In grammatica, la capacità di confronto che possiede l’aggettivo (e l’avverbio) e che trova espressione in mezzi morfologici e sintattici. Questo confronto parte da una forma normale, detta positiva, alla quale si oppone quella comparativa prima e superlativa poi. Il comparativo (o grado comparativo) può essere di uguaglianza, di maggioranza, di minoranza, ed è espresso di regola in italiano con una costruzione sintattica. Il superlativo si distingue in assoluto e relativo, secondo che indichi una qualità posseduta in grado massimo senza confronti, o relativamente ad altri termini di paragone. Il primo si esprime per mezzo di un suffisso, che è di regola -issimo (per pochi aggettivi -errimo, e per alcuni -entissimo); il secondo ha formazione analitica. Comparazione irregolare hanno gli aggettivi buono, cattivo, grande, piccolo, alto, basso e qualche altro, accanto però alle forme regolari. Si hanno inoltre comparativi e superlativi isolati: anteriore, posteriore, primo, ultimo. Il superlativo assoluto si può anche ottenere rafforzando l’aggettivo con avverbi di quantità (assai bello), con prefissi (stufo - arcistufo), con raddoppiamento (alto alto) o con altri aggettivi (pieno zeppo). Nella c. di maggioranza e di minoranza, il secondo termine di paragone è introdotto dalla preposizione di, più raramente dalla congiunzione che, se segue un nome; dalla congiunzione che negli altri casi. Non hanno capacità di confronto gli aggettivi che esprimono qualità assolute, quelli cioè che indicano appartenenza a luogo, tempo, materia o forma geometrica, benché si usino nelle forme comparative in frasi espressive («più napoletano di lui non c’è nessuno»). Si hanno talvolta comparativi e superlativi di sostantivi, anche come costituenti di locuzioni avverbiali (a prestissimo). Tra gli avverbi, hanno la comparazione quelli di maniera e alcuni fra quelli di tempo, di luogo e di quantità.
Interessa non la morfologia ma la sintassi e la stilistica il cosiddetto comparativo assoluto, nel quale cioè alla forma del comparativo, per lo più di maggioranza, non segue, perché intenzionalmente taciuto, il secondo termine di confronto; è uno stilema molto sfruttato nella pubblicità.
Le proposizioni comparative compiono nel periodo la funzione che ha nella proposizione il complemento di paragone, e anch’esse dipendono da aggettivi o avverbi di grado comparativo («abbiamo meno tempo di quanto ci occorrerebbe»). La forma del verbo è sempre esplicita; soltanto le proposizioni introdotte da piuttosto che hanno l’infinito.