TOSETTI, Carlo (in religione Urbano di S. Carlo)
– Nacque a Firenze il 29 giugno 1714 da Jacopo, legnaiolo, e da Maria Paperini, e fu battezzato con il nome di Carlo.
Iniziò gli studi con un sacerdote e li proseguì dal 1724 presso le Scuole pie. Divenuto orfano di padre, vestì l’abito degli scolopi il 15 luglio 1731 e, trascorsi due anni al noviziato di S. Giovannino, professò i voti solenni il 16 luglio 1733 assumendo il nome di Urbano di S. Carlo. Compì gli studi superiori alla casa professa di S. Maria dei Ricci con il padre Odoardo Corsini, rilevante figura di matematico e filosofo cartesiano, e nell’autunno del 1736 fu inviato a Roma a completare quelli teologici al collegio Nazareno.
Ordinato sacerdote a Firenze il 25 ottobre 1738, fu subito destinato a Cortona, dove insegnò filosofia e teologia al seminario vescovile e fu iniziato agli studi di anatomia e medicina da Giuseppe Valdambrini. Nel 1743 tornò al Nazareno a coprire la cattedra di filosofia e matematica. A lui si deve l’istituzione dell’insegnamento di fisica sperimentale, che contribuì a fare del collegio uno dei principali centri della cultura scientifica romana, e la costituzione del relativo laboratorio, dove inaugurò la tradizione delle accademie pubbliche di esperimenti eseguiti dai convittori. Fuori dall’orario scolastico teneva lezioni di storia antica e geografia, mentre i suoi interessi letterari sono testimoniati dall’ascrizione all’Arcadia con il nome di Iselio Saturnio. Nel 1753 fu nominato assistente provinciale per la provincia romana degli scolopi.
Dell’interesse di Tosetti per le scienze fisiche, che erano comprese nell’insegnamento della filosofia, sono testimonianza le sue note manoscritte, che mostrano il distacco non solo dalla tradizione scolastica ma anche dal cartesianesimo del suo maestro in direzione delle impostazioni newtoniane, e da cui emergono posizioni favorevoli al copernicanesimo e alla concezione atomistica della materia, nonché un’adesione al metodo sperimentale espressa anche nel rifiuto della teoria della generazione spontanea. Anche le molte tesi fatte discutere ai suoi allievi e date alle stampe affrontano prevalentemente temi scientifici.
Particolarmente significativa, fra queste, è la De societate mentis et corporis disputatio psychologico-phylosophica (Romae 1754), sostenuta da Pietro Ubaldini, che fu criticata da Luís Antonio Verney. Vi sono menzionate fra l’altro le recentissime tesi di Albrecht von Haller sull’irritabilità e l’insensibilità dei tessuti animali, con cui Tosetti era entrato in contatto grazie al medico romano Gian Battista Bassani, che gli aveva fornito una copia degli Experimenta, quibus varias corporis humani partes sentiendi facultate carere constitit (Gottingae 1753) dell’allievo di Haller Peter Castell.
A partire dall’aprile del 1755 Tosetti intraprese uno dei primi tentativi di ripetere le esperienze halleriane. Ad assisterlo negli esperimenti, condotti principalmente su cani con l’ausilio di un microscopio di Liberküne, furono lo stesso Bassani, il chirurgo Gian Battista Balduini e lo scolopio Gian Vincenzo Petrini, futuro fondatore della scuola mineralogica del collegio Nazareno e tribuno della Repubblica Romana del 1798.
In tre lettere a Valdambrini, stampate a Roma nel 1755, Tosetti diede conto dei risultati, che confermavano pienamente le tesi di Haller dimostrando l’insensibilità della dura madre, del pericranio e dei tessuti dei tendini. Alla fine dell’anno le lettere furono ripubblicate in appendice alla traduzione italiana, promossa dallo stesso Tosetti e realizzata da Petrini, delle dissertazioni di Haller e dei suoi allievi Sull’insensibilità e irritabilità di alcune parti degli animali (Roma 1755 e Napoli 1756). Insieme a una quarta lettera, pubblicata a Bologna nel 1756, furono subito riproposte nel primo volume della raccolta di opuscoli Sulla insensività ed irritabilità halleriana curata dal chirurgo Giacinto Bartolomeo Fabri (Bologna 1757).
Intanto, nel marzo del 1755, Benedetto XIV aveva affidato a Tosetti l’istruzione privata del pronipote Giovanni Lambertini cui si aggiunse presto il fratello di costui, Cesare. Alla morte del pontefice lo scolopio fu convolto nelle polemiche connesse alla politica del marchese di Pombal, che condusse nel settembre del 1759 all’espulsione dei gesuiti dal Regno di Portogallo. Fu infatti subito indicato come il possibile autore delle Riflessioni di un portoghese sopra il memoriale presentato da’ PP. Gesuiti alla santità di pp. Clemente XIII (Lisbona, ma Roma 1758). L’opuscolo, anonimo, conteneva un durissimo commento alla supplica inviata a Clemente XIII dal generale dei gesuiti Lorenzo Ricci, che contestava l’operato del visitatore della provincia portoghese e del patriarca di Lisbona, rispettivamente i cardinali Francisco de Saldanha e José Manuel Cámara d’Atalaia, e poneva la Compagnia sotto la protezione del nuovo pontefice.
La paternità delle Riflessioni, caratterizzate dall’ampia denuncia degli interessi economici dei gesuiti e dei metodi usati per perseguirli, è in realtà incerta: l’attribuzione a Tosetti, avanzata dagli avversari fra cui Giulio Cesare Cordara e velatamente ammessa dai primi biografi, fu ripresa da Johau Joseph Ignaz Döllinger (1889), poi in forma ipotetica da Enrico Dammig (1945) e con maggiore sicurezza da Franco Venturi (1976), mentre Ernesto Codignola (1947, p. 71), sulla scorta di Giovanni Lami (1768), preferì ritenere il testo opera di Giovanni Bottari. Sembra condivisibile l’ipotesi avanzata da Giuseppe Pignatelli (1971) e da Pietro Stella (2006), che videro tanto in quest’opera come in quelle che le fecero seguito il frutto di un lavoro collettivo, probabilmente realizzato nell’ambiente filogiansenista raccolto intorno a Bottari e al circolo dell’Archetto.
L’offensiva degli avversari romani della Compagnia intorno ai fatti del Portogallo proseguì con altri opuscoli stampati a Roma con la data di Genova in cui pure è stata vista l’opera di Tosetti: la Critica di un romano alle riflessioni del portoghese (1759) fu più probabilmente opera del professore di teologia del Nazareno, Martino Natali, se non anch’essa di Bottari, mentre maggiore consenso riscuote l’attribuzione a Tosetti dell’Appendice alle riflessioni del Portoghese (1759), che si sofferma sul decreto con cui Pombal vietava ai gesuiti l’insegnamento elementare e ne riformava la ratio studiorum, nonché della successiva Lettera apologetica dell’autore dell’Appendice alle riflessioni del portoghese [...] in risposta ad un’altra pubblicata contro di lui dal marchese Angelo Gabrielli (1760), che tornava a contestare la disobbedienza dei gesuiti ai decreti della S. Sede.
Al di là dei problemi di attribuzione, gli studiosi sono concordi nell’assegnare a Tosetti posizioni fortemente antigesuite, legate anche alla tradizionale concorrenza nel campo dell’educazione fra i padri delle Scuole pie e quelli della Compagnia di Gesù, acuita dal tentativo dei secondi di impedire l’insegnamento delle scienze maggiori nei collegi scolopici, sconfessato nel 1733 da Clemente XII. Vicino al circolo dell’Archetto, Tosetti ebbe fra i suoi allievi al Nazareno esponenti di punta del movimento giansenista, quali Fabio De Vecchi e Zanobi Banchieri; sul piano teologico-morale e disciplinare, tuttavia, né dalle sue opere a stampa né dai suoi manoscritti di argomento religioso emerge un’adesione alle posizioni gianseniste, mentre lo stesso Natali, in una lettera del 20 novembre 1753 al cardinale Andrea Corsini, sembra accennare alla distanza del suo insegnamento dalle dottrine di S. Agostino (Codignola, 1941, p. 4).
Le polemiche del 1759 non danneggiarono nell’immediato la posizione di Tosetti all’interno dell’Ordine di cui Corsini era divenuto il preposito generale: l’anno successivo fu nominato rettore del Nazareno, di cui era stato precedentemente vicerettore.
Il giornale del collegio registra la sua fitta corrispondenza con le famiglie dei convittori, cui comunicava notizia della salute, degli studi e delle spese degli allievi, e testimonia alcune sue scelte educative, come il rifiuto di accordare eccessivi segni di distinzione ai rampolli della nobiltà titolata o il giudizio lusinghiero sull’insegnamento del diritto impartito in Germania dalle accademie protestanti, unito però alla preoccupazione per il rischio che i giovani cattolici potessero contrarvi massime eterodosse.
Confermato nella direzione del Nazareno nel maggio del 1763, pochi mesi dopo Tosetti fu coinvolto nello scandalo che minacciò di travolgere l’Ordine a causa delle Propositiones theologicae scritte da Natali e difese dal convittore Michele Lodzinski, fortemente contrarie alla teologia dei gesuiti e denunciate come eretiche dal maestro del Sacro palazzo Tommaso Mamachi.
Per ordine espresso di Clemente XIII Natali fu trasferito a Urbino mentre Tosetti, che nella sua corrispondenza privata si dichiarò estraneo alla redazione delle tesi, fu destituito dal rettorato e partì per un breve viaggio nelle Marche e in Toscana, al termine del quale il nuovo generale Giuseppe Maria Giuria lo nominò suo segretario e professore di teologia morale al collegio Calasanzio di Roma. È difficile dire se a determinarne la rimozione abbia contribuito anche la contemporanea denuncia, sporta dallo stesso Mamachi al S. Uffizio e seguita da una severa censura di François Jacquier, nei confronti delle dottrine insegnate dal nuovo professore di filosofia del Nazareno, Girolamo Maria Fonda, ma attribuite allo stesso Tosetti, che riprendendo le tesi del filosofo newtoniano Samuel Clarke, condannate dall’Indice nel 1742, definivano lo spazio un attributo eterno di Dio.
Mutato il clima alcuni anni dopo, la condanna delle tesi del 1763 fu ricordata nella Lettera di un chierico regolare delle Scuole pie scolare del p. Martino Natali (Cosmopoli 1766), un violento attacco nei confronti di Mamachi generalmente attribuito allo stesso Natali, rientrato nel frattempo a Roma su intercessione del cardinale Corsini, ma che Melzi (1852, p. 96) ipotizzò essere piuttosto opera di Tosetti. All’intento opposto di smorzare le polemiche sembra invece rispondere il precedente Panegirico del cuore santissimo di Gesù (Roma 1764), con cui Tosetti poneva le proprie cognizioni fisiologiche al servizio del culto promosso dalla Compagnia e osteggiato dai giansenisti e dai fautori di una devozione più regolata. L’operetta segnò l’inizio di un’attività di predicazione in parte confluita nell’edizione postuma delle sue Operette sacre (Urbino 1814), proseguita fra il 1764 e il 1765 con i panegirici di S. Filippo Neri recitati a Roma e a Napoli e nel 1767 con quello per l’ottavario della beatificazione di Giuseppe Calasanzio.
Nel contesto delle fasi conclusive della causa di santità del fondatore degli scolopi si situa anche la redazione dell’opera più nota di Tosetti, il Compendio della vita di S. Giuseppe Calasanzio fondatore delle Scuole pie, che vide la luce a Roma nel 1767 e fu distribuito in occasione della cerimonia di canonizzazione, il 16 luglio.
Rispetto alla recente Vita del beato Giuseppe Calasanzio (Roma 1753) scritta da un altro scolopio toscano, Vincenzo Talenti, la biografia di Tosetti si distingueva per un più sistematico ricorso alle fonti d’archivio, ma soprattutto per le dimensioni ridotte, grazie alle quali divenne il testo classico dell’agiografia calasanziana, con una quarantina di ristampe in Italia e numerose traduzioni, nonché un pilastro del canone educativo delle Scuole pie, menzionato anche da Giosue Carducci nei suoi ricordi.
Alla metà del XIX secolo il Compendio fu oggetto di una nuova polemica per i giudizi sul gesuita Silvestro di Pietrasanta, ritenuto responsabile delle traversie degli scolopi sotto Urbano VIII, contestati da Giuseppe Boero nei Sentimenti e fatti del P. Silvestro di Pietrasanta della Compagnia di Gesù in difesa di S. Giuseppe Calasanzio (Roma 1847), a sua volta confutato da Niccolò Tommaseo.
Colpito nel novembre del 1767 da una malattia a una gamba e sottoposto a numerose incisioni, morì a Roma il 9 marzo 1768.
Opere. I manoscritti scientifico-filosofici di Tosetti sono conservati a Roma, presso l’Archivio generale delle Scuole pie, Reg. L.-Sc. 122; quelli a carattere religioso ed erudito presso l’Archivio provinciale toscano dell’Ordine, Reg. Rel. 349-50. Una lista completa degli scritti editi e inediti di Tosetti è in Tosti, 1986, pp. 68-86; cfr. anche G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all’Italia, II, Milano 1852, pp. 96, 427, 437, 463.
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