FRANZOJ, Augusto
Nacque a San Germano Vercellese il 2 ott. 1848 da Francesco, notaio, e da Ottavia Cavalli.
Compì gli studi liceali a Vercelli e allo scoppio della terza guerra di indipendenza (giugno 1866) si arruolò volontario, ma, deluso dalla conclusione del conflitto, aderì ai settori più intransigenti del movimento repubblicano, che provocarono, nel marzo del 1870, i pronunciamenti militari di Pavia e di Piacenza conclusisi con l'arresto di qualche decina di sottufficiali, tra cui lo stesso Franzoj.
Dapprima assolto dal tribunale militare, poi sottoposto al Consiglio di disciplina, venne degradato (aveva raggiunto il grado di caporale maggiore) e inviato all'8ª compagnia di disciplina a Fenestrelle, in val Chisone sul confine italofrancese, dove nel novembre del 1870 riuscì a imbavagliare le guardie, insieme con una ventina di prigionieri, e a evadere dal carcere, col proposito di fuggire in Francia. Ma, ripreso perché si era slogato un piede, subì una pesante condanna per diserzione e venne trasferito prima al forte di Rocca d'Anfo, poi a Gaeta e, infine, al Lido di Venezia, dove tentò il suicidio sparandosi un colpo di pistola in pieno petto.
Questo episodio offrì alle autorità militari il pretesto per allontanarlo dall'esercito, per cui il F. si trasferì a Torino, dove si dette al giornalismo iniziando a collaborare con alcuni dei fogli radicali più intransigenti: i suoi articoli aggressivi e graffianti lo costrinsero a battersi più volte a duello, cosa che gli costò prima alcuni periodi di carcere e poi l'esilio in Svizzera (1872), Francia, Belgio e Spagna, sempre alla ricerca di qualcosa in grado di appagare un temperamento esuberante e incapace di adattarsi alla monotonia di una vita metodica e tranquilla.
Nel 1882 lo troviamo ad Alessandria d'Egitto, quindi al Cairo e poi a Suez, dove il 13 maggio si imbarcò, in compagnia di uno studioso di scienze naturali e matematiche, Maurizio Buscalioni, per toccare la penisola arabica a Gedda, raggiungere il porto della Mecca, sbarcare sulla costa africana a Suakim e arrivare infine a Massaua il 22 maggio.
Da qui, approfittando della partenza di una carovana di commercianti greci diretti al Sudan, il 20 luglio, intraprese un viaggio che, a dorso di cammello, lo portò prima a Monkullo, nella regione dei Bogos, poi a Kalameta, Keren, Kassala, Ghedareff, Metema e infine nel principato di Galabat, dove fu costretto a fermarsi fino ai primi giorni di dicembre per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute. Successivamente, attraverso le regioni del Sudan, giunse, costeggiando le rive del lago Tana e percorrendo il grande altopiano dell'Amhara, a Gondar, Ifag, Debra-Tàbor, Cambocià, Màgdala e Borumieda, dove ebbe inizio la seconda parte, meno perigliosa ma ugualmente interessante, di questa avventura nel regno di Menelik, il quale, grazie all'intervento di un medico napoletano, R. Alfieri, lo accolse calorosamente a Debra-Berhan, permettendogli, fra l'altro, di recarsi a Let Marefià a rendere omaggio alla tomba del marchese O. Antinori e di partecipare, come osservatore, alla spedizione punitiva organizzata dal ras nel Cercer contro i Galla Ittus, che si erano insediati nella media valle dell'Auàsh.
Dopo la conclusione di questa spedizione rientrò prima ad Ankober e poi a Debra-Berhan, dove, all'inizio del luglio 1883, si congedò dal re dello Scioa manifestandogli la sua intenzione di esplorare la regione del Goggiam, oltre il Nilo Azzurro: in realtà, adducendo la scusa che il Nilo era assolutamente impraticabile per il persistere della stagione monsonica, alla fine di agosto, armato di un solo revolver "che non fa fuoco" e accompagnato da tre servi fornitigli da ras Gebana, si diresse a Nordovest per giungere, attraverso i regni oromonici di Limmu, Gimma e Gomma, in quello di Ghera, dove arrivò il 22 sett. 1883 per cercare di riesumare e recuperare le spoglie di G. Chiarini, morto quattro anni prima in circostanze sospette, forse per avvelenamento.
Raggiunto questo obiettivo, ritornò nello Scioa per dirigersi verso il Mar Rosso non più attraverso il Galabat e il Sudan, ma per la strada, aperta da P. Antonelli, che dall'Aussa e dal deserto della Dancalia conduceva alla baia di Assab, dove giunse - dopo aver percorso oltre 3.000 km - il 28 ag. 1884 per imbarcarsi a ottobre alla volta dell'Italia.
Rientrato in patria, si recò a Chieti dove, nella chiesa di S. Anna, il 26 nov. 1884 consegnò ufficialmente la bara contenente i resti del Chiarini; poi si dedicò a tenere numerose conferenze sulla sua avventura africana e a redigere le sue note di viaggio.
Nel 1885, infatti, uscì a Torino il Continente nero (un'altra edizione, a cura di G. Silvestro, Novara 1961). L'opera, che prende le mosse dalla partenza del F. dal principato di Galabat e si conclude col suo arrivo ad Antoto, all'ingresso dello Scioa dalla parte dei Soddo Galla (la parte mancante sarà sviluppata in Aure africane, Milano 1892), rappresenta uno dei più vivi e piacevoli volumi prodotti dalla fase pionieristica delle esplorazioni italiane in Africa, soprattutto per l'umorismo di carattere picaresco spinto fin quasi all'autolesionismo che contraddistingue molte sue pagine.
Ripartì per l'Africa il 1° maggio 1886, imbarcandosi a Genova con il tenente A. Rondani e il capitano marittimo G. Ferrandi, per raggiungere Aden dove l'ostilità delle autorità inglesi ostacolò e ritardò la partenza per la Dancalia meridionale. Raggiunto infine il 9 giugno, il protettorato francese di Tagiura, privi di aiuti e di finanziamenti adeguati, il Ferrandi e il F. (Rondani, ammalatosi, era già ripartito alla volta dell'Italia), terminate le scorte a loro disposizione, decisero di rimpatriare alla fine di ottobre. Il F. ripartì ancora una volta per Massaua il 18 febbr. 1887, ma rientrò quasi subito a Vercelli, dove riprese l'attività di giornalista, collaborando soprattutto con la Gazzetta piemontese di Torino e col Messaggero di Roma.
Nel 1889 si imbarcò per un'esplorazione delle coste del Brasile e dell'Argentina, ma l'anno successivo era di nuovo in Italia, a Torino, intento a redigere Aure africane e proseguendo la sua collaborazione con svariati giornali.
Quando, nel 1896 i rapporti tra il governo italiano e Menelik precipitarono, il F. ebbe contatti segreti con l'ingegnere svizzero A. Ilg, un suo vecchio amico allora residente a Ginevra dove rappresentava gli interessi abissini in Europa, ma giudicato ben presto dal governo italiano un interlocutore poco diplomatico, venne sostituito dal maggiore medico C. Nerazzini.
Si ritirò allora sulle colline del Monferrato (prima a Villadeati, poi a Mombello), ma già nel febbraio del 1899, dopo essersi trasferito con la famiglia (nel frattempo si era sposato) a San Mauro Torinese, accettò di imbarcarsi per il Brasile a capo di una spedizione promossa dall'armatore genovese G. Gavotti, che nel 1897 aveva costituito la Società anonima di navigazione ligure-brasiliana. Risalendo il Rio delle Amazzoni e passando per il Manaos, la spedizione avrebbe dovuto spingersi fino a Iquitos, nel Perù, per verificare e individuare gli sbocchi commerciali offerti da quelle regioni a eventuali iniziative espansionistiche italiane basate sull'emigrazione di massa.
Giunto a Belem il 3 marzo, dopo aver toccato Outeri e Bragança, la spedizione risalì per 1.500 miglia un affluente del tratto paraense del Rio delle Amazzoni, spingendosi fino a Itaituba. Tornata alla base verso la metà di aprile, ben presto ripartì alla volta del fiume Toantins, altro affluente del Rio delle Amazzoni, sempre nello Stato del Parà; tentativo questo interrotto già all'inizio di maggio, perché tutti i componenti della spedizione (il giornalista O. Mosca, il geometra Q. Pene, il pittore naturalista G. Guidoni e il maggior medico dell'esercito A. Razzoni) furono colpiti dalla febbre gialla (Guidoni e Razzoni non sopravvissero).
Rientrato perciò il 16 giugno 1899, in precarie condizioni di salute a San Mauro Torinese, il F. fece ancora parlare di sé per la sua adesione al partito socialista e per l'attiva partecipazione alle agitazioni sociali di quel periodo, nonché per essersi recato, per conto de La Stampa di Torino, nell'agosto del 1902, a intervistare il suo vecchio amico Ilg su alcuni aspetti della nostra politica coloniale in Eritrea.
Assai poco sappiamo degli ultimi anni della sua vita: le cronache subalpine lo ricordano come personaggio stravagante e pittoresco, solito passeggiare sotto i portici di Torino con uno scudiscio legato ai polsi, accompagnato da un servo negro vestito di una strana livrea a bottoni dorati, ultimo fedele testimone delle sue avventure africane.
Tormentato dai dolori provocatigli da un'artrite deformante, si suicidò a San Mauro Torinese il 13 apr. 1911, lasciando un figlio in ancora tenera età.
Oltre alle due relazioni (Continente nero e Aure africane), il F. ha lasciato testimonianze dirette delle spedizioni in Africa nei suoi articoli su La Gazzetta piemontese (1882 e 1886), il Bollettino della Società geografica italiana (1883, 1884 e 1886), L'Esplorazione commerciale (1886) e il Bollettino della Società africana d'Italia (1886).
Fonti e Bibl.: Fonti e documenti relativi al F. sono in: Arch. di Stato di Novara (Fondo Finazzo, che contiene le lettere inviate dal F. a E. Paoli nel 1886); Napoli, Istituto universitario orientale, Biblioteca Matteo Ripa, Arch. storico della Società africana d'Italia (vedi il catalogo Arch. stor. della Soc. africana d'Italia, I, Inventario, a cura di C. Intartaglia - C. Scaramella, Napoli 1992, ad Indicem), oltre che nell'Arch. storico del soppresso Ministero dell'Africa italiana. Cfr. inoltre: Il viaggiatore italiano A. F. nel centro dell'Africa, in Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure, 16, 30 ott. e 6 nov. 1884; Igide [L. De Filippi], Il Mar Rosso, Vercelli 1885; F. Cardon, Il continente nero. Note di viaggio, in Nuova Antologia, 16 giugno 1885, pp. 703-715; A. Umiltà, Les Italiens en Afrique, Paris 1887, p. 340; C. Rossetti, Storia diplomatica dell'Etiopia durante il regno di Menelik II, Torino 1910, p. 190; C. Bertacchi, Geografi ed esploratori italiani contemporanei, Milano 1929, pp. 288-296; L. Traversi, Let Marefià, Milano 1931, pp. 255-260; F. Arfelli, A. F., in Rassegna italiana politica, letteraria e artistica, XVI (1933), pp. 483-488; R. Micaletti, Sangue italiano in Etiopia, Firenze 1933, pp. 207-216; F. Arfelli, A. F. alla ricerca della salma del Chiarini, in Riv. delle colonie, giugno 1934, pp. 478-484; P. Gribaudi, I pionieri piemontesi nell'Africa Orientale. Missionari-agricoltori-artigiani-esploratori, in Torino. Rassegna mensile della città, 1935, pp. 56-59; P.M. Bardi, Pionieri e soldati d'Africa Orientale dall'acquisto di Assab all'impero romano d'Etiopia, Milano 1936, pp. 167-175; E. De Bono, A. F., Novara 1937; C. Cesari, Gli Italiani nella conoscenza dell'Africa. I nostri precursori coloniali, Roma 1938, pp. 148-167; G. Faldella, A. F. pioniere vercellese dell'espansione italiana in Africa, Vercelli 1942; E. Emanuelli, Due lettere a Rimbaud, in Inventario, II (1949), pp. 122-126; C. Mortari, Il mondo esplorato da tredici piemontesi, Torino 1949, pp. 1-20; E. De Leone, Le prime ricerche di una colonia e la espansione geografica, politica ed economica, Roma 1955, pp. 156-160; Crispi e Menelik nel diario inedito del conte Augusto Salimbeni, a cura di C. Zaghi, Torino 1956, ad Indicem; G. Dainelli, Gli esploratori italiani in Africa, Torino 1960, pp. 511-520; C. Giorchino, A. F. presentato ai giovani, Vercelli 1963; R. Bertacchini, Continente nero. Memorialisti italiani dell'800 in Africa, Parma 1968, pp. 297-322; R. Rainero, L'anticolonialismo italiano da Assab ad Adua, Milano 1971, pp. 190 s.; T. Saracco, A. F. Una sconcertante figura di esploratore etiopico avventurieroe scrittore, in Boll. stor. vercellese, VII (1975), pp. 3-44; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa orientale. Dall'Unità alla marcia su Roma, Roma-Bari 1976, ad Indicem; C.F. Mestorino, A. F. lo zingaro d'Africa, in Almanacco piemontese 1981, Torino 1981, pp. 89-103; F. Pozzo, Piemonte e piemontesi nell'opera di E. Salgari. Le avventure vissute a Torino, ibid., pp. 135-140; M. Tropea, Un viaggiatore piemontese nel cuore dell'Africa nera: l'"irregolare" A. F., in Atti del Convegno Piemonte e letteratura, 1789-1870 (San Salvatore Monferrato 1981), a cura di G. Ioli, s.d. [1982], pp. 993-1013; M.E. Ferrari, "L'Amazzonia". Una rivista per l'emigrazione nel Brasile settentrionale, in Miscell. di storia delle esplorazioni, VIII (1983), pp. 257-317; F. Pozzo, La spedizione Franzoj all'Amazzonia, Vercelli 1984 (e in Miscell. di storia delle esplorazioni, IX [1984], pp. 171-197); Id., Dal "Continente nero" di F. alla "Favorita del Mahdi" di Salgari, in Studi piemontesi, XIV (1985), pp. 112-116; C. Zaghi, La conquista dell'Africa…, Napoli 1984, ad Indicem; Id., Rimbaud in Africa. Con documenti inediti, Napoli 1993, ad Indicem.