RESPIRATORIO, APPARATO (XXIX, p. 99)
Fisiologia. I concetti sulla meccanica respiratoria sono cambiati sensibilmente durante gli ultimi anni, poiché mentre si pensava prima che l'espansione polmonare avvenisse per un aumento della depressione intratoracica, e cioè per il dislivello di pressione che esiste tra l'atmosfera ed il cavo pleurico (espansione del polmone per insufflazione), oggi si pensa invece che l'espansione polmonare avvenga per trazione diretta della parete toracica, che si espande, sul tessuto polmonare elastico sottostante; l'aria cioè entra nel polmone perché le cavità alveolari aumentano di volume, e la pressione in essa necessariamente diminuisce; non che essi aumentino di volume per effetto dell'entrata dell'aria. La pressione endopleurica non ha cioè nessuna parte importante come causa determinante le variazioni del volume del polmone durante i movimenti respiratorî: ciò perché il foglietto viscerale della pleura è strettamente ancorato a quello parietale, non essendone separato che da uno strato sottilissimo di liquido. I due foglietti possono scorrere l'uno sull'altro in senso parallelo alla superficie della pleura, ma non in senso perpendicolare. Il meccanismo di respirazione per insufflazione si verifica soltanto nel pneumotorace; l'espansione polmonare avviene allora con un meccanismo che presenta una certa inerzia, e che quindi è necessariamente lento e poco redditizio, particolarmente nella respirazione affrettata (iperventilazione).
Il controllo nervoso della respirazione è stato bene delucidato, essendo stati individuati in corrispondenza del midollo allungato due centri, uno inspiratorio e l'altro espiratorio; quest'ultimo viene stimolato da impulsi che provengono: a) dal polmone sovradisteso per effetto della inspirazione; oppure b) da un centro pneumotassico, che si trova superiormente nel ponte, e che riflette in basso al centro espiratorio quegli impulsi che vi provengono dal centro inspiratorio. Se si pratica un taglio trasversale del sistema nervoso centrale, tra ponte e midollo allungato, questi impulsi non possono più giungere al centro espiratorio, ma la respirazione avviene bene ugualmente, perché questo centro può venire messo in eccitamento da impulsi che provengono dalla periferia; ma, se, dopo questo intervento, si tagliano i vaghi, attraverso i quali passano gli impulsi che provengono dal polmone, l'animale compie profonde e sostenute inspirazioni (apneusi) che lo conducono presto a morte, per insufficienza del respiro. La regolazione ritmica del respiro è dunque sostenuta da questi due circuiti nervosi, uno a decorso periferico, l'altro a decorso centrale.
Il centro respiratorio, particolarmente quello inspiratorio, viene stimolato direttamente dall'anidride carbonica o da un aumento della concentrazione in idrogenioni; ma esso può anche essere stimolato per via riflessa, tramite i chemocettori che si trovano nel glomo carotideo e nella zona cardio-aortica; la soglia per la stimolazione riflessa è più bassa che per la stimolazione centrale. I chemocettori, attraverso i nervi, rispettivamente del seno carotideo e depressore, inviano al centro respiratorio impulsi tutte le volte che vengono stimolati dal CO2, dagli H ioni, dalla anossia (la quale ha invece un'azione depressiva quando agisca direttamente sui centri), dai cianuri e da altri farmaci, quali la coramina, la lobelina, l'acido nicotínico, la nicotina, ecc. Per mezzo di questi due meccanismi, centrale e riflesso, il centro respiratorio è straordinariamente sensibile alla tensione del CO2 del sangue, tanto che basta una variazione di 0,1 mm. Hg, e forse meno, per provocare un aumento della ventilazione tale da ricondurre al normale la tensione del CO2 del sangue.
È probabilmente questa l'unica ragione per cui tutte le volte che aumenta la produzione di CO2, per effetto di un aumento del metabolismo (nel lavoro muscolare), la ventilazione polmonare aumenta corrispondentemente, in modo che la pressione dell'anidride carbonica del sangue nun subisce variazioni apprezzabili; diciamo allora che la ventilazione polmonare è strettamente adeguata al bisogno; e se misuriamo la ventilazione polmonare in funzione del consumo energetico, otteniamo la curva della figura, che nella sua prima parte, e cioè per un valore di metabolismo inferiore a 10-12 calorie per minuto, è retta. Soltanto nell'ultima parte, quando il lavoro diventa molto intenso, la ventilazione aumenta di più di quanto corrisponda al metabolismo, e tale aumento della ventilazione polmonare è probabilmente dovuto al fatto che a valori così elevati di metabolismo energetico, essendo aumentata la portata sanguigna aitraverso i polmoni, il sangue non vi si sofferma più un tempo sufficiente per ossigenarsi completamente: si ha cioè una anossia, la quale costituisce uno stimolo addizionale alla respirazione, agendo sui chemocettori del letto circolatorio.
Il rapporto tra il metabolismo energetico, espresso in calorie per minuto, e la ventilazione polmonare, espressa in litri/min., esprime le calorie che corrispondono ad ogni litro di aria ventilata (cal/litro), e questo è un coefficiente molto significativo del rendimento energetico della respirazione; esso ha un valore di circa 0,23, ma, a valori molto elevati di metabolismo, può scendere fino anche a 0,15, mettendo così quantitativamente in evidenza l'abbassamento del rendimento respiratorio.
Un'altra prova molto significativa della funzione polmonare può essere rilevata determinando il contenuto, o meglio la pressione parziale dell'ossigeno e dell'anidride carbonica negli alveoli polmonari e nel sangue arterioso. In seguito ad un ispessimento dell'endotelio alveolare, quale si ha, ad es., nell'edema polmonare, la diffusione dei gas respiratorî dagli alveoli al sangue, e viceversa, è diminuita, ma generalmente più per l'ossigeno che per l'anidride carbonica, che diffonde molto più facilmente. Il sangue arterioso può perciò trovarsi povero di ossigeno (anossiemia), e questa condizione essere causa di iperventilazione polmonare. Questo conduce ad un aumento della pressione parziale dell'ossigeno negli alveoli e ad una corrispondente diminuzione dell'anidride carbonica con variazioni parallele nel sangue. Si osservano allora nel sangue le stesse variazioni che si verificano a bassa pressione barometrica, nel mal di montagna, e cioè anossia accompagnata da acapnia.
Nella lesione di ambedue le parti, gassosa e circolatoria dell'alveolo polmonare, quale si ha in maniera particolarmente rappresentativa in seguito a pneumectomia, non si osservano disturbi molto gravi, data l'esuberanza del polmone nel provvedere alla funzione respiratoria in ordinarie condizioni di riposo o di lavoro leggero. Analogamente, una disfunzione della sola parte circolatoria, quale si ha ad esempio nell'enfisema polmonare, nel quale molti capillari polmonari sono obliterati e scompaiono, non conduce a disturbi molto gravi se la lesione non è molto estesa. Una lesione della sola parte aerea del polmone invece dà luogo ad una sintomatologia gravissima, quale si osserva ad esempio nella pneumonite franca, nella quale gli alveoli polmonari sono ripieni di essudato fibrinoso, e l'aria non vi può entrare. Il sangue che scorre nei capillari ancora pervî di questa zona non si può arterializzare, si formano cioè condizioni simili a quelle che si verificano nella permanenza del forame ovale o del dotto di Botallo, in cui il sangue corto-circuita direttamente dal cuore destro al cuore sinistro (shunt arterovenoso), abbassando notevolmente la pressione parziale dell'ossigeno nel sangue arterioso, ed essendo causa di grave condizione di anossia da parte del paziente.