle quali gli allievi si esercitavano traendone copie utili per sviluppare le loro capacità espressive come artisti autonomi.
Per comprendere il cambiamento che avviene nella considerazione del disegno fra il Medioevo e il Rinascimento, si può confrontare il Libro dell'Arte di Cennino Cennini, manuale di consigli per gli allievi delle botteghe d'arte scritto alla fine del Trecento, e il trattato Della pittura (1435) di Leon Battista Alberti, il teorico della prospettiva rinascimentale.
Cennini consiglia all'apprendista pittore di disegnare quotidianamente sia da modelli del maestro sia dal "naturale" per diventare "sperto, pratico e capace di molto disegno entro la testa". Questo esercizio gli consentirà di avere inventiva e abilità manuale tali da far apparire come naturali immagini irreali, rese verosimili dalla finzione artistica.
Per Alberti, invece, che concepisce la pittura come scienza dello spazio, compito del pittore è raffigurare soltanto aspetti del mondo visibile. Le linee di contorno dei suoi disegni dovranno essere sottilissime, quasi invisibili, poiché sono pure astrazioni mentali, come le linee immaginarie con le quali il pittore costruiva, nel Rinascimento, la prospettiva dei suoi dipinti.
Nella raccolta postuma di appunti che va sotto il nome di Trattato della pittura Leonardo da Vinci afferma che al disegno spetta soltanto la definizione lineare dei corpi, mentre lo svanire della luce nell'ombra spetta a un altro tipo di prospettiva, quella "aerea". L'artista riuscì a rappresentare questo passaggio dalla luce all'ombra utilizzando, nei suoi disegni, la tecnica dello 'sfumato', adatta a ottenere un senso fluido dello spazio. Per Leonardo, il disegno è anche uno straordinario strumento di indagine scientifica dell'anatomia umana, del mondo vegetale, dei fenomeni naturali.
Michelangelo esprime la sua concezione del disegno nella risposta a un'inchiesta, promossa a Firenze tra gli artisti toscani circa la superiorità della pittura o della scultura: il grande artista afferma che nessuna delle due arti è superiore all'altra, perché sono entrambe figlie del disegno. Questa concezione verrà condivisa da Giorgio Vasari, architetto, pittore e biografo dei maggiori artisti attivi dal Medioevo al primo Cinquecento, che definisce il disegno "padre delle tre arti nostre, Architettura, Pittura e Scultura". È un'affermazione di grande importanza, che esalta l'aspetto intellettuale e inventivo del disegno e porta addirittura alla fondazione a Firenze, negli anni Sessanta del Cinquecento, di un'Accademia del disegno, segnando la cultura artistica toscana (e non solo) per molti decenni.
Da quel momento i disegni dei grandi maestri (Michelangelo, Raffaello, Leonardo,Tiziano, Correggio e altri) non vennero più utilizzati, come già accadeva, solo per motivi di studio, ma acquisirono il valore di opere d'arte autonome e divennero oggetto di collezionismo. Vasari, il maggiore collezionista di disegni del Cinquecento, oltre a conservare i fogli di sua proprietà incollati sulle pagine di un album, aveva tracciato intorno ad essi eleganti cornici architettoniche. Evidentemente li considerava veri e propri quadri.
La didattica del disegno. L'importanza del disegno crebbe a tal punto che nel Seicento i maggiori artisti furono definiti addirittura, grazie al titolo di una raccolta di biografie del collezionista Filippo Baldinucci, Professori del disegno.
Baldinucci era così esperto di opere grafiche che il cardinale Leopoldo de' Medici lo impiegò come consulente per la valutazione delle migliaia di disegni della sua collezione, che ora è conservata a Firenze, agli Uffizi, ed è una delle più straordinarie raccolte d'arte del mondo.
La didattica artistica era ormai da tempo ufficialmente affidata alle Accademie, nelle quali il disegno era considerato un'attività primaria. Il pittore marchigiano Federico Zuccari, principe dell'Accademia romana di San Luca, identificava addirittura il disegno con l'Idea divina che si trasmette all'intelletto dell'artista ("disegno interno"), il quale la rende visibile mediante il tracciato lineare ("disegno esterno"). Era una teoria che, affermando l'origine divina dell'ideazione artistica, individuava nel disegno il momento più alto dell'atto creativo.
Il dibattito sul disegno. Nel Seicento, il secolo del Barocco e delle scoperte di Galilei, gli artisti diedero vita a un curioso dibattito, una 'contesa' artistica. Da una parte si schierarono i sostenitori di un disegno dal puro tratto lineare, dall'altra quelli che preferivano un disegno non finito, di rapida stesura, ricco di effetti cromatici, come l'abbozzo. Da una parte gli artisti che prediligevano la linea di contorno, e di conseguenza la cultura classica, dall'altra quelli che si affidavano al colore e ammiravano la pittura barocca.
Le due fazioni o scuole si confrontarono a lungo, cercando di imporre ciascuna il proprio gusto. Ancora nell'Ottocento, i due massimi pittori francesi, Jean-Auguste-Dominique Ingres ed Eugène Delacroix, si misuravano su questo tema: disegno o colore? Ingres annotava: "Il disegno comprende tutto, tranne il colore", e certi suoi disegni a grafite appaiono quasi immateriali per la purezza della definizione lineare. Delacroix, invece, riteneva che l'abbozzo fosse "l'espressione pura" dell'opera pittorica, e preferiva affidare ai vortici lineari di rapidi schizzi, spesso eseguiti a penna e acquerellati, l'intuizione cromatico-luministica dei suoi dipinti.
Conclusasi la contesa fra sostenitori del disegno o del colore, nella seconda metà dell'Ottocento, con la nascita dell'industrial design, il disegno diventa essenzialmente progettazione di oggetti di uso quotidiano: arredi, utensili, automobili e strumenti tecnologici. In Italia l'apertura del mondo industriale alla collaborazione con architetti, artisti e designer ha coinvolto nel Novecento, a iniziare dagli anni del secondo dopoguerra, un numero sempre maggiore di imprenditori e industriali e le soluzioni del disegno industriale hanno impresso la loro traccia negli allestimenti di musei e mostre, negli arredi d'interno, negli accessori per la casa, nei prodotti dell'industria automobilistica e della tecnologia, nella moda.
Oltre a esprimere idee ed emozioni, il disegno ha svolto, presso i popoli primitivi, un'altra funzione, legata alla credenza nel potere delle immagini di allontanare magicamente influssi negativi. Questa funzione, detta apotropaica, è documentata dalle pitture (prevalentemente a tratto, come disegni) e nelle incisioni rupestri rinvenute nelle grotte di Altamira (Spagna settentrionale) e in una caverna di Lascaux (Francia meridionale), risalenti al Paleolitico superiore (17000-13000 a.C.). Raffigurano bisonti, cervi, cavalli e felini, immagini finalizzate a esorcizzare i pericoli della caccia e a incidere
sul suo buon esito.
"Il disegno è dunque l'arte di dare a ciascun oggetto la sua vera misura e proporzione, e di campire le forme con contorni diversi, per fissare le attitudini e l'espressioni di qualsiasi figura in qualunque caso". (Francesco Milizia, Dell'arte di vedere nelle belle arti del disegno secondo i principi di Sulzer e di Mengs, 1781). "Bisogna disegnare sempre, disegnare con gli occhi se non si può disegnare con la matita. Finché non farete procedere la riflessione con la pratica, non farete niente di veramente buono".
(Jean-Auguste-Dominique Ingres, Pensieri e massime, 1870).