malattie, diffusione e distribuzione
Malattie di tutti o solo di alcuni
La diffusione delle malattie nel mondo è determinata da molti fattori: climatici, alimentari, genetici, igienici, sociali, economici. A provocare la trasmissione delle malattie sono gli agenti infettanti – batteri, virus, protozoi, parassiti – che passano dal malato al sano facendolo ammalare, oppure da un animale all’uomo. Le malattie però non colpiscono ‘a caso’, e spesso cure preventive come i vaccini, o comportamenti igienici e alimentari più attenti possono aiutare a contrastarle. Una scienza chiamata epidemiologia si occupa di individuare le cause e i possibili rimedi alla diffusione delle malattie, specialmente di quelle infettive
Da sempre gli studiosi hanno cercato di capire come le malattie si diffondono osservando i singoli ammalati, studiando le differenze tra chi si ammala di una certa malattia e chi no, facendo esperimenti allo scopo di individuare le cause di una specifica malattia, il suo modo di diffondersi e i possibili rimedi. Nel passato, osservando che le persone che abitavano vicine tra loro sviluppavano le stesse malattie, e ancora prima di scoprire l’esistenza dei microrganismi che sono la causa del contagio, si pensava che a provocarle fosse l’aria malsana (la cosiddetta teoria dei miasmi).
La disciplina che studia la diffusione delle malattie si chiama epidemiologia. Gli epidemiologi sono come i detective: studiano i soggetti di una data popolazione che hanno contratto una malattia, fanno il confronto con chi non si è ammalato e cercano di capire perché ciò accade. Per formulare delle ipotesi e arrivare a conclusioni valutano fattori come la diffusione del morbo in base all’età, alla regione in cui vivono coloro che lo hanno contratto, al periodo di tempo in cui esso è insorto e, a volte, anche alle caratteristiche genetiche delle persone malate. Da tutti questi elementi spesso gli epidemiologi riescono a capire come e perché ci si è ammalati. Ciò permette di trovare le strategie per far rimanere sano chi è ancora in buona salute.
Nell’estate del 1854 a Londra si verificò un’epidemia di colera. All’epoca ancora non si sapeva che a causare il colera fosse un batterio (che fu scoperto solo nel 1883). Un medico londinese, John Snow, cominciò a segnare sulla mappa di Londra il luogo in cui avevano vissuto le vittime dell’epidemia: si accorse che il loro numero era molto più alto in una certa zona della città dove la gente si riforniva d’acqua (in quell’epoca non c’era l’acqua in casa) da una fontana pubblica che, tramite una pompa a mano, aspirava acqua da un tratto del Tamigi a valle della città, cioè dove passavano tutti gli scarichi convogliati nel fiume; le fontane dei quartieri vicini invece prendevano l’acqua del Tamigi più a monte, dove era più pulita. John Snow presentò le sue osservazioni alle autorità della città che, tempo pochi giorni, fecero chiudere la fontana. Presto l’epidemia si arrestò. Questo episodio dimostra che lo studio della distribuzione di una certa malattia può permettere di capire la sua causa e quindi prendere iniziative per evitarla. Chi oggi va a Londra può ancora vedere la storica fontanella, considerata un simbolo della scienza epidemiologica.
Le condizioni che permettono la diffusione delle malattie sono diverse e possono essere legate a fattori genetici, al clima, all’alimentazione, agli stili di vita, alle condizioni igieniche e alla presenza o meno di servizi di vaccinazione e cura. Un grande gruppo di malattie che spesso colpiscono le persone più giovani è quello delle malattie infettive, ossia quelle malattie causate dall’infezione prodotta da microrganismi che si riproducono nel corpo umano. Alcuni di questi agenti infettanti sopravvivono solo passando da una persona all’altra in quanto incapaci di vivere all’esterno del corpo umano. Ciò comporta che si diffondano più facilmente là dove le persone si incontrano (scuole, palestre, sale cinematografiche). Un esempio di questo genere di malattie è il morbillo, causato da un virus capace di vivere solo all’interno dell’organismo umano. Prima di guarire il malato può avere contagiato qualcun altro che, ospitando il virus, si ammala, rinnovando il ciclo del contagio.
Alcuni studiosi sono riusciti a determinare che il virus del morbillo è riuscito a sopravvivere sulla Terra passando da una persona all’altra da almeno 5.000 anni!
Chi ha avuto il morbillo una volta rimane protetto da ulteriori infezioni perché il suo sistema immunitario si ‘ricorda’ del virus ed è in grado di bloccarlo nel caso di una nuova infezione. Infatti gli adulti, che in genere hanno già avuto l’infezione, non si riammalano in quanto è come se si fossero vaccinati (vaccinazione), e non possono neanche contagiare altre persone.
È proprio grazie alle vaccinazioni che molte malattie infettive anche mortali, come il vaiolo, sono oggi quasi definitivamente debellate, oppure, come la difterite o la poliomielite, colpiscono soltanto quelle popolazioni che non sono state immunizzate con i vaccini.
Non tutte le malattie infettive si diffondono allo stesso modo. Alcune, causate da microrganismi capaci di vivere dentro gli animali, si prendono stando appunto vicino agli animali o mangiando cibi di origine animale: è il caso per esempio di tifo, paratifo e salmonella. Altre infezioni sono dovute a microrganismi che sono in grado di sopravvivere all’esterno del corpo di un vivente, nell’ambiente, come il batterio del tetano. Alcune infezioni virali o da parassiti possono essere trasmesse da insetti, come zecche e zanzare, per cui la loro presenza è correlata a quella di particolari insetti capaci di ospitare e trasferire all’uomo i microrganismi che causano la malattia.
Esempi di malattie da virus trasmesse da un tipo di zanzare (Aedes aegypti) che vivono in regioni dal clima caldo-umido sono la dengue e la febbre gialla. La dengue colpisce tra 50 e 100 milioni di persone l’anno nelle aree tropicali, subtropicali ed equatoriali, soprattutto dell’Asia ma anche del continente americano. Se nella maggior parte dei casi assomiglia a una banale influenza, ne esiste una forma più grave e a volte mortale, la dengue emorragica. La febbre gialla, così chiamata per il colorito giallastro della pelle dovuto all’intossicazione del fegato, è una malattia spesso assai grave, diffusa nell’Africa Centrale e nell’America del Sud. Contro la febbre gialla, peraltro, esiste un efficace vaccino.
In una zanzara del genere Anopheles si sviluppa invece un parassita (Plasmodium) che la zanzara può trasmettere all’uomo, causando una grave malattia ancora molto diffusa nel mondo e soprattutto in Africa, la malaria.
Il clima può spiegare la distribuzione di molte malattie infettive. Nei climi caldi alcuni batteri possono vivere e riprodursi più facilmente negli alimenti. Per esempio, in Africa le malattie intestinali costituiscono un problema rilevante e i bambini che ne soffrono non riescono a crescere bene.
Anche la diffusione di malattie che non sono infettive può essere spesso spiegata e prevista. Alcune hanno ragioni genetiche (genetica) e la loro distribuzione è dovuta alle alterazioni del patrimonio genetico di una certa popolazione: è il caso, per esempio, di una forma di anemia chiamata talassemia, in Italia diffusa soprattutto in Sardegna e nella valle del Po. Per altre malattie non infettive assai diffuse come i tumori e le malattie cardiache o vascolari (infarto e ictus) sappiamo che il loro verificarsi dipende molto dalle nostre abitudini quotidiane: cosa mangiamo, se fumiamo, se facciamo ginnastica o stiamo sempre fermi. Anche per queste malattie lo studio della loro distribuzione ha permesso di trovare le migliori strategie di difesa: per esempio, poiché risulta che c’è correlazione tra l’infarto e un’alimentazione molto proteica, il fumo e la vita sedentaria, il modo migliore per evitarlo è mangiare frutta e verdura fresche, non fumare e fare sempre attività sportiva.
Certamente le abitudini alimentari possono spiegare la distribuzione di certe malattie. Per esempio in Giappone è stata osservata una elevata frequenza di tumori dello stomaco, spiegata poi con l’assunzione abituale di cibi conservati sotto sale. La controprova è stata fornita dall’osservazione che i tumori diventano meno frequenti tra i Giapponesi che, andando a vivere all’estero, cambiano le loro abitudini alimentari. E ogni anno, per un peccato di gola, un certo numero di Giapponesi muore per aver mangiato pesci come il pesce palla o il pesce istrice, gustosi ma ricchi di una neurotossina mortale che anche a piccolissime dosi causa una paralisi muscolare irreversibile.