BATTERIOLOGIA (dal gr. βακτήριον "batterio" e λόγος "studio"; fr. bacteriologie; sp. bacteriologia; ted. Bakteriologie; ingl. bacteriology)
È quella parte della microbiologia che si occupa dei batterî. La batteriologia data dalla scoperta dell'olandese Antonie van Leeuwenhoek (1632-1723) che poté dimostrare la natura organizzata del lievito di birra e di quello del vino e che rilevò la presenza di piccolissimi organismi unicellulari nei liquidi organici in putrefazione, servendosi d'un microscopio da lui costruito, capace d'ottenere ingrandimenti di 150 diametri.
Le scoperte del Leeuwenhoek, comunicate alla Royal Society di Londra, destarono il più vivo interesse e giovarono non poco ai sostenitori della generazione spontanea, questione tanto agitata nell'antichità e nel Medioevo e che pareva ormai risoluta dopo le classiche esperienze del Redi sulla generazione degl'insetti.
Specialmente John Turberville Needham (1713-1781) con i suoi lavori: Observations upon the general composition and decomposition of animal and vegetable substances (Londra 1749) e Nouvelles observations microscopiques avec des découvertes interessantes sur la composition et la décomposition des corps organisés (Parigi 1750) sostenne che gli organismi microscopici si possono produrre spontaneamente nei liquidi organici contenuti in vasi ritenuti dal Needham ermeticamente chiusi e che, essendo stati esposti per qualche tempo ad alte temperature, lasciavano supporre fosse andato in essi distrutto ogni germe eventualmente contenuto nei liquidi.
Lazzaro Spallanzani, riprendendo in esame gli esperimenti del Needham, poté dimostrare con una lunga serie di ricerche e con artifizî di tecnica semplici ma ingegnosissimi, che le esperienze del Needham erano sbagliate e che le sostanze organiche, una volta liberate dai germi viventi per mezzo d'un sufficiente riscaldamento, e conservate in recipienti ben protetti dal pulviscolo atmosferico, restavano indefinitamente inalterate e incapaci di generare qualsiasi essere vivente.
Ma per quanto importanti fossero queste ricerche né lo Spallanzani né gli altri, come il Müller, che si erano occupati degli esseri infinitamente piccoli, intuirono l'importanza dei microrganismi nell'economia della natura e nello sviluppo delle malattie.
Non deve questo recare sorpresa quando si pensi che anche ai principî del sec. XIX la natura dei contagi era ancora avvolta nel più fitto mistero: infatti, sebbene Athanasius Kircher nel 1671 avesse attribuita la peste a un contagio animato, Nicolas Andry nel 1701 avesse attribuita pure a un contagio vivo la sifilide e Giovanni Maria Lancisi nel 1718 avesse ritenuto un contagio vivo la causa della malaria, nessuna dimostrazione era stata data di queste felici intuizioni.
La scoperta dell'importanza degli organismi inferiori come causa di malattia si deve ad Agostino Bassi (v.): scoperta che gettava le basi scientifiche della moderna teoria delle infezioni.
Intanto il Pollander aveva dimostrata (1855) la presenza di microrganismi a forma di bastoncino nel sangue di animali carbonchiosi. Lo stesso reperto ebbe a constatare Casimir Joseph Davaine nel 1863 e a queste osservazioni seguirono quelle di altri ricercatori che si pronunziarono in favore della teoria parassitaria che veniva indirettamente ad essere confermata dalla pratica introdotta in chirurgia dal chirurgo inglese Joseph Lister il quale aveva dimostrato che si poteva impedire la suppurazione delle ferite e se ne poteva agevolare la guarigione impedendo la deposizione sulle ferite stesse dei microrganismi sospesi nel pulviscolo atmosferico, o attenuandoli per mezzo di antisettici. Lister era stato infatti uno dei pochi che avevano intuito l'importanza degli studî che dal 1856 Luigi Pasteur andava maturando sull'importanza biologica degli organismi microscopici.
Datano infatti dal 1856 le ricerche del Pasteur sulle alterazioni della fermentazione alcoolica che già Cagnar-Latour, Kützing e Schwann avevano mostrata legata alla vita di speciali saccaromiceti. Queste ricerche del Pasteur furono seguite da altre sulle malattie dei vini, che egli attribuì alla presenza e alla moltiplicazione di vegetazioni microscopiche. Egli dimostrò che questi organismi microscopici, capaci di dar luogo a fermentazioni o che potevano essere causa di malattia, provenivano da germi preesistenti nell'ambiente e che nessun essere vivente poteva nascere per generazione spontanea. L'immensa portata delle proprie scoperte era stata perfettamente intuita dal Pasteur. Convinto che l'importanza delle sue ricerche sarebbe stata maggiore quando si fosse riusciti a isolare e coltivare i varî microrganismi per poterne studiare l'azione biologica, il Pasteur cercò di riuscire in queste colture e in questi isolamenti e nel 1877 arrivava a coltivare il bacillo del carbonchio e a riprodurre questa malattia per mezzo dell'inoculazione di una goccia di coltura pura.
Intanto il Koch ideava nuovi perfezionamenti nella tecnica per la coltivazione dei microrganismi di modo che si riuscì a isolare via via un numero considerevole di germi dando così sviluppo a questa nuova branca della scienza: la batteriologia, il cui studio acquistò ben presto una notevole importanza sia per le sue applicazioni alle scienze mediche sia per le molteplici e importanti applicazioni industriali.
Tecnica. - La batteriologia deve i suoi notevoli progressi ai perfezionamenti della tecnica raggiunti verso la fine del secolo passato e nel primo ventennio del secolo presente. Constatata la possibilità di ottenere la moltiplicazione d'un gran numero di batterî in mezzi di coltura artificiali si cercò di rendere questi mezzi colturali più adatti che fosse possibile alla vita dei microrganismi.
Dapprima si ricorse alle semplici infusioni di sostanze vegetali, poi si trovò che il brodo di carne addizionato a peptone e cloruro di sodio e reso neutro con l'aggiunta di sostanze alcaline costituiva un ottimo terreno nutritivo.
Al brodo il Koch pensò di aggiungere la gelatina (la cosiddetta colla di pesce) o agar (un'alga che si trova nel Pacifico) per ottenere terreni di coltura solidi e trasparenti. Questi mezzi solidi servono molto bene per coltivare la maggior parte dei microrganismi vegetali patogeni e non patogeni e per studiare i caratteri delle loro colonie e soprattutto per ottenere, con speciali accorgimenti di tecnica, l'isolamento d'una specie dall'altra.
Ma non tutti i batterî si sviluppano bene su questi terreni, donde la necessità di modificare la composizione ricorrendo a varie sostanze (glicerina, zuccheri, sangue, ecc.) per renderli più adatti alla vita di quelle specie che sono più difficili a essere coltivate.
Oltre a questi terreni ora ricordati, si può in molti casi fare uso del latte, delle patate cotte, dell'uovo coagulato, ecc. anche perché in questi terreni lo sviluppo delle colonie dei varî microrganismi può assumere aspetti e caratteristiche che ci permettono di differenziare le varie specie. In generale i terreni nutritivi vengono posti in tubi cilindrici (fig. 1), o in scatole di vetro (fig. 2), o in matracci (fig. 3), precedentemente sterilizzati in apposite stufe al calore secco (fig. 4).
I tubi o i recipienti contenenti il terreno di coltura convenientemente chiusi con tappi di cotone idrofilo vengono di nuovo sterilizzati al vapore fluente, o, più rapidamente, al vapore sotto pressione in appositi apparecchi (autoclavi; fig. 5).
La seminagione dei microrganismi già isolati si fa in questi tubi o nei varî recipienti per mezzo di aghi di platino che si trovano innestati sopra supporti metallici, o di vetro (figg. 6 e 7) e che vengono prima passati alla fiamma e poi raffreddati.
Se il prelevamento viene fatto da un materiale liquido (p. es. da una coltura in brodo) allora si può usare anche l'ago di platino piegato ad ansa (fig. 7) e la seminagione si fa per strisciamento.
Nel caso che la seminagione per strisciamento venga fatta in un tubo di coltura, allora si dà al terreno nutritivo una disposizione a becco di clarino (fig. 8), mentre se la seminagione si vuol fare per infissione, questa disposizione non è necessaria e l'ago viene infisso nel centro e in profondità del terreno nutritivo (fig. 9).
I tubi, o gli altri recipienti seminati, vengono posti in stufe riscaldate in generale a gas, o elettricamente. Questa stufe vengono dette termostati (fig. 10) poiché in esse, mediante speciali apparecchi detti termoregolatori (fig. 11), differentemente costruiti secondo la sorgente calorifica adoperata, si può ottenere una temperatura costante. Quando si tratta di microbî patogeni coltivati in agar essa oscilla intorno a quella del corpo umano (37°), mentre quando si tratta di coltivare batterî in terreni alla gelatina, che fonde al disopra di 22° deve essere più bassa.
I caratteri morfologici dei microrganismi coltivati, come quelli che si riscontrano nei materiali patologici (sputi, feci, essudati infiammatorî, ecc.), si possono mettere in evidenza per mezzo di sostanze coloranti. In generale si usano soluzioni leggermente alcaline di colori di anilina (blu di metilene, violetto di genziana, ecc.) che colorano molto bene la maggior parte dei batterî. Soltanto alcuni di essi, come anche le spore dei batterî sporigeni, non si lasciano facilmente attraversare dalla soluzione colorante. In questo caso si usano soluzioni o fortemente acide o fortemente alcaline, le quali una volta attraversata la parete del batterio, o della spora, difficilmente fuoriescono, cosicché trattando il preparato con una soluzione decolorante e arrestando a tempo la decolorazione e trattando poi il preparato con una soluzione di diverso colore, si possono vedere i batterî con le spore colorate intensamente di colore differente. Le proprietà biologiche dei batterî si saggiano sugli animali di laboratorio (in generale topi, cavie, conigli, scimmie) che sono ricettivi per molte specie patogene.
I batterî vengono inoculati o nel sottocutaneo, o nel peritoneo, o nella cavità cranica (sotto la dura madre), o nei varî tessuti od organi, a seconda dei casi, e in tal modo si può seguire nell'animale l'evoluzione della malattia come si possono studiare le lesioni che una data specie microbica è capace di determinare. Alcune volte si tratta di studiare alcune specie batteriche che sono straordinariamente tossiche, perché hanno la proprietà di generare delle tossine (esotossine) che si trovano abbondanti nel terreno di coltura, specie quando esse vengano coltivate in terreni liquidi (brodo peptonizzato). In questi casi l'azione delle tossine si può saggiare negli animali dopo che le tossine sono state separate dai microbî per filtrazione attraverso candele porose (candele di Chamberland o di Berckfeld; fig. 12). È il metodo che si segue per saggiare la tossicità d'una tossina difterica o tetanica e per servirsene allo scopo d'immunizzare gli animali da cui si vorrà estrarre poi il siero di sangue che dovrà essere utilizzato a scopo curativo (v. batterio).