Termine con cui si intende l'attività di ricerca che si fonda sull'approccio comparativo allo studio di fenomeni distinti, separati gli uni dagli altri nel tempo e/o nello spazio. In alcuni campi del sapere esistono settori specialistici che vantano una piena autonomia disciplinare fondata su affermate tradizioni (anatomia comparata, diritto comparato, letteratura comparata, linguistica comparata). In altri, invece, la varietà di approcci e di implicazioni teoriche e metodologiche insite nel c. è tale da rendere impossibile la formazione di una disciplina a sé stante. Ciò si verifica, in particolare, all'interno della ricerca storica, tradizionalmente considerata come disciplina dell'individuale e dell'irripetibile. Tuttavia, nel momento in cui si è costituita come scienza, anche la storia si è aperta alla comparazione, che è apparsa lo strumento più efficace per giungere all'individuazione di eventuali regolarità all'interno dei fenomeni storici e proporne spiegazioni. Alle sue origini la storia comparata è quindi strettamente interconnessa, da un lato, con le teorie generali della storia, dall'altro, con gli sviluppi delle scienze sociali. L'adozione del metodo comparativo da parte della linguistica e i successi da questo ottenuti sono stati di ulteriore stimolo.
I primi accenni di formazione del metodo comparativo si trovano nella crisi dell'umanesimo per un verso e nel trionfante scientismo dall'altro, che caratterizzano il sec. 16° nella sua seconda metà e il sec. 17°; ma esso è al centro delle ricerche dell'illuminismo anglo-francese-tedesco del sec. 18°, che pongono già le fondamenta del metodo c. vero e proprio. Questo trionferà nella seconda metà del 19° secolo, accompagnandosi col positivismo che, mutuandolo dalle scienze naturali prese a modello di ogni indagine, fa del comparativismo il suo metodo ufficiale in tutti i campi, cercando di stabilire le tappe o stadî dell'universale evoluzione. Così, anche per via dell'evoluzionismo positivista, il metodo c. nella linguistica è spinto alle estreme conseguenze da A. Schleicher; sulla base di esso si afferma l'etnologia con Ch. R. Darwin, T. Waitz, A. Bastiani e J.C. Frazer e dall'una e dall'altra, pur con diversi intenti, lo adotta quella che si chiama qua e là ufficialmente "storia" e "scienza" c. delle religioni. La sociologia di A. Comte e di H. Spencer lo adotta come metodo universale per l'indagine della storia in tutti i suoi rami. Solo in Germania il metodo trova oppositori e critici: rimane a fecondare le indagini di economia, di antropologia e di sociologia; sollecita l'opposizione degli storici politici, da L. Häusser a J.G. Droysen. Critico nei confronti dell'uso del metodo c. in etnologia fu anche F. Boas, che alle eccessive generalizzazioni degli evoluzionisti oppose lo studio specifico di singole culture e dei loro processi di sviluppo. Nel sec. 20°, il metodo c. non si presenta più col semplicismo dell'età precedente, è rifiutato dallo storicismo "assoluto" in Italia e parzialmente anche in Germania, mentre - per il più ampio contatto tra scienze morali e progresso scientifico - domina ancora, meglio scaltrito, nelle indagini storiche del mondo anglosassone. Nell'antropologia americana il metodo c. è stato ripreso, con modalità e scopi diversi, dalla scuola neoevoluzionista.