Chimica supramolecolare
La chimica supramolecolare (o supermolecolare o sopramolecolare) tratta di entità organizzate di elevata complessità che derivano dall'associazione di due o più specie chimiche, tenute assieme da forze intermolecolari. Il suo sviluppo richiede l'impiego di tutte le risorse teoriche e sperimentali della chimica molecolare combinate con manipolazioni ben progettate delle interazioni non covalenti, in modo tale da formare entità chiamate supramolecolari ovvero supramolecole (o supermolecole o sopramolecole) con caratteristiche ben definite. Si potrebbe affermare che le supramolecole stanno alle molecole e al legame intermolecolare, così come le molecole stanno agli atomi e al legame covalente. Le associazioni tra le molecole sono state individuate e studiate da molto tempo e il termine Übermolekül, cioè supramolecola, era stato introdotto già verso la metà degli anni Trenta del Novecento per descrivere entità dotate di un elevato grado di organizzazione, che derivavano dall'associazione di specie sature in maniera coordinata. Le entità associate in una specie supramolecolare sono state chiamate recettore molecolare e substrato. Quest'ultimo, in genere, è il componente più piccolo con il quale si cerca di ottenere un legame.
Le interazioni molecolari sono alla base di una serie di fenomeni estremamente specifici di riconoscimento, di reazione, di trasporto, di regolazione, e altro (fig. 1); di processi tipici della biologia, quali, per esempio, il legame tra un substrato e una proteina recettrice, le reazioni enzimatiche, la costituzione di complessi proteina-proteina, le associazioni immunologiche tra antigeni e anticorpi, i riconoscimenti intermolecolari, la traduzione e la trascrizione del codice genetico, la trasmissione di segnali attraverso neurotrasmettitori e il riconoscimento cellulare. La progettazione di molecole recettrici artificiali, abiotiche, caratterizzate da efficienza e selettività elevatissime, richiede una corretta manipolazione delle proprietà energetiche e stereochimiche delle forze intermolecolari non covalenti, quali le interazioni elettrostatiche, il legame a idrogeno, le forze di van der Waals.
Il legame di un substrato σ con il suo recettore ϱ porta alla formazione di una supramolecola ϱσ e implica un processo di riconoscimento molecolare. Se, oltre ai siti di legame, il recettore possiede anche funzioni reattive, esso può causare una trasformazione chimica sul substrato legato, comportandosi come un reagente o un catalizzatore supramolecolare. Un recettore lipofilico, solubile nelle membrane, può agire da trasportatore del substrato. Pertanto, il riconoscimento molecolare, la trasformazione e la ricollocazione, rappresentano le funzioni di base delle specie supramolecolari. Funzioni più complesse potrebbero risultare dall'azione associata di diverse subunità leganti in un corecettore politopico. In associazione con organizzazioni e fasi polimolecolari (strati, membrane, vescicole, cristalli liquidi), le supramolecole potrebbero portare alla formazione di dispositivi molecolari.
Il riconoscimento molecolare è stato definito come un processo che coinvolge il legame e la selezione di substrati σ da parte di una molecola recettrice ϱ, ed eventualmente una funzione specifica.
Il semplice legame non è un riconoscimento, sebbene venga spesso considerato tale. Si potrebbe dire che il riconoscimento è un legame dotato di uno scopo (così come i recettori sono ligandi con uno scopo). Esso implica una rete strutturalmente ben definita di interazioni intermolecolari. Il legame di σ e di ϱ crea una supramolecola caratterizzata da una specifica stabilità e da una determinata selettività cinetica e termodinamica, ossia dalla quantità di energia e di informazione coinvolte. Il riconoscimento molecolare, pertanto, è un problema di immagazzinamento e di rilascio di informazione a livello supramolecolare. L'informazione può essere immagazzinata nell'architettura del ligando, nei suoi siti di legame (natura, numero, disposizione), e nelle caratteristiche chimico-fisiche della superficie del ligando. L'informazione viene rilasciata alla velocità di formazione e di dissociazione della supramolecola. Il riconoscimento molecolare, dunque, corrisponde al contenuto specifico d'informazione di ϱ in relazione a un certo σ. Ciò equivale a un principio di doppia complementarità che si estende alle caratteristiche energetiche (elettroniche) e geometriche delle molecole: si tratta del famoso concetto chiave-serratura della compatibilità sterica già enunciato da Emil Fischer nel 1894.
Un riconoscimento più efficiente di quello fornito da un singolo processo di equilibrio, potrebbe essere ottenuto attraverso più passaggi intermedi e mediante l'accoppiamento con un processo irreversibile.
Nell'ambito delle scienze chimiche, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, le nozioni di riconoscimento molecolare e di chimica dei recettori, sono divenute particolarmente importanti in considerazione delle loro applicazioni nella biochimica e nella chimica organica.
La chimica delle molecole recettrici artificiali potrebbe essere considerata come una chimica di coordinazione generalizzata, non limitata solamente agli ioni dei metalli di transizione, ma estesa a tutti i tipi di substrati, come specie anioniche, cationiche o neutre di natura inorganica, organica o biologica. Per ottenere riconoscimenti di grande efficienza sarebbe conveniente che il recettore e il substrato avessero una superficie di interazione ampia. Ciò si verifica quando ϱ è in grado di interagire con il substrato creando un elevato numero di interazioni leganti non covalenti e quando ϱ e σ hanno un elevato grado di shape complementarity (complementarità di forma). Questo avviene con molecole recettrici contenenti cavità intramolecolari entro le quali il substrato riesce ad accomodarsi, dando vita a un complesso di inclusione, che nel prosieguo verrà chiamato criptato, mentre criptando sarà chiamato il recettore. In questi recettori concavi la cavità è rivestita da siti di legame specifici per le specie legate. Questo tipo di recettori sono endopolarofili e convergenti e vengono chiamati endorecettori.
Le strutture macropolicicliche possiedono tutto ciò che è necessario per progettare recettori artificiali. Esse hanno dimensioni elevate (macro) e possono pertanto contenere cavità e aperture di misura appropriata, numerosi rami, ponti e connessioni (policicliche) che consentono di costruire una specifica architettura dotata anche delle caratteristiche dinamiche desiderate. Queste strutture permettono l'esposizione di gruppi strutturali, ovvero di siti di legame e di funzioni reattive.
L'equilibrio tra rigidità e flessibilità è di particolare importanza per le proprietà dinamiche di ϱ e di σ. Sebbene si possano ottenere riconoscimenti efficienti con recettori rigidamente organizzati, i processi di scambio, regolazione, cooperazione e allosteria richiedono una flessibilità intrinseca tale che ϱ possa adattarsi e reagire a variazioni.
La flessibilità assume grande importanza nelle interazioni biologiche substrato-recettore in cui la capacità di adattamento è condizione necessaria affinché possa aver luogo una regolazione. Comportamenti dinamici di questo tipo sono più difficili da controllare della semplice rigidità. A questo riguardo risultano estremamente utili gli sviluppi recenti nelle metodologie di progettazione molecolare assistita da computer, che permettono l'esplorazione delle caratteristiche strutturali e dinamiche. La progettazione di nuovi recettori richiede lo studio sia delle caratteristiche statiche che dinamiche delle strutture macropolicicliche.
In altri termini, alcuni siti di legame si organizzano in arrangiamenti appropriati che favoriscono la formazione di particolari legami. I calcoli basati su modelli di aggregati, o cluster (NH3)n, con diverse geometrie hanno dimostrato che l'accumulo richiede energie più elevate delle variazioni di orientamento. Si potrebbe notare che queste forze repulsive tra siti emergano entro ligandi polidentati durante il corso di una sintesi.
Lo studio dei recettori che appartengono a varie classi di strutture macropolicicliche (macrocicli, macrobicicli, macrotricicli cilindrici e sferici, ecc.) ha indirizzato il lavoro sui criptati macrobiciclici cationici e verso la ricerca di strutture e di funzioni di supramolecole capaci di operare processi di riconoscimento molecolare, di catalisi e di processi di trasporto.
Una volta che siano state identificate le unità leganti per gruppi specifici, si può pensare di combinarne insieme un numero elevato entro la stessa architettura macropoliciclica. Vengono così formate molecole corecettrici politopiche che contengono parecchie sottounità di legame discrete, le quali possono cooperare per la complessazione simultanea di svariati substrati, oppure di una specie polifunzionale legata in maniera multipla. Opportune modificazioni potrebbero portare alla formazione di cocatalizzatori o cotrasportatori capaci di dar vita a una reazione o a un trasporto del substrato legato. Inoltre, per la loro capacità di eseguire riconoscimenti multipli e per mutui effetti di occupazione dei siti di legame, tali corecettori possono essere usati per modulare complessi comportamenti molecolari, quali fenomeni cooperativi, di allosteria, di trasduzione del segnale.
La più semplice classe di corecettori è quella dei corecettori ditopici, contenenti cioè due sottounità di legame, che possono appartenere a tipi strutturali diversi. La combinazione di frammenti chelati, tripodali e macrociclici dà vita a macrocicli, a macrobicicli assiali o laterali, oppure a strutture cilindriche macrotricicliche. A seconda della natura di queste unità, i corecettori che ne risultano possono legare ioni metallici, molecole organiche o entrambi.
Molecole corecettrici che contengono due o più subunità leganti per ioni metallici formano criptati dinucleari o polinucleari, nei quali la disposizione degli ioni metallici è determinata dalla struttura macropoliciclica. Questi complessi possiedono un numero elevato di proprietà, quali interazioni tra cationi, processi elettrochimici e fotochimici e fissazione di substrati a ponte. Queste proprietà sono estremamente interessanti sia dal punto di vista della progettazione di modelli biorganici, sia per la possibilità che offrono di dar vita a reazioni e catalisi multicentriche-multielettroniche.
Ligandi macrobiciclici assiali danno vita a criptati dinucleari tipo il complesso di Cu2+, illustrato nella fig. 2A, che è formato da un'ampia struttura esaimminica ottenuta da una condensazione multipla in un unico passaggio; la sua struttura cristallina è mostrata nella fig. 2B. I criptati a cluster, invece, possono essere formati mettendo insieme ioni metallici e specie ponte entro la cavità molecolare di recettori politopici (fig. 3A e 3B).
Molecole recettrici, che possiedono due subunità di legame localizzate ai due poli della struttura, si complesseranno preferenzialmente con substrati portanti due gruppi funzionali appropriati a una distanza compatibile con la separazione delle sottounità. Tale complementarità della distanza corrisponde a un riconoscimento della lunghezza molecolare del substrato da parte del recettore.
Questo riconoscimento molecolare lineare di substrati dicationici e dianionici corrisponde ai modi di legame illustrati nella fig. 4.
L'incorporazione di sottounità macrocicliche che legano gruppi −NH3+ entro strutture cilindriche macrotricicliche e macrotetracicliche crea corecettori ditopici che formano criptati molecolari con terminali cationi diammonici +H3N−(CH2)n−NH3+ . Nelle supramolecole che ne derivano il substrato è localizzato nella cavità molecolare centrale ed è ancorato dai suoi due gruppi −NH3+ nei siti di legame macrociclici, come mostrato nella struttura cristallina macrociclica riportata nella fig.5B. Variando la lunghezza dei ponti si modifica la selettività del legame a favore del substrato di lunghezza complementare. I dati di rilassamento NMR (→) (Nuclear magnetic resonance) hanno mostrato che i partner ottimali possiedono moti molecolari compatibili con quelli della coppia recettore-substrato. Pertanto, la complementarità nelle specie supramolecolari si esprime in un'adattabilità di carattere sterico e dinamico.
La combinazione di sottounità di legame di natura diversa produce recettori eterotopici che possono legare substrati interagendo simultaneamente con siti cationici e anionici neutri, utilizzando forze elettrostatiche, di van der Waals, ed effetti solvofobici.
Le ciclodestrine naturali sono state le prime molecole recettrici le cui proprietà di legame, nei confronti delle molecole organiche, hanno permesso di ottenere numerosi risultati sulle caratteristiche chimiche e fisiche della complessazione molecolare. In anni recenti sono stati sviluppati parecchi tipi di recettori sintetici macrociclici contenenti gruppi organici e funzioni polari diversi. Essi hanno la capacità di complessare substrati organici dotati, oppure privi, di carica. I risultati ottenuti, sebbene spesso descrivano semplici legami piuttosto che un reale riconoscimento, hanno prodotto un gran numero di dati e hanno reso possibile l'analisi delle caratteristiche fondamentali della complessazione molecolare e delle proprietà dei frammenti strutturali che devono essere usati per la progettazione di recettori.
Nei recettori anfifilici, che possiedono sia siti carichi sia residui organici, i quali proteggono i siti polari dalla solvatazione e accrescono le forze elettrostatiche, si instaura pertanto un'azione sinergica di effetti elettrostatici e idrofobici. Queste strutture macropolicicliche che contengono subunità polari leganti (speleandi), mantenute da componenti apolari che ne costruiscono la forma, costituiscono i criptati molecolari (speleati) attraverso un legame con il substrato. Legami anfifilici si creano anche in presenza di substrati anionici. Sistemi eterociclici carichi, come quelli che derivano dai gruppi piridinici, rappresentano un modo efficiente di introdurre simultaneamente interazioni elettrostatiche, effetti idrofobici, struttura e rigidità in un recettore molecolare: oltre a ciò, essi possono essere elettroattivi e fotoattivi.
La reattività e la catalisi costituiscono caratteristiche di grande importanza per i sistemi supramolecolari. I recettori molecolari che possiedono gruppi reattivi appropriati, oltre ai siti di legame, possono complessare un substrato (con certe caratteristiche di stabilità, di selettività e cinetiche), e reagire con esso (con una data velocità, selettività e un dato ricambio) e rilasciare i prodotti, rigenerando quindi il reagente per un nuovo ciclo (fig. 6). La reattività e la catalisi a livello supramolecolare coinvolgono pertanto due passaggi principali: la formazione del legame, che seleziona il substrato, e la trasformazione delle specie legate in prodotti. Entrambi i passaggi prendono parte al riconoscimento molecolare del substrato produttivo e richiedono la corretta informazione molecolare sul recettore reattivo. Rispetto alla catalisi molecolare, in questo caso viene coinvolta la formazione graduale di un legame che seleziona il substrato e precede la reazione stessa.
La progettazione di reagenti e di catalizzatori supramolecolari efficienti e selettivi potrebbe offrire informazioni sui meccanismi che intervengono negli stadi elementari della catalisi, fornire nuovi tipi di reagenti chimici, e produrre reazioni in grado di rivelare i fattori che contribuiscono alla catalisi enzimatica. Ciò ha portato a numerose ricerche che hanno fatto uso soprattutto di reagenti basati sulla α-ciclodestrina funzionalizzata, sui polieteri macrociclici e sui ciclofani.
I processi di scissione degli esteri sono stati molto studiati nelle ricerche sui modelli enzimatici. Polieteri macrociclici, aventi catene laterali con gruppi tiolo, scindono particolari esteri con un elevato incremento di velocità e discriminazione chirale (➔ chiralità). Le reazioni sono caratterizzate da: (a) elevata selettività rispetto al substrato; (b) marcati incrementi di velocità a favore del substrato estere dipeptidico; (c) inibizione da parte dei cationi metallici complessabili che spostano il substrato legato a essi; (d) elevato riconoscimento chirale tra esteri dipeptidici enantiomeri; (e) lento ma netto ricambio catalitico.
Lo sviluppo di una chimica di coordinazione anionica e di molecole recettrici ha reso possibile l'esecuzione di operazioni di catalisi molecolare su substrati anionici di interesse chimico e biochimico, come l'adenosintrifosfato (ATP). Si è scoperto che l'idrolisi dell'ATP viene catalizzata da diverse poliammine protonate policicliche. In particolar modo, la specie [1] lega fortemente l'ATP e accelera in maniera marcata la sua idrolisi ad ADP e fosfato inorganico in un intervallo di pH molto ampio.
[1] formula
La reazione decorre secondo una cinetica del primo ordine ed è catalitica con ricambio; procede attraverso la formazione iniziale di un complesso tra ATP e la struttura precedente protonata, cui segue una reazione all'interno del complesso che può coinvolgere la combinazione di catalisi acida, elettrostatica e nucleofila. La struttura [2]
[2] formula
rappresenta uno dei possibili modi di legame del complesso e indica in che modo potrebbe avvenire la scissione dei gruppi terminali fosforici. Un intermedio transitorio, identificato come il fosforamidato [3] viene formato dalla fosforilazione del macrociclo da parte dell'ATP e quindi idrolizzato:
[3] formula4.
La chimica organica dei processi di trasporto, sia di membrana sia delle molecole trasportatrici, è un campo sviluppatosi solo recentemente, sebbene le caratteristiche chimico-fisiche e l'importanza biologica dei processi di trasporto siano noti da molto tempo. La progettazione e la sintesi di molecole recettrici, che leghino in maniera selettiva substrati organici e inorganici, hanno reso disponibili un insieme di composti che, se resi solubili nelle membrane, potrebbero fungere da molecole trasportatrici e indurre un trasporto selettivo rendendo così le membrane permeabili alle specie legate. Pertanto, il trasporto rappresenta una delle caratteristiche funzionali fondamentali delle specie supramolecolari, insieme al riconoscimento e alla catalisi.
La chimica dei sistemi di trasporto comprende tre aspetti fondamentali: (a) la progettazione di agenti di trasporto; (b) l'identificazione dei processi di trasporto; (c) la ricerca di possibili applicazioni in chimica e in biologia. La permeabilità selettiva delle membrane può essere indotta da molecole trasportatrici o da canali transmembrana (fig. 7).
Il trasporto mediato da trasportatori consiste nel trasporto di un substrato attraverso una membrana, facilitato da una molecola trasportatrice. Il processo ciclico a quattro passaggi (associazione, dissociazione, diffusione in avanti e retrodiffusione, fig.7), rappresenta una catalisi fisica che produce un trasporto del substrato analogamente alla catalisi chimica che provoca una trasformazione del substrato nei prodotti. Il trasportatore è il catalizzatore del trasporto e la specie attiva è la supramolecola trasportatore-substrato. Il trasporto è un processo in tre fasi, mentre la catalisi chimica omogenea o il trasporto di fase avvengono, rispettivamente, in un singolo passaggio e in due passaggi.
La progettazione di trasportatori costituisce l'aspetto fondamentale della chimica organica del trasporto attraverso membrane, dal momento che il trasportatore determina la natura del substrato, le caratteristiche chimico-fisiche (velocità, selettività) e il tipo di processo (diffusione facilitata, accoppiamento a gradienti di flusso di altre specie, trasporto attivo). Il trasportatore deve essere estremamente selettivo, avere velocità di scambio e bilancio lipofilico/idrofilico appropriati e possedere gruppi funzionali adeguati ad accoppiamenti di flusso. Il processo di trasporto dipende anche dalla natura della membrana, dalle concentrazioni nelle tre fasi e dalle altre specie presenti.
Un obiettivo fondamentale della chimica del trasporto è quello di progettare trasportatori e processi che coinvolgano il flusso accoppiato di due o più specie nella stessa direzione (simporto) oppure nella direzione opposta (antiporto). Questi processi vettoriali paralleli e antiparalleli rendono possibile la costruzione di sistemi a pompa in cui una specie viene trasportata dalla differenza di potenziale creato dai gradienti chimico-fisici di elettroni (gradienti di ossidoriduzione), di protoni (gradienti di pH), o di altre specie (gradienti di concentrazione). A questo scopo possono essere utilizzati contemporaneamente due o più trasportatori particolari per specie diverse, oppure possono essere introdotte delle subunità appropriate in una specie singola, che diventa così un cotrasportatore.
I canali transmembrana rappresentano un tipo speciale di agenti a più unità, che permettono il passaggio di ioni o di molecole attraverso le membrane tramite un flusso o un meccanismo di salto da un lato all'altro. Essi svolgono un ruolo importante nel trasporto biologico. Sono stati studiati canali peptidici naturali e sintetici (gramicidina A, alameticina) e per cationi. Canali cationici artificiali potrebbero fornire informazioni fondamentali sul meccanismo del flusso cationico e della conduzione entro i canali stessi.
La chimica supramolecolare è fondata su recettori molecolari organizzati in modo più o meno rigido, ottenuti per via sintetica, in grado di eseguire processi di riconoscimento molecolare, di catalisi e di trasporto. A un gradino più avanzato rispetto ai sistemi preorganizzati si trova la progettazione di sistemi soggetti ad autoorganizzazione, cioè in grado di generare spontaneamente architetture molecolari funzionali ben definite tramite l'autoassemblaggio dei componenti secondo una serie di condizioni. Possiamo avere, quindi, degli assemblaggi progettati di elementi entro specie supramolecolari discrete ben definite, oppure formazioni spontanee di strati molecolari, di film, di membrane, e così via. I fenomeni di autoassemblaggio richiedono la formazione di legami. L'informazione e l'algoritmo (cioè le regole di costruzione) devono essere immagazzinate entro i vari componenti e operare attraverso interazioni molecolari selettive affinché un processo autoorganizzativo abbia effettivamente luogo. Pertanto, sistemi di questo tipo potrebbero essere chiamati sistemi molecolari e supramolecolari programmati, in grado di generare entità organizzate seguendo un piano definito basato su fenomeni di riconoscimento molecolare. L'autoorganizzazione rappresenta una caratteristica fondamentale della chimica supramolecolare, poiché essa si basa su interazioni intermolecolari, mentre la preorganizzazione utilizza legami covalenti. Si noti che ciò corrisponde a un processo di replica (non covalente) a livello supramolecolare.
Fenomeni di autoorganizzazione possono aver luogo in soluzione, in fase liquida cristallina oppure nello stato solido, e utilizzare legami a idrogeno, effetti elettrostatici o del tipo accettore-donatore, oppure coordinazioni di ioni metallici, quali interazioni di base tra i componenti, oppure effetti dovuti al mezzo in cui essi si svolgono (solvofobici). Perchè ciò avvenga è neccessario un numero elevato di subunità leganti, come si possono trovare nei corecettori politopici. Il processo può mostrare fenomeni di cooperatività positiva (i passaggi successivi al primo sono facilitati) e quindi portare alla costituzione di dispositivi di amplificazione molecolare. Ciò può avvenire nel caso di molecole corecettrici politopiche, in cui le interazioni tra le diverse subunità, o l'instaurazione di legami tra di esse e il substrato, si svolga in modo tale che ciascuno stadio associativo prepari la scena per il successivo. Per certi versi, la cooperatività potrebbe esser considerata come un dispositivo per la filtrazione di errori.
Dai processi di autoassemblaggio possono avere origine numerose strutture supramolecolari biologiche, come, per esempio, avviene nella formazione spontanea della doppia elica degli acidi nucleici, del rivestimento proteico dei virus e dei complessi multiproteici.
Esistono diversi approcci per studiare i sistemi capaci di autoorganizzazione: (a) la formazione di complessi metallici a doppia elica, i cosiddetti elicati, partendo da due filamenti di oligobipiridina e da ioni metallici adatti. In questo caso fenomeni di autoorganizzazione possono aver luogo entro ligandi formati da catene ripetitive (che costituiscono dei corecettori aciclici contenenti parecchie subunità leganti identiche disposte linearmente), in questo caso il substrato si lega a un certo sito e l'occupazione completa di tutti i siti è compatibile solamente con una ben definita architettura finale; (b) la generazione di mesofasi e polimeri cristallini liquidi di natura supramolecolare partendo da elementi complementari. In questo caso processi molecolari che hanno luogo in un certo materiale possono alterarne vistosamente le proprietà. Per esempio, l'interazione tra unità molecolari, che di per sé non sarebbero mesogeniche, può provocare la formazione di una specie supramolecolare che si comporta come un cristallo liquido. Stando così le cose, dovrebbe essere possibile sfruttare interazioni selettive in modo tale che la supramolecola mesogenica possa formarsi soltanto a partire da componenti complementari. Ciò corrisponderebbe alla manifestazione macroscopica del riconoscimento molecolare, infatti si assisterebbe a livello macroscopico alla produzione di una fase mesomorfica, che potrebbe essere definita supramolecolare e 'in-formata' essendo condizionata dall'informazione molecolare presente nei suoi componenti. Questo risultato è stato ottenuto nella produzione di mesofasi supramolecolari e polimeri liquidi cristallini da unità molecolari complementari; (c) la formazione di strutture ordinate allo stato solido basate su fenomeni di riconoscimento molecolare; in questo caso le caratteristiche architettoniche e funzionali di strutture supramolecolari organizzate derivano dall'informazione molecolare immagazzinata nei componenti e dai gruppi attivi che esse presentano.
Un principio semplice e generale per creare un ordine molecolare è basato sull'autoassemblaggio spontaneo, guidato dal riconoscimento di un filamento supramolecolare formato da componenti supramolecolari complementari, ciascuno dei quali possieda due siti di riconoscimento identici (fig. 8). L'interazione di due unità di questo tipo può generare filamenti polimolecolari organizzati, in soluzione, entro una fase mesomorfica, oppure allo stato solido attraverso un processo di cocristallizzazione. In quest'ultimo caso, un'ingegneria dei cristalli fondata su processi di riconoscimento potrebbe consentire la progettazione strutturale di solidi organici. È legittimo attendersi che tutti i residui dello stesso tipo si posizionino sullo stesso lato del filamento, consentendo così una selezione spontanea tra elementi simili e dissimili (entro due subfilamenti) e un orientamento dei componenti molecolari entro la struttura supramolecolare.
Lo sviluppo della chimica supramolecolare implica un controllo sempre più completo delle molecole, delle supramolecole e dei materiali. Sebbene molti studi si occupino di sostanze di tipo biologico o biomimetico, l'interesse maggiore si concentra su specie abiotiche, non naturali, prodotte dall'immaginazione del chimico e che possiedano determinate e desiderate proprietà chimiche, biologiche o fisiche. Tale evoluzione si basa su una prospettiva chiara: l'elaborazione di strategie per ottenere proprietà e funzioni piuttosto che strutture, poiché lo scopo è quello di ottenere una molecola o una sostanza dotata delle proprietà che si desiderano, qualunque sia la composizione e la struttura della sostanza. Ciò dà ali alla fantasia creativa del chimico in un campo che si trova al confine tra biologia, fisica e chimica, permettendogli non solo di scoprire, ma soprattutto di inventare e di creare. La partitura della chimica non deve essere soltanto suonata, deve essere soprattutto composta.
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