COLLI (Colli Ricci), Giuseppe, dei marchesi di Felizzano
Nacque a Saluzzo il 9 settembre del 1870 dal gen. Corrado, che era stato ultimo colonnello degli "ussari di Piacenza", discendente di famiglia di belle tradizioni militari, e da Maria Faussone. Uscito nell'89 dalla Scuola militare di Modena con il grado di sottotenente dei lancieri Novara, si vuole che un viaggio in Oriente lo determinasse alla scelta coloniale. Nel 1896 seguì in Eritrea il gen. Baldissera e partecipò alla liberazione di Kassala al comando di uno dei primi gruppi "meharisti" e organizzando i servizi d'informazione della colonia che nel gennaio 1897 consentirono al gen. Viganò di riunire tempestivamente in Agordat truppe nazionali e indigene in numero tale da respingere gli assalti dei Dervisci.
Nominato residente a Mogolo, nel Baria Eghir, quindi residente del Baria Nogareb in Agordat, con giurisdizione su tutto il territorio confinante ad Ovest con il Sudan anglo-egiziano e a Sud con l'indefinito e irrequieto confine abissino (territorio dei Cunama), da tali posizioni raccolse preziose informazioni sulle quali si baserà il primo commissario civile della colonia, l'on. Ferdinando Martini, per la nuova contrattazione dei confini con il Sudan e l'Etiopia. Nel Diario eritreo del governatore Martini il giovane tenente C. si trova frequentemente e apprezzativamente menzionato.
Impiegato nella delimitazione del confine eritreo-sudanese-etiopico, il risultato di tale lavoro - eseguito congiuntamente alla delegazione inglese diretta da R.A.J. Talbot - costituirà la convenzione Talbot-Colli del 16 apr. 1901 cui era annessa una carta geografica dei territori esaminati. L'accordo preliminare fra i rappresentanti italiani (Martini, Agnesa, Ciccodicola, Bodrero) e inglesi (sir Rennel Rodd, A.E.W. Gleichen, sir John Harrilton) fu sottoscritto a Roma il 22nov. 1901: esso prevedeva, rispetto alla convenzione Talbot-Colli, la rinunzia alla linea dell'Atbara e l'acquisizione all'Eritrea della regione dei Cunama. La nuova sistemazione dei confine eritreo-sudanese-etiopico sarebbe stata poi perfezionata in Addis Abeba con il trattato del 15 maggio 1902tra l'imperatore Menelik II ed i rappresentanti dei governi italiano e britannico. L'abbandono della linea di frontiera eritreo-sudanese stabilita dalla convenzione Talbot-Colli avrebbe suscitato qualche polemica: il senatore G. Vigoni se ne faceva portavoce in Senato in una interpellanza al ministro degli Esteri (12febbr. 1903) cui seguiva, sempre in Senato, un'ampia discussione. Il Vigoni vi qualificava la convenzione Talbot-Collì "perfetto documento diplomatico" e biasimava vivamente la rinuncia alla frontiera dell'Atbara per la perdita che essa comportava della via carovaniera di Kassala.
La carriera africana dei C. era ormai avviata. Il governatore Martini ottenne dalla Consulta che egli fosse destinato in qualità di segretario alla legazione italiana di Addis Abeba in vista specialmente delle trattative ancora in corso con l'Inghilterra per il confine con il Sudan. La legazione italiana in Etiopia era allora diretta dal maggiore Ciccodicola.
Il clima politico italiano di quegli anni, non particolarmente favorevole ad iniziative coloniali dopo il clamoroso fallimento della politica crispina, registrava tuttavia la tenace iniziativa dei nostri "coloniali" intesa ad una progressiva ricostruzione delle posizioni decadute dopo il trattato di Uccialli e con la pace di Addis Abeba del 26 ott. 1896. A stimolare i nostri rappresentanti contribuirono anche i grandi successi della diplomazia britannica in Etiopia. A capo della legazione inglese di Addis Abeba era da lunghi anni l'attivo e abile lord Harrington.
Il primo incarico diplomatico del C. in Etiopia lo portava ad affiancare in qualità di "osservatore" la missione Baird-Butter che nel novembre 1902 iniziava gli studi relativi alla delimitazione del confine tra l'Etiopia ed il Kenia con lo scopo avallato dal negus di tutelare gli interessi italiani impedendo che la nuova linea di demarcazione interrompesse le carovaniere che assicuravano il flusso del commercio fra la Somalia e le regioni dell'Impero etiopico nei territori dei Sidamo e dei Borana, sui fiumi Ganale e Sagan, fino ai laghi Margherita e Rodolfo. La spedizione durò per il C. otto mesi, e gli fece ripercorrere per primo i territori esplorati dal Bottego. Si adoperò con successo ad ostacolare le pretese inglesi su una parte del territorio dei Borana e pose le premesse per lo scambio di note del gennaio 1903 nel quale l'Inghilterra si impegnava a procedere di concerto con l'Italia alla delimitazione dei rimanenti confini anglo-etiopici e a non stringere accordo che potesse riuscire in pregiudizio degli interessi italiani. Un incidente di caccia del febbraio 1903 gli lese permanentemente la mano sinistra. Terminata la missione ai laghi Rodolfo e Margherita, abbandonò la spedizione in aprile.
Tenne della spedizione un diario personale e pubblicherà una relazione del viaggio dal titolo Nei paesi Galla a sud dello Scioa: relazione di viaggio del capitano conte G. Colli di Felizzano (in Boll. della Soc. geogr. ital., s. 4, XLII [1905], pp. 8-18, 100-118).
A Firenze nei tre anni successivi come ufficiale d'ordinanza del conte di Torino nel reggimento Piemonte Reale, tornò ad Addis Abeba nel 1907 per succedervi al Ciccodicola come incaricato d'affari a capo della legazione. Il 17 dicembre di quell'anno i capitani Bongiovanni e Molinari e gran parte del drappello di ascari perirono a Berdāle, nell'entroterra del Benadir, in uno scontro con un gruppo di armati abissini comandato dal Fitaurari Asfau. Il ministro degli Esteri Tittoni dette pubblicità all'incidente e, incaricò il C. di presentare formale protesta al negus, chiedendo la punizione dei colpevoli e la restituzione delle armi. La definizione dell'incidente presentò difficoltà in quanto sul territorio, di fatto occupato dagli Italiani, il trattato di pace del '96 aveva riconosciuto la sovranità etiopica. Il C. ottenne piena soddisfazione alle richieste, ma l'incidente di Berdāle ed altri incidenti minori dettero all'Italia occasione per sollecitare una nuova e più favorevole delimitazione della frontiera somalo-etiopica, con particolare riguardo all'entroterra del Benadir.
La precedente delimitazione stabiliva il confine a circa 180miglia dalla costa dell'Oceano Indiano sulla carta geografica dello Habenicht; tale accordo lasciava in sospeso la condizione della stazione commerciale italiana di Lugh e la garanzia delle vie di comunicazione della stessa col mare. Le sollecitazioni italiane per ottenere il possesso di Lugh erano state da ultimo rinnovate in occasione della visita del Martini ad Addis Abeba nel 1906. Menelik, pur dando assicurazioni circa lo statu quo, aveva rifiutato una modifica formale dei confini del '96. Un discorso del ministro Tittoni alla Camera del 13 febbr. 1908riproponeva ora ufficialmente la questione, e il C. era incaricato di intavolare ad Addis Abeba un negoziato che prevedeva una sostanziale modifica della frontiera del Benadir: si richiedeva una linea che partendo da Dolo per il quarto parallelo raggiungesse lo Uebi Scebeli, per seguire da questo punto la linea parallela alla costa fino al confine italo-britannico del 5 maggio 1894; si chiedeva, inoltre, la costituzione di una zona neutra a monte di Lugh. Il C. era conscio dell'importanza commerciale e politica dei nuovi territori richiesti: "Vittorio Bottego - scriveva nella citata relazione -, nel propugnare la stazione commerciale di Lugh aveva di mira i traffici coi Borana e, per mezzo di questi, quelli con le tribù più occidentali dei laghi Margherita e Rodolfo, dell'Orno. La conquista amhara non si era ancora estesa a queste regioni che, benché rozze e incivili, erano libere e propense ad avviare i loro prodotti verso l'Oriente e scambiarli con le mercanzie provenienti dalla Costa. Piena di speranze e di illusioni, apportatrice di civiltà per le tribù Galla, feconda di vantaggi economici e morali per noi, si apriva la via del Giuba". Tanto più che nel febbraio 1908 si erano conchiusi i negoziati anglo-etiopici per la frontiera del Kenia, ed il negus aveva accettato in quella contrattazione la linea di confine partente da Dolo.
Il C. condusse rapidamente a termine il negoziato: una convenzione del 16 maggio 1908dava sistemazione "definitiva" alla frontiera tra Somalia ed Etiopia, sostanzialmente secondo le richieste italiane. Altra convenzione, di pari data, sistemava la frontiera fra la Dancalia eritrea e l'Etiopia. Infine, unatto addizionale metteva a disposizione del governo etiopico la somma di tre milioni di lire quale "compenso per il notevole spostamento di frontiera. Nel presentare le tre convenzioni all'approvazione del Parlamento il 16 giugno 1908Tittoni si soffermava diffusamente sulla condotta delle trattative, elogiando l'opera del Colli. Il nuovo confine assicurato alla colonia del Benadir, diceva, "oltre d'includere nell'effettivo dominio dell'Italia le stazioni sul Giuba di Lugh e di Dolo assicura all'Italia il tracciato completo delle carovaniere che dagli scali del Benadir fannocapo a Lugh, garantendo il progressivo sviluppo commerciale della nostra Colonia" (Attiparlamentari, Camera, legisl. XXII, 1904-09, Docum., vol. XXX, n. 1076). I nuovi territori acceduti includevano la regione di Baidoa, chiamata il "granaio della Somalia".
La regolamentazione del confine dancalo-etiopico, oggetto della seconda convenzione del 16 maggio 1908, avveniva sulla base della linea, stabilita nel '97 a 60 km dalla costa e che la convenzione del 10 luglio 1900 relativa al confine sudorientale dell'Eritrea non aveva trattato, solo adattando per quanto possibile tale linea alla configurazione del terreno. L'elemento di maggior interesse nella contrattazione risultava rappresentato dal Piano del Sale, dai cui depositi salini si attingeva oltreché per l'alimentazione anche per foggiare il minerale in pezzi rettangolari ("amolié") aventi corso legale in tutta Etiopia come moneta divisionaria del tallero di Maria Teresa. La convenzione stabiliva la dipendenza delle singole tribù in base alle loro residenze ordinarie e tradizionali, trattandosi di tribù nomadi; inoltre, pur riconoscendo la preminenza degli interessi etiopici sul Piano del Sale, il C. otteneva il riconoscimento delle prerogative delle tribù dancale dipendenti dall'Italia, prescindendo dalla frontiera.
Con lettere credenziali di ministro plenipotenziario, il C. fu nominato nel ruolo diplomatico sia pure con il solo grado di consigliere (decreto del 2 maggio 1908).Uno scambio di note fra il ministro C. e l'imperatore Menelik intervenuto in Addis Abeba il 22-25 giugno del 1908 regolava infine le questioni commerciali di frontiera tra l'Etiopia e la Somalia italiana. Il testo ne veniva comunicato alla presidenza della Camera in forma di Libro verde.
Accordi anche questi di notevole importanza, ponevano le frontiere della Somalia nelle condizioni delle frontiere più favorite abolendo i divieti di esportazione per alcune merci tra le più ricche (avorio, zibetto ecc.), garantendo la protezione delle autorità etiopiche ai commercianti italiani provenienti dal Benadir, stabilendo regolari tasse doganali dove prima vigeva l'arbitrio dei capi delle regioni limitrofe, eliminando infine il pericolo che commercianti di altre nazioni potessero ottenere speciali diritti che avrebbero annullato i vantaggi derivanti dalla posizione coloniale italiana. Nel quadro di una intesa tendente ad estendere il commercio tra l'Etiopia ed il Benadir e la Somalia veniva poi istituita, con sede permanente a Magalo, nel bassopiano galla-somalo, l'Agenzia commerciale degli Arussi, affidata al tenente di vascello Eugenio Cappello.
Tra il 1909 e il 1911 il C. curò la costruzione, su suoi disegni, della nuova sede della legazione italiana ad Addis Abeba, ottenendo da Menelik uno degli appezzamenti più belli della città, unico fra quelli delle legazioni che disponesse di una derivazione d'acqua perenne.
La malattia prima, e la morte poi (1913) di Menelik II aprirono in Etiopia un periodo di turbolenze interne tali da minacciare la disgregazione di quell'impero. Ad esse si innestarono, con l'esplosione della conflagrazione europea del 1914, più pressanti iniziative austriache da parte del nuovo console Schwimmer, tendenti ad influenzare il giovane, dissoluto e bellicoso successore Iyāsu (ligg Iasu) con forniture di armi e con una politica di penetrazione economica in funzione evidentemente antitaliana nella provincia di Aussa, rinfocolando nel governo etiopico le diffidenze verso la politica italiana, accusata di armare e dare asilo ai capi periferici per favorire la disgregazione a proprio vantaggio. Nel corso della guerra Iyāsu aveva abbracciato tendenze filoislamiche e assecondato intrighi turco-germanici ai danni dell'Intesa. La diplomazia occidentale riusciva a contrastare efficacemente tali influenze, e il C. esplicava un ruolo determinante nella preparazione dello schiacciante materiale d'accusa che porterà alla destituzione di Iyāsu. Presupposto di tale politica era stata la dissociazione da ogni agitazione periferica ed innanzi tutto da quella del deggiac Garessellassi nel Tigrai, oltre alla stretta intesa con la politica inglese.
Il C. lasciava Addis Abeba nel 1919, in momenti di profonda crisi dell'antico equilibrio d'influenza a lungo fondatosi sul tripartito anglo-franco-italiano del 13 dic. 1906 e mentre la questione dei compensi coloniali incrinava la solidarietà intesista di guerra. L'Italia aveva invano sperato di ottenere dalla Francia la cessione di Gibuti in base all'art. 13 del patto di Londra relativo ai compensi coloniali. La spartizione delle colonie tedesche accresceva nell'immediato dopoguerra il risentimento italiano.
Ministro a Stoccolma (decr. del 1° apr. 1920), quindi inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Buenos Aires (credenziali 6 ott. 1921), aveva già cessato di far parte dell'amministrazione dal 14 febbr. 1924 quando fu richiamato in servizio e inviato ad Addis Abeba a porre riparo ad una situazione fortemente deteriorata dopo lo scambio di note Mussolini-Graham del 14-20 dic. 1925. L'accordo - che prevedeva da una parte la costruzione di uno sbarramento sul lago Tana per immagazzinare acqua con cui alimentare il Nilo Azzurro, dall'altra la costruzione di una ferrovia Eritrea-Somalia -, inteso come un principio di spartizione di sfere d'influenza in Etiopia, sollevava proteste del reggente Tafari Maconnen, portate davanti alla Società delle nazioni di cui l'Etiopia era entrata a far parte dal settembre 1923. Il C., che tra i rappresentanti esteri aveva goduto del maggior prestigio personale presso i vecchi capi abissini, trovava ora un ambiente assai cambiato: col reggente Tafari non vi era molta simpatia, e meno ancora con i "giovani etiopici". La stessa politica italiana seguiva nuove direttive a seguito del cambio di regime. Egli riusciva tuttavia a placare le tensioni, che avevano trovato sfogo anche in una pesante campagna di stampa antitaliana di ispirazione governativa. Alla fine del 1926 il deggiac Garessellassi propose al C. ormai in procinto di tornare a Roma un patto di amicizia di cui palazzo Chigi prese buona nota e da cui avrebbe preso avvio la notevole convenzione per la costruzione di una strada camionabile fra l'Eritrea e l'Etiopia. Preparata dal C., la visita ad Addis Abeba del duca degli Abruzzi (maggio 1927) in restituzione di quella del reggente Tafari a Roma del 1924 avrebbe fornito l'occasione opportuna, anche data la presenza al seguito del duca del ministro Guariglia e del governatore Gasparini, per riprendere più concretamente l'affare della convenzione stradale (camionabile Assab-Dessié) ed avrebbe posto le basi per gli accordi italo-etiopici del 2 ag. 1928.
A succedergli nella direzione della legazione ad Addis Abeba era Giuliano Cora. In una lettera al Corriere della sera del 15 nov. 1927 dal titolo "Il capitale americano in Abissinia" il C. denunciava la penetrazione americana in Abissinia, favorita a suo giudizio da ras Tafari per fronteggiare quella inglese e quella italiana.
Il C. morì a Rapallo il 12 sett. 1937 ed è sepolto a San Michele di Pagana.
Fonti e Bibl.: Ministero degli Affari Esteri, Documenti diplom. presentati al Parlamento italiano dal ministro degli Affari Esteri (Tittoni) - Scambio di note del 22-25 giugno 1908 tra la legazione d'Italia in Addis Abeba e il governo etiopico..., Roma 1908; Id., Idocumenti diplom. ital., s. 4, XII (28 giugno-2 ag. 1914), Roma 1964, ad Ind.; s. 5, I (2 ag.-16 ott. 1914), ibid. 1954, ad Ind.; IV (25 maggio-23 ott. 1915), ibid. 1973, ad Ind.;VII (1° genn-15 maggio 1917), ibid. 1978, ad Ind.; s. 6, I (4 nov. 1918-17 genn. 1919), ibid. 1955, ad Ind.; C. Rossetti, Storia diplom. dell'Etiopia durante il regno di Menelik II, Torino 1910, pp. 263-267, 399-403, 407 s., 414 (ampiamente documentaria); Il conflitto italo-etiopico. Documenti, I, Dal trattato di Uccialli al 3 ott. 1935, Milano 1936, ad Ind.;M. Toscano, Francia ed Italia di fronte al Problema di Gibuti, in Riv. di studi polit. intern., VI (1939) pp. 35-85; Ministero della Guerra, Ufficio storico, La campagna 1935-36in Africa Orientale, Roma 1939, pp. 84, 248-51; G. Cora, L'Etiopia durante la prima guerra mondiale, in Rassegna ital. Polit., lett. ed artist., XXV (1942), pp. 436-448; Id., G. C. di Felizzano, in Riv. di studi Polit. intern., X(1943), 4, pp. 415-450; Id., Il trattato italo-etiopico del 1928, ibid., XV (1948), 2, pp. 207 ss.; F. Martini, Il diario eritreo [29 dic. 1897-31 genn. 1907], Firenze [1946], I-IV, ad Indices;C.Della Valle, Appunti di storia politico-commerc. della Somalia: E. Perducchi primo agente commerciale degli Arussi e l'importanza economica di Lugh, in Rivista delle colonie, XVII (1943), 5, pp. 414-424; G. Vedovato, Gli accordi italo-etiopici dell'agosto 1928, Firenze 1956, pp. 35 s., 48; F. Martini, Diario 1914-1918, a cura di G. De Rosa, Milano 1966, ad Ind.; G. P. Carocci, La Polit. estera dell'Italia fascista (1925-1928), Bari 1969, pp. 232, 376.