• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

Goldóni, Carlo

Enciclopedia on line
  • Condividi

Commediografo (Venezia 1707 - Parigi 1793). Mostrò assai presto una viva inclinazione per il teatro, componendo verso i nove anni una commediola e prediligendo nelle sue letture gli autori comici. Nel 1719 seguì il padre, medico, a Perugia, ove studiò 3 anni nel collegio dei gesuiti. Poi il padre passò a Chioggia e lasciò Carlo a Rimini a studiare filosofia; ma il giovanetto tornò presto a casa al seguito di una compagnia di comici (1721). Nel 1723 fu messo a Pavia nel collegio Ghislieri per proseguire gli studî legali; ma nel terzo anno fu cacciato dal collegio per una satira contro le ragazze pavesi, Il colosso; si laureò solo nel 1731, a Padova, dopo aver occupato l'ufficio di coadiutore della Cancelleria criminale a Chioggia e a Feltre. In attesa di clienti, scrisse un almanacco satirico e un melodramma (Amalasunta, 1732), che poi bruciò. Dopo altre occupazioni e peregrinazioni in Lombardia e in Emilia, incontrò a Verona la compagnia veneziana del teatro di San Samuele, diretta da G. Imer, col quale tornò a Venezia, impegnandosi a scrivere per i teatri di proprietà del patrizio Michele Grimani. Del 1734 è il suo primo trionfo scenico, col dramma popolare Belisario, cui seguirono altre mediocri tragicommedie di soggetto popolare in endecasillabi, mentre nelle farse per musica che le accompagnavano, e in alcuni "intermezzi" da lui in quegli anni composti, cominciava a manifestarsi l'acutezza del suo spirito di osservazione. Nel 1736, trovandosi a Genova, s'innamorò di Nicoletta Connio, giovane figlia di un notaio, e la sposò: fu un matrimonio felice, anche se senza figli. Del 1738 è Mòmolo cortesan, di cui scrisse soltanto la parte del protagonista: era il primo passo verso quella riforma del teatro, che egli vagheggiava, e che tendeva a sostituire commedie "di carattere" e di ambiente ai canovacci, spesso solo buffoneschi, della decaduta commedia dell'arte. Dal 1741 al 1743 ebbe anche l'incarico di console della repubblica di Genova a Venezia, ch'egli disimpegnò con molta cura, ma che lo ingolfò in molte noie e spese, senza alcun compenso. Al 1743 appartengono il dramma giocoso La contessina, una pungente rappresentazione dell'albagia di certa nobiltà, e La donna di garbo, la prima commedia che scrisse interamente, nella quale, se vivi ancora sono gli artifici della commedia dell'arte, la figura della protagonista ha già una certa umana vitalità. Afflitto da debiti e ingannato nella buona fede, fu costretto nello stesso anno a lasciare Venezia e ad andar vagando qua e là, finché, accolto festosamente a Pisa, dove fu fatto pastore d'Arcadia col nome di Polisseno Fegeio, s'indusse a esercitarvi dal 1745 al 1748 la professione di avvocato: anni felici che più tardi rimpianse. Ma di quegli anni è anche la celebre commedia Il servitore di due padroni, scritta per il famoso Truffaldino, G. A. Sacco. Nel 1748 non seppe resistere agli inviti del capocomico G. Medebach, o, per dir meglio, alla sua vocazione; tornato a Venezia, si diede tutto al teatro. Il 26 dic. di quello stesso anno cominciava, al teatro Sant'Angelo, la serie dei suoi trionfi con La vedova scaltra; cui seguirono, tra il 1748 e il 1753, alcune delle sue più note e felici commedie (Il cavaliere e la dama, La famiglia dell'antiquario, Le femmine puntigliose, La bottega del caffè, Il bugiardo, I pettegolezzi delle donne, La moglie saggia, Le donne gelose, Le donne curiose, La serva amorosa, La locandiera). Al 1750 risale la ben nota promessa, poi mantenuta, di scrivere in un anno sedici commedie nuove. Nel 1753, separatosi da Medebach, firmò un nuovo contratto con A. Vendramin, proprietario del teatro di San Luca. Medebach, divenutogli apertamente nemico, assunse per il Sant'Angelo l'abate P. Chiari, che fin dal 1749 faceva rappresentare, con successo, al teatro San Samuele, drammi raffazzonati da romanzi francesi e inglesi, e commedie veneziane che rubacchiava a G. col pretesto di correggerle. Si formarono allora due partiti teatrali, dei chiaristi e dei goldonisti; e G., per accontentare il pubblico, fu costretto per qualche tempo, con sua grande amarezza, a ricercare continue e bizzarre novità, nelle commedie storiche e in quelle orientali (Terenzio, Torquato Tasso, Il filosofo inglese, Il medico olandese, La dalmatina, La bella selvaggia, La peruviana, La sposa persiana, ecc.: quest'ultima specialmente applaudita); ma ogni carnevale G. portava sul palcoscenico una commedia veneziana. E in quel mondo pittoresco dei gondolieri, delle lavandaie, dei "paroni di tartana", delle "massère" (serve di casa), delle rivendugliole, delle "rampignone" (donne che risparmiano), dei merciai, si dispiega sovrana l'arte di G.: ricordiamo alcune mirabili scene delle Massere, delle Donne de casa soa e del Campiello. Ormai la gloria di G. era assicurata: le edizioni delle sue commedie si esaurivano rapidamente; si cominciava a tradurlo e recitarlo anche all'estero; riconoscimenti gli venivano da principi e letterati italiani. Ma non erano cessate per lui le lotte e le amarezze. Nel 1757 C. Gozzi, e per estrosità di carattere e per amore del passato, sorse contro Chiari e G. con l'almanacco satirico La tartana degl'influssi per l'anno bisestile 1756, accusandoli di essere cattivi scrittori e autori di testi immorali. Nel nov. del 1758, su invito dell'impresario del teatro di Tordinona, G. si recò a Roma; ma dopo 7 mesi tornò deluso in patria. E qui tra la fine del 1759 e il febbraio del 1762, malgrado la lotta dei suoi nemici, con inesauribile ricchezza di vena continuò a creare altre commedie famose e alcuni capolavori (Gl'innamorati, I rusteghi, Un curioso accidente, la trilogia della Villeggiatura, La casa nuova, Sior Tòdero brontolon, Le baruffe chiozzotte). Decise di lasciare Venezia nell'aprile del 1762 per Parigi, dove era stato chiamato per sollevare con nuove produzioni le sorti del teatro della Comédie-Italienne, che andava decadendo. Ma anche lì dovette lottare con i comici che non volevano imparare le commedie scritte e col pubblico affezionato al gioco buffonesco delle maschere, onde fu costretto a scrivere per lo più degli scenarî. Liberatosi da questo impegno, G. ottenne l'incarico di insegnante di lingua italiana della figlia di Luigi XV, e poi delle sorelle di Luigi XVI. Ne ricavò una modesta pensione. Nel 1771 fece recitare alla Comédie-Française Le bourru bienfaisant, ch'ebbe notevolissimo successo. Ma soffriva di varî acciacchi, era quasi cieco, e la pensione appena gli bastava. E anche questa gli fu tolta nel 1792; ammalatosi, morì nella miseria. Solo il giorno dopo la sua morte un decreto della Convenzione, su proposta di J.-M. Chénier, gli restituiva, troppo tardi, la pensione. Le sue ossa andarono disperse. ▭ Nell'opera riformatrice di G. riconosciamo la presenza di una gioconda fantasia e di un sicuro istinto teatrale, ma nella sua arte si riflettono gli echi della profonda crisi che travaglia la civiltà settecentesca, sia che egli metta in scena le consuetudini e i contrasti delle diverse classi sociali, sia che tragga ispirazione dalla vita della sua Venezia e dai costumi del suo popolo laborioso e "civil", ma anche amante delle burle e dei divertimenti. Scrisse più di 200 tra commedie, tragedie, tragicommedie, intermezzi, melodrammi (musicati da Galuppi, Piccinni, Paisiello, Mozart, Haydn, Sacchini, ecc.), ma la sua gloria è legata solo alle commedie. Importanti però sono anche i suoi Mémoires, che cominciò a scrivere nel 1784 e compì e pubblicò nel 1787, uno dei più piacevoli libri del sec. 18°. ▭ La personalità e l'ambiente di G. attorno al 1749-50 furono abilmente rievocati da P. Ferrari nella commedia, divenuta presto popolare, G. e le sue sedici commedie nuove (1852).

Vedi anche
commèdia dell'arte Genere teatrale nato in Italia alla metà del Cinquecento, e vivo fino alla fine del Settecento. Le sue caratteristiche, molto particolari, entusiasmarono il pubblico fin dalle origini: gli attori non recitavano testi, ma improvvisavano i dialoghi in scena; vi erano 'tipi fissi', cioè personaggi che tornavano ... Pietro Chiari Letterato (Brescia 1712 - ivi 1785), gesuita. Scrisse una quarantina di romanzi, ai loro tempi fortunati, anche se spesso rimanipolazioni di romanzi stranieri; ma la sua rinomanza è dovuta alle tragedie e commedie, con e senza le maschere, in prosa e in versi, con le quali egli si atteggiò a riformatore ... Agostino Raimondo Girolamo Medebàch Attore (n. Roma 1706 circa - m. 1790 circa); entrato a Venezia (1739) nella compagnia dei ballerini da corda e commedianti di G. Raffi, ne sposò la figlia, Teodora. Nel 1740 trasformò la compagnia in un gruppo di comici e si esibì con successo nei maggiori teatri. A Livorno incontrò C. Goldoni con cui ... Giuseppe Imèr Attore (Genova primi del sec. 18º - Venezia 1758), recitò nella parte di innamorato, ma senza grande successo per la figura piccola e tozza; fu però avveduto capocomico. I Grimani gli affidarono il teatro S. Samuele (1734) e Goldoni fu con lui come poeta di compagnia. Introdusse negli spettacoli gl'intermezzi ...
Categorie
  • BIOGRAFIE in Letteratura
Tag
  • REPUBBLICA DI GENOVA
  • COMMEDIA DELL'ARTE
  • BOURRU BIENFAISANT
  • COMÉDIE-FRANÇAISE
  • LINGUA ITALIANA
Altri risultati per Goldóni, Carlo
  • Goldoni, Carlo
    Enciclopedia machiavelliana (2014)
    Vincenza Perdichizzi Autore teatrale, nato a Venezia nel 1707 e morto a Parigi nel 1793, celebre per la riforma della commedia italiana che affranca dalle maschere e dai canovacci stereotipati della commedia dell’arte. La sua carriera si svolge principalmente a Venezia fino al 1762 quando, messo in ...
  • Goldoni, Carlo
    Enciclopedia dell'Italiano (2010)
    Carlo Goldoni (Venezia 1707 - Parigi 1793) trascorse parte della fanciullezza a Venezia, e l’adolescenza e la giovinezza in varie sedi. Compì studi disordinati e concluse quelli di diritto. Avvocato a Pisa dal 1745 al 1747, coltivò il teatro, componendo per diverse compagnie. Stabilitosi dal 1748 a ...
  • Goldoni, Carlo
    Enciclopedia dei ragazzi (2005)
    Emanuela Bufacchi Una gloria del teatro italiano Il veneziano Carlo Goldoni ha il merito di aver riformato nel 18° secolo il teatro italiano: ha, infatti, rinnovato profondamente la commedia dell'arte, fondando così la commedia moderna, nella quale le parti degli attori sono scritte, i personaggi hanno ...
  • GOLDONI, Carlo
    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)
    Lucia Strappini Nacque a Venezia il 25 febbr. 1707 da Giulio, veneziano anche lui ma di origine modenese, e da Margherita Salvioni. Si devono allo stesso G. molti dettagli sui suoi primi anni di vita, secondo il racconto dei Mémoires, che, tuttavia, come ha rilevato la critica più recente, va considerato ...
  • GOLDONI, Carlo
    Enciclopedia Italiana (1933)
    Giuseppe Ortolani I. La giovinezza. - Nacque il 26 febbraio 1707 a Venezia, nel palazzo dei Centani a S. Tomà, da Giulio e da Margherita Savioni. Il nonno Carlo Alessandro, notaio, si era trasferito a Venezia da Modena. Da lui e dal padre il G. ereditò la passione per il teatro, l'umor gaio e socievole ...
Mostra altri risultati
Vocabolario
goldoniano
goldoniano agg. – Del commediografo veneziano Carlo Goldoni (1707-1793): le commedie g.; estens., la Venezia g., la società g., così come sono rappresentate nelle commedie del Goldoni.
carlo
carlo s. m. – Denominazione generica di monete emesse da sovrani di nome Carlo; fu data allo scudo (filippo) di Carlo II re di Spagna e dell’imperatore Carlo VI, e a una moneta d’oro del valore di 5 talleri di Carlo duca di Brunswick....
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali