Biologia
(VII, p. 49; App. II, i, p. 409; IV, i, p. 288)
Una delle discipline scientifiche che maggiormente si è evoluta nel corso del 20° sec. è stata la b.; i risultati delle ricerche biologiche, a partire dagli anni Cinquanta hanno interessato sempre più l'opinione pubblica e hanno modificato in maniera sostanziale la medicina e numerosi altri settori produttivi.
Infatti, dall'identificazione di J.D. Watson, F.H. Crick e M.H.F. Wilkins della struttura del DNA, nel 1953, si sono incredibilmente ampliate le conoscenze sulle basi biochimiche, genetiche e funzionali della materia vivente, per le quali si rinvia alle trattazioni contenute nelle voci chimica biologica (X, p. 110; App. II, i, p. 578), biochimica (v. questa Appendice, anche per i precedenti), metabolismo (v. da ultimo App. V, iii, p. 438). Questa scoperta, che ha posto le basi molecolari e funzionali della genetica, ha aperto numerosi campi di indagine e di ricerca che si sono integrati alle conoscenze della genetica classica: dalla struttura fine del cromosoma e del gene alla loro regolazione, dalla presenza di elementi mobili nel genoma alla genetica umana. Gli sviluppi più recenti sono trattati in questa Appendice nella voce genetica (già presente nell'Enciclopedia Italiana) e nella V App. nelle voci codice genetico; cromosoma; gene; meiosi; popolazione: Popolazioni naturali ed evoluzione biologica; prione; progetto genoma; retrovirus; trasponibili, elementi; uomo: Razze umane. Nella stessa V App. si trovano gli aggiornamenti delle voci citogenetica (già in App. IV, i, p. 458) e nucleici, acidi (già in App. IV, ii, p. 620).
Dagli anni Settanta, con la scoperta degli enzimi di restrizione, si è aperta la fase della manipolazione genetica, con le tecnologie del DNA ricombinante. La biologia molecolare e l'ingegneria genetica (per le quali v. in App. V e in questa Appendice) hanno aperto le porte alla ricerca biologica applicata, che tanto ha influenzato sia tecnicamente sia culturalmente la medicina dei nostri giorni (v. genetica medica, in App. V e in questa Appendice). Lo studio degli oncogeni, con le implicazioni nella diagnosi e nella terapia del cancro, e la terapia genica sono ancora oggi una speranza per la terapia di patologie a determinazione genetica e non. Ma forse gli effetti più eclatanti di questo approccio tecnologico e culturale si sono avuti con le cosiddette biotecnologie che, oltre all'aspetto bio-medico stanno fortemente crescendo sotto l'aspetto produttivo: animali e piante transgenici o clonati saranno produttori più efficienti (v. clonazione, in App. V e in questa Appendice) e si spera possano favorire uno sviluppo più sostenibile. È evidente che le problematiche nuove poste da questo approccio tecnologico agli organismi viventi sono state e sono ancor oggi oggetto di accese polemiche: le varie opinioni di questo dibattito, che naturalmente non coinvolge solo i biologi, sono riportate nelle voci bioetica (per questa e le precedenti voci citate v. in App. V e in questa Appendice) e eugenica, quest'ultima già presente nell'Enciclopedia (e poi in App. V, ii, p. 163).
Di pari passo con lo sviluppo della ricerca più strettamente genetica/biochimica e dei suoi strumenti, ma con un approccio meno riduzionista, c'è stato anche un forte impulso alle ricerche di b. cellulare, di b. dello sviluppo e di fisiologia, che si riflettono in voci dell'Enciclopedia, successivamente aggiornate, quali citologia (v. da ultimo App. IV, i, p. 467), e accrescimento, differenziamento, embriologia, membrana, immunità, riproduzione, sesso (per le quali v. da ultimo App. V). Con la V Appendice si aggiungono le voci cellula (v. anche in questa Appendice), ibrido cellulare (v. App. V, ii, p. 583), recettori (v. App. V, iv, p. 425) e ribosoma (v. App. V, iv, p. 492); soltanto in questa Appendice compare invece la voce complessiva biologia dello sviluppo.
Gli anni Novanta sono stati chiamati da alcuni "il decennio del cervello", per il notevole e rapido sviluppo che ha contraddistinto in questi anni le scienze che studiano le strutture e il funzionamento del sistema nervoso. A voci che figurano già nei volumi dell'Enciclopedia - come memoria (v. da ultimo App. V, iii, p. 403) e nervoso, sistema (v. da ultimo App. V, iii, p. 644) - seguono, nelle Appendici, psicobiologia (v. App. IV, iii, p. 86; V, iv, p. 324), neurobiologia (v. App. V, iii, p. 653), neuroendocrinologia (v. App. V, iii, p. 657), sino alla voce complessiva in cui si fa il punto su queste discipline, neuroscienze (v. in questa Appendice). Di grande interesse è un settore a questo correlato: lo studio del comportamento animale, l'etologia, già presente nell'Enciclopedia (v. in questa Appendice, anche per i precedenti), con le sue implicazioni più interessanti, trattate nella voce dell'Enciclopedia migratorie, correnti: Le migrazioni degli animali (ripresa in App. V, iii, p. 484) e nella voce comunicazioni tra gli animali (v. App. IV, i, p. 503; V, i, p. 701) o più discusse come l'acceso dibattito sulla sociobiologia (solo in App. V, v, p. 13).
Non mancano anche i settori più sistemici della b., con le problematiche ambientali sia di base sia applicate che tanto peso hanno avuto nelle scelte anche politiche dei paesi più industrializzati negli anni Ottanta e Novanta. Con l'eccezione delle voci ecologia (v. da ultimo App. V, ii, p. 7), foresta (v. da ultimo App. V, ii, p. 283), laguna (v. App. V, iii, p. 126) e parchi nazionali (v. App. IV, ii, p. 734), già nell'Enciclopedia, altri argomenti specifici sono stati affrontati nelle successive Appendici: ambiente (v. App. IV, i, p. 110; V, i, p. 143), inquinamento (v. da ultimo App. V, ii, p. 722), inquinamento atmosferico (v. App. III, i, p. 884), natura: Conservazione (v. App. IV, ii, p. 545; V, iii, p. 619). Soltanto nella V App. figurano biosfera, ecotossicologia, erosione genetica, oceanografia: Oceanografia biologica, parchi naturali, riserve naturali e solforosa, anidride, mentre ecologia applicata e sostenibilità sono entrambe presenti in questa Appendice. Trova spazio anche la b. evoluzionistica con voci già trattate nell'Enciclopedia (v. gli ultimi aggiornamenti di adattamento, in App. V, i, p. 43, e di evoluzione, in App. V, ii, p. 893); è invece nella V App. l'aggiunta di selezione: Selezione naturale, e di vita: Origine della vita. Un ruolo trasversale importante è stato svolto dalle discipline naturalistiche, zoologia e botanica, che tanto hanno contribuito e contribuiscono alle conoscenze biologiche. Nella sola Enciclopedia figura la voce insetti (v. XIX, p. 342), mentre altre voci sono state successivamente aggiornate nelle Appendici: fotosintesi (v. da ultimo IV, i, p. 850); entomologia, idrobiologia, mimetismo, ritmi biologici, sistematica (per le quali v. da ultimo App. V). Va infine fatto cenno a quanto sia stata importante la modifica del metodo in b.: l'approccio agli studi biologici è variato profondamente e altrettanto profondamente è cambiato l'impatto sociale di questa disciplina (v. oltre: Metodo in biologia, e meccanicismo e vitalismo, in App. V, iii, p. 369, che riprende voci già dell'Enciclopedia). *
Metodo in biologia
di Pietro Omodeo
Il metodo seguito dagli scienziati delle diverse discipline è stato esaminato a fondo in numerose opere; gli autori tuttavia hanno privilegiato il metodo adottato in fisica e in medicina, mentre hanno rivolto minor attenzione al metodo in biologia. D'altra parte, molte trattazioni riguardanti la filosofia della scienza includono importanti considerazioni in merito alla metodologia seguita nei vari settori del sapere scientifico, che tuttavia soffrono di eccessiva astrattezza.
Nella prima metà del Novecento la fisica teorica segna progressi rivoluzionari, ma nel campo della b. non compaiono novità importanti, né metodologiche, né strumentali. Fisiologia ed embriologia descrittiva concludono un ciclo assai fecondo e perdono il ruolo di discipline trainanti. Il tentativo di creare un'embriologia sperimentale risulta poco proficuo: la sperimentazione, non guidata da alcuna ipotesi seria, mette in evidenza solo le capacità 'regolative' dell'uovo e dell'embrione, assai diverse da caso a caso, e una certa gerarchizzazione dei processi ontogenetici, nulla di più. In questo vuoto H. Driesch e H. Bergson propongono soluzioni metafisiche.
Assume invece un ruolo trainante la genetica, disciplina nuovissima che, grazie alla riscoperta delle 'leggi' di G. Mendel, ha trovato modo di sperimentare sulla trasmissione dei caratteri ereditari lungo una linea di discendenza, mentre grazie alla 'legge' di G.H. Hardy e W. Weinberg ha trovato una proficua base per lo studio dell'ereditarietà in seno alle popolazioni. Anche la citologia, e in particolare lo studio del nucleo cellulare, segna progressi importanti che permettono di collegare i dati di osservazione genetica con la fine struttura dei cromosomi. Grazie a ciò, Th.H. Morgan e la sua scuola, con assiduo lavoro di squadra abilmente programmato (un'importante novità che ha dato ottimi risultati e ha avuto seguito ed efficacia molto grande), riescono a localizzare i geni, cioè le unità che controllano i caratteri ereditari, sui rispettivi cromosomi.
Si concreta così la nozione di gene come struttura materiale discreta autoriproducibile, veicolo di una specifica informazione genetica. Questa nozione fornisce a sua volta una base per interpretare i fenomeni di mutazione causata da agenti fisici, scoperti da H. Muller (1927), e da agenti chimici, scoperti da Ch. Auerbach (1941).
Grazie alle nuove conoscenze, si registra un rilancio degli studi evoluzionistici di solito definiti complessivamente teoria sintetica dell'evoluzione. Non di una nuova teoria si tratta, ma dell'abile ed esauriente convalida in sede empirica e sperimentale degli assunti di Ch. Darwin e di altri fondatori dell'evoluzionismo: una volta di più viene provato quanto sia fertile di risultati un approccio concorde da parte di cultori di discipline diverse in un difficile campo d'indagine.
Recenti acquisizioni metodologiche
Biologia e scienze esatte. - La formulazione delle leggi di Mendel e di quella di Hardy e Weinberg, che hanno una sia pur modesta veste matematica, sembra aprire la prospettiva, auspicata da tanti biologi, dell'entrata della b. nell'ambito delle scienze esatte, delle scienze di previsione, così come era accaduto alla chimica dopo la formulazione del sistema periodico e la comprensione della natura dei legami di valenza. Un'ulteriore speranza nasce quando A.J. Lotka e V. Volterra (1924) propongono un modello matematico che formalizza la competizione tra preda e predatore, e permette di prevedere l'andamento demografico delle specie impegnate nella lotta per l'esistenza, come indicato da U. D'Ancona nel 1942, ma non si va molto oltre. Le previsioni della genetica hanno valore statistico e solo in casi particolari questo valore raggiunge il 100%.
Con la scoperta dell'attività mutagena delle radiazioni ionizzanti apparve possibile usare i fotoni a breve lunghezza d'onda per indagare sulle dimensioni (e la natura) del gene. L'esperimento di tipo balistico, programmato dai fisici K.G. Zimmer e M. Delbrück, e dal genitista N.W. Timofeeff-Ressowsky, e da loro realizzato con grande bravura, ha fornito una misura che tuttavia risulterà giusta solo per caso, in quanto uno dei presupposti dell'esperimento era - come appurato in seguito - erroneo. Questo esperimento, comunque, grazie a E. Schrödinger (1946), ha acquistato un rilievo teorico dalle conseguenze molto rilevanti: mentre in fisica le leggi, alla luce delle recenti indagini, meritano fiducia solo perché i fenomeni studiati derivano dal comportamento di un altissimo numero di particelle, in genetica, e nella mutagenesi in particolare, i fenomeni derivano dal comportamento di una singola particella, il gene, che interagendo con un singolo fotone produce effetti (mutazioni) rilevabili a livello macroscopico e durevoli nel tempo. Ciò implica una differenza basilare tra metodo biologico e metodo fisico.
Schrödinger definì inoltre, in modo solo apparentemente contraddittorio, il cromosoma come cristallo aperiodico e fornì una concezione dell''ordine' in b. basata sull'entropia statistica di L. Boltzmann. È questa la prima avvisaglia dello sviluppo impetuoso della b., che durerà per tutta la seconda metà del Novecento.
Progressi tecnologici e nascita della biologia molecolare. - Lo studio degli organismi viventi presentava, nella prima metà del 20°sec., due facce diverse: da una parte la descrizione delle strutture a livello macroscopico e microscopico, dall'altra l'identificazione, molto generica, della loro composizione chimica.
Lo sviluppo della microscopia elettronica, della diffrattometria a raggi X, l'allestimento di ultracentrifughe preparative e analitiche, hanno potenziato i sensi umani in modo prodigioso e hanno permesso di risolvere le singole macromolecole, e anche la loro struttura interna. Nel giro di una quindicina d'anni, grazie ai progressi della biochimica e delle tecniche microchimiche, è stata compiuta la saldatura del troncone descrittivo con quello chimico. Inoltre, l'indagine in profondità ha permesso di comprendere il modo di funzionare delle macromolecole stesse. Inizia così l'era della biologia molecolare (v. in questa Appendice).
Sia chiaro che da un punto di vista metodologico non è intervenuto nulla di nuovo: descrizione e misurazioni rigorosamente esatte, seguite da ipotesi sul modo di funzionare, desunte dalla morfologia. La complessità della strumentazione e la delicatezza della preparazione del materiale da sottoporre all'esame sono tali, tuttavia, da giustificare la creazione di una nuova disciplina.
Nuovi paradigmi interpretativi.- Le novità in campo metodologico vengono invece da altre parti. Tra il 1870 e il 1930 i fisiologi C. Bernard e W. Cannon, nonché il chimico Wilhelm Ostwald, hanno chiarito il meccanismo di autocontrollo (omeostasi) che realizza lo 'stato stazionario' dei più diversi parametri di un organismo vivente nelle circostanze più varie. Intorno al 1950 J. Piaget e C.H. Waddington hanno esteso questo schema interpretativo all'autocontrollo delle traiettorie e delle rotte nello spazio degli organismi mobili, per il quale hanno creato il termine omeorresi.
Queste ricerche e puntualizzazioni hanno rilevante importanza teorica, in quanto permettono di chiarire razionalmente aspetti apparentemente misteriosi della 'saggezza del corpo' e dell'orientamento nello spazio degli animali, nonché dei processi di regolazione embrionale. Dette ricerche presentano un altro aspetto metodologicamente rilevante, in quanto mettono in evidenza una logica circolare che sovverte la consueta nozione di causa: un flusso di materiali (o di energia o d'informazione) che alimenta un sistema è causa di una modificazione del sistema stesso, e tale modificazione diventa a sua volta causa che fa variare l'alimentazione del sistema; questa variazione modifica il sistema ecc. Quando il fisiologo, l'etologo, l'ecologo vengono alle prese con problemi di questo genere sono obbligati, per sperimentare su di essi, a programmare una strategia appropriata, altrimenti rischiano di avere risultati contrastanti.
Ancor più rilevanti sono stati gli sviluppi della teoria dell'informazione, di cui siamo debitori a C.E. Shannon e N. Wiener (1949).
Questa teoria, in quanto dispone di una semplice e chiara unità di misura (il bit) e di un gruppo di teoremi ben collaudati dalla tecnologia delle telecomunicazioni, permette di impostare in modo scientificamente corretto e produttivo i problemi relativi al flusso di informazione erogata sia dal genoma (o patrimonio genetico, o magazzino di informazione genetica), sia dai sensori di cui è dotato ogni organismo vivente. Il flusso di informazioni genetiche dirige l'ontogenesi dell'individuo e il suo comportamento innato; il flusso di informazioni sensoriali, debitamente elaborato, dirige il comportamento estemporaneo dell'individuo.
La teoria dell'informazione permette di affrontare lo studio della memoria (informazione immagazzinata e recuperabile all'occorrenza). D'altra parte, la memoria individuale (sotto forma di apprendimento) obbliga a seguire protocolli diversi dal consueto quando si sperimenta nell'etologia, poiché l'animale che ha appreso non reagisce più come l'animale vergine di esperienza: l'esperimento va quindi ripetuto su un altro individuo, il più possibile simile al primo. La teoria dell'informazione ha svolto una funzione importante nel campo della genetica molecolare: è merito della teoria se le quattro basi del DNA vengono intese come 'alfabeto' della genetica e se i processi di trascrizione e traduzione sono stati prontamente intesi come tappe del flusso d'informazione dal DNA ai polipeptidi.
L'applicazione della teoria dell'informazione alla b. segna tuttavia il passo: nel campo dell'ontogenesi è di moda rifiutare il concetto di informazione utilizzando in suo luogo il concetto di ordine, inteso con accezione diversa da quella usuale, e spesso usato in modo vario in differenti luoghi delle trattazioni (I. Prigogine, S.A. Kauffman). Nel campo dell'etologia l'applicazione della teoria dell'informazione è resa difficile sia dalla mancanza di un'adeguata teoria dei sensori biologici, quelli appunto che erogano l'informazione, sia dalla terribile complessità dei processi di elaborazione dell'informazione stessa nel sistema nervoso degli animali, anche dei più semplici.
Altre novità concettuali di grande rilievo sono apparse nel decennio 1940-50. Si tratta della teoria degli automi avanzata dai matematici A.M. Turing e J. von Neumann, e della teoria dei giochi avanzata da quest'ultimo.
La prima, corredata di vari utili teoremi, ben si adatta ai viventi intesi come sistemi dotati di autocontrollo, di programmi, di autoriproduzione. In particolare, il teorema relativo all'automa autoriproducibile (1957) si è rivelato perfettamente conforme al meccanismo di autoriproduzione dei virus chiarito un anno dopo in laboratorio.
La seconda, dando legittimità scientifica al concetto di strategia, intesa dal biologo come comportamento finalizzato alla sopravvivenza, ha permesso di sviluppare in modo rigoroso e produttivo quello di strategia riproduttiva, concetto chiave in molti discorsi sulla dinamica di popolazione di tutti i viventi, e in vari aspetti dell'etologia.
Il metodo oggi
Il rapporto forma-funzione. - La fase dell'osservazione e della descrizione, eseguite privilegiando il senso della vista, talvolta l'udito, rappresenta comunque il primo passo nella ricerca biologica, sia che venga eseguita senza ausilio strumentale, sia che venga eseguita con strumenti che potenziano i sensi umani.
In ogni caso, alla fase dell'osservazione e descrizione segue quella della interpretazione funzionale. Sia che si tratti della dentatura di un carnivoro, o del citostoma di un protozoo ciliato, o del sito attivo di un enzima, si ricorre sempre a schemi meccanicistici. Si espliciterà quindi che i denti ferini hanno foggia atta a tagliare e lacerare, e che sono azionati dai muscoli temporali e masseteri, disposti secondo una certa geometria; si espliciterà che nel protozoo ciliato le correnti generate dalle membranelle aborali spingono le particelle alimentari verso il citostoma, ove si formerà il vacuolo alimentare; si espliciterà che la molecola del substrato si adagia nel sito attivo della molecola enzimatica, che di conseguenza subisce una deformazione allosterica secondo una certa geometria, per cui uno specifico legame del substrato si allenta e la sua molecola viene scissa in quel punto e solo in quel punto.
Il rapporto forma-funzione ha avuto, e conserverà nell'avvenire, un ruolo decisivo nell'interpretare, anche a livello molecolare, fenomeni che fino a poche decine d'anni fa parevano imperscrutabili: contrazione muscolare, duplicazione dei geni, fotosintesi. Detto rapporto consente di intendere i processi di autoregolazione dei geni e i processi di regolazione nell'embriogenesi, argomenti che ci portano in un campo del tutto diverso.
L'interrogarsi sul ruolo svolto da una struttura biologica equivale a chiedersi a che cosa serva. Si tratta di una domanda che non è lecito porsi a proposito degli oggetti della fisica, poiché non ha senso chiedersi a che serve un fotone o un atomo, a meno che l'uno o l'altro non entrino nel gioco della b.; peraltro la domanda è non solo lecita, ma doverosa quando si indaga nel campo della zoologia, della botanica o della microbiologia. Per il passato la domanda "a che cosa serve?" è stata ritenuta abusiva da certi cultori della fisica ignari dei problemi della b., e un po' da tutti gli studiosi allorché nel rispondere al quesito si faceva ricorso alla provvidenza o, comunque, al finalismo. Di conseguenza, il significato funzionale è stato spesso degradato a mera coincidenza.
Peraltro l'osservatore deve in ogni caso avanzare un'ipotesi sul funzionamento delle strutture, se vuole procedere alla sperimentazione. La teoria evoluzionistica permette oggi di superare l'impasse attraverso un discorso (esplicito o soltanto sottinteso) del tipo: gli individui portatori di strutture grazie alle quali sopperiscono ai propri bisogni sopravvivono, non quelli che ne sono privi, quindi queste strutture si perpetuano nella discendenza. È in tal modo che l'evoluzionismo consente la distinzione tra 'teleonomia' e 'teleologia'.
Le proposizioni, o principi, della biologia. - Alla descrizione e all'analisi funzionale può seguire, in b., l'enunciazione di verità più o meno circoscritte, empiricamente o sperimentalmente accertate, le quali possono esser definite proposizioni o principi, ma che talvolta sono state chiamate leggi e persino dogmi. Talora questi principi vengono enunciati sbrigativamente nei trattati, altre volte non vengono neppure formulati e restano semplicemente a far parte del patrimonio di conoscenze del biologo. Quando questi principi sono stati taciuti o sottintesi, sono nati spesso fraintendimenti e, quindi, dispute con cultori di altre discipline.
Qui di seguito vengono forniti alcuni esempi di principi accolti come validi in b., la cui discussione può essere utile per comprendere i problemi conoscitivi che ciascuno di essi coinvolge.
1) Omnis cellula e cellula.
2) Ogni cellula è delimitata da una membrana plasmatica costituita da un doppio strato di molecole lipidiche.
3) Ogni minima parte di una cellula risulta strutturata funzionalmente, a esclusione delle riserve lipidiche o d'altra natura.
4) Le popolazioni dei viventi si accrescono in modo esponenziale sinché non hanno saturato la capacità portante dell'ambiente, dopo di che ogni generazione perde necessariamente una quota dei nati.
5) Nei viventi l'informazione genetica fluisce dai polinucleotidi alle proteine, e mai in senso contrario.
6) Tutti i viventi che popolano la Terra sono tra loro imparentati. Nel corso della duplicazione del genoma si verificano sporadicamente errori, a seguito dei quali insorgono mutazioni genetiche.
Ognuna di queste proposizioni ha basi logiche e storia diversa. Per es., omnis cellula e cellula è generalizzazione e puntualizzazione di proposizioni che sono state formulate in tempi successivi a seguito di ripetute sperimentazioni. F. Redi (17°sec.) enuncia infatti: "non si dà generazione ex putri"; C. Linneo (18° sec.) precisa questo enunciato nell'aforisma "omne vivum ex ovo", aforisma che, dopo la scoperta dell'organizzazione cellulare di tutti i viventi (19° sec.), viene riformulato nel modo definitivo.
La seconda proposizione è stata formulata molto di recente e deriva da innumerevoli risultati concordi, ottenuti con la microscopia elettronica; essa ha quindi base prettamente induttiva e ha trovato una comprensibile eccezione nel caso di batteri che vivono a temperature intorno ai 100° C: queste cellule sono delimitate da una membrana lipidica monostratificata che non si disaggrega a quelle temperature. Pertanto, la proposizione dovrebbe essere riformulata come segue: ogni cellula è delimitata da una membrana lipidica bistratificata o monostratificata, che presenta gruppi polari rivolti sia all'esterno sia all'interno. Già nella formulazione più generica questa proposizione ha mostrato di avere valore conoscitivo molto grande, poiché permette di intendere la cellula come sistema circondato da confini definiti che lasciano aperti solo pochi varchi controllati. La conoscenza di una membrana così strutturata ha dato occasione a innumerevoli e fertilissime ricerche di biofisica.
La terza proposizione relativa alla fine organizzazione della cellula è risultata vera per tutti i tipi di cellule adeguatamente studiati, ma è stata messa in scacco dall'introduzione di un concetto fuorviante, quello di 'protoplasma' o 'materia vivente'. Poiché il citoplasma presenta di solito consistenza fisico-chimica di tipo colloidale, si è diffusa negli anni 1920-50 la credenza che è proprio lo stato colloidale a conferire alla cellula le proprietà più diverse che le sono proprie: contrattilità, irritabilità ecc. (Wolfgang Ostwald). Tale credenza ha ostacolato la formulazione della proposizione citata che è guida sicura nell'interpretazione delle micrografie elettroniche, dei particolati che si ottengono con l'ultracentrifuga, nell'interpretazione delle funzioni disimpegnate dalla cellula.
La quarta proposizione, relativa all'accrescimento delle popolazioni, deriva dal cosiddetto assioma malthusiano, che ha ricevuto innumerevoli riscontri sperimentali e ha dato spunto alla teoria della selezione naturale.
La quinta proposizione deriva dal cosiddetto dogma centrale della b. formulato da F. Crick intorno al 1955, che così recita: "l'informazione fluisce dal DNA al RNA e quindi alle proteine, e mai in senso inverso". Il dogma dovette essere riformulato al momento in cui H.M. Temin e D. Baltimore dimostrarono che l'informazione genetica può fluire dal RNA al DNA. È stato inoltre necessario specificare che si tratta di 'informazione genetica', poiché è ormai ben noto che il DNA, che costituisce il genoma, riceve dal citoplasma informazioni, a seguito delle quali si accendono o si spengono attività particolari.
La sesta proposizione, formulata già nel 18° sec. in base a un assunto intuitivo, ma in realtà basata su considerazioni comparative a livello macroscopico, ha trovato conferma in altre considerazioni comparative a livello microscopico, submicroscopico e molecolare: essa è quindi oggi universalmente accolta.
I commentari alle singole proposizioni possono proseguire a lungo, ma in questa sede basterà concludere osservando che queste proposizioni sono raramente formalizzabili in termini di matematica (quale è oggi nota) e che da esse non si può ricavare altro che qualche sterile sillogismo del tipo dell'arcinoto: "tutti gli uomini sono mortali; Socrate è un uomo, quindi egli è mortale".
La teoria evoluzionistica. - È possibile tuttavia riunire logicamente alcune proposizioni per ricavarne teorie di solidissima coerenza interna, quali sono quella dell'evoluzione e quella del vivente. La teoria dell'evoluzione si articola su un insieme di proposizioni che, espresse in termini moderni, si possono così riassumere.
In un ambiente finito, le popolazioni dei viventi si accrescono fino a saturarne la capacità portante, dopo di che a ogni generazione una quota di individui morirà senza lasciare discendenti o lasciandone in numero ridotto (assioma malthusiano). In una popolazione a regime la mortalità e la prolificità dei singoli individui sono correlate al modo in cui ciascuno di essi giunge a soddisfare i propri bisogni in quel dato ambiente, sicché mortalità e prolificità divengono causa di selezione (assunto di Darwin e R. Wallace). Il modo e la misura in cui ciascun individuo riesce a soddisfare i propri bisogni, in un dato ambiente, ha basi ereditarie (postulato di Darwin, dimostrato vero in sede sperimentale). In ogni popolazione esiste una perenne fonte di variabilità, grazie alla quale i processi selettivi possono procedere indefinitamente (postulato di Darwin, dimostrato vero in sede teorica e sperimentale).
Queste proposizioni possono essere enunciate in forma tecnicamente più rigorosa, comunque il loro insieme costituisce un edificio logicamente consistente: se si vuol 'falsificare' l'evoluzionismo occorre dimostrare che una delle proposizioni su cui esso si basa è errata.
Va detto infine che la teoria dell'evoluzione ha potere predittivo limitato, non per sua intrinseca debolezza, ma a causa dell'altissimo numero di variabili che entrano in gioco, variabili relative sia ai viventi, sia al loro ambiente. Allo scarso potere predittivo fa da contrappeso l'inestimabile valore che essa ha per la ricostruzione della storia della vita sulla Terra. A questo fine il metodo comparativo è guida sicura, in quanto le somiglianze tra gli organismi possono essere intese come testimonianza di parentela più o meno prossima, mentre le differenze riscontrate tra forme affini testimoniano percorsi divergenti nell'adattamento a condizioni ambientali diverse.
La teoria del vivente. - La teoria del vivente si è andata costituendo nel tempo come concatenazione di proposizioni empiriche, alcune delle quali banalmente ovvie, e tutte presenti nella consapevolezza di chi si occupa in modo professionale di biologia. Questa teoria è stata formalizzata solo in epoca recente (Omodeo 1983; Defining life, 1996); il ritardo è dipeso dal fatto che gli studiosi si interrogavano su 'cosa è la vita' con la speranza di poter rispondere con una formula risolutiva, come è avvenuto a chi si è interrogato sull'attrazione universale, sull'energia e sull'equivalenza tra massa ed energia. In effetti, la definizione della vita presuppone la conoscenza intima e la definizione del vivente, e questa non può essere (almeno per ora) che discorsiva. Non solo: poiché la b. si occupa di organismi che sono, o sono stati, parte di un continuum, e non di entità discrete, per definirli occorre, per ragioni pratiche, operare un taglio a un certo livello, sul quale la comunità degli studiosi deve essere d'accordo.
L'opportunità di una definizione del vivente è legata non all'antico precetto che ogni disciplina scientifica è caratterizzata dall'oggetto dello studio e dagli strumenti che usa, ma piuttosto al fatto che se l'oggetto viene percepito in modo unilaterale diventa facile fare affermazioni paradossali intorno a esso, come in effetti ha saputo fare B. Russell, che di paradossi se ne intendeva, quando si è occupato di organismi viventi.
Quella che segue è la definizione più completa che oggi si può proporre: il vivente è un sistema complesso, aperto, autoriproducibile, cellulare, percorso da flussi autoregolati di materia, di energia, di informazione, che ne consentono la crescita e lo stato stazionario. A causa di questi attributi i detti sistemi sono suscettibili di evoluzione adattandosi a mutevoli condizioni ambientali.
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