antifascismo
Atteggiamento di opposizione al fascismo, che va dal semplice stato d’animo al movimento organizzato. In senso largo, poiché il fascismo è stato assunto, entro certi limiti, a modello di posteriori movimenti dittatoriali o semplicemente autoritari (nazionalsocialismo, salazarismo, falangismo, peronismo), si può parlare di a. come di un fenomeno non limitato alla sola Italia. In senso stretto, l’a. fu invece la reazione, morale e politica, di partiti e gruppi alla dottrina e alla prassi del fascismo al potere. Le opposizioni incontrate dal fascismo al suo sorgere, il tentativo degli Arditi del popolo di respingere gli squadristi organizzandosi anche per vie extralegali, nonostante rilevanti episodi di resistenza come quelli di Parma o Viterbo, furono presto sconfitti. Con l’avvento del fascismo al potere (28 ottobre 1922) s’inizia invece il vero e proprio a., che sorge soprattutto a opera di alcuni partiti dell’Italia prefascista, e dispone ancora della tribuna parlamentare e di una certa libertà di stampa. Alcuni gruppi liberali, il partito socialista, quello comunista, i democratici-liberali guidati da Giovanni Amendola, un gruppo rilevante del Partito popolare italiano, i liberal-socialisti raccolti attorno a P. Gobetti e al gruppo di Non Mollare sono gli antesignani di questa prima fase antifascista, la quale già conosce un largo fiotto di emigrazione politica all’estero. Dopo il delitto Matteotti (10 giugno 1924), votate le leggi dittatoriali del 3 gennaio 1925 e rivelatasi con la sconfitta dell’Aventino l’impossibilità di un’efficace lotta antifascista sul piano della legalità, il fulcro della resistenza al fascismo passa all’estero, ove tra il 1926 e i primi del 1927 si trasferiscono gli stati maggiori dei partiti politici. La stessa CGdL viene sciolta dai suoi dirigenti, che istituiscono un ufficio di coordinamento a Parigi. Rispetto a questa tendenza fa eccezione il Partito comunista, che conserva un Centro interno, pur affiancandovi, dal febbraio 1927, un Centro estero. La presenza capillare, la strutturazione per cellule, l’esistenza di comitati di riserva pronti a subentrare in caso di arresti dei nuclei attivi, il rispetto delle regole della clandestinità (organizzazione per compartimenti stagni ecc.) consentono ai comunisti di rimanere attivi nel Paese e di svolgere un’opera di agitazione e propaganda. Nello stesso febb. 1927 essi ricostituiscono a Milano la CGdL, ovviamente clandestina, ma alla ricostruzione di tale presenza aggiungono un certo lavoro anche all’interno dei sindacati fascisti, e in generale delle organizzazioni di massa del regime, secondo una linea che sarà sistematizzata da P. Togliatti nelle Lezioni sul fascismo. Agli altri partiti operai si propone un «fronte unico», che tuttavia non fa grandi passi in avanti; solo nel 1934 viene siglato col PSI un patto di unità d’azione, che anticipa la politica dei fronti popolari. Le altre forze dell’a. si riorganizzano invece in modo pressoché totale all’estero. A Parigi, attorno ad A. de Ambris, L. Campolonghi, C. Treves e F. Turati, sorge la Concentrazione antifascista (apr. 1927), che comprende essenzialmente socialisti e repubblicani e che, in un certo senso, è la continuazione dell’Aventino e rappresenta il programma politico dei partiti prefascisti. La Concentrazione, cui non partecipano comunisti, liberali e popolari, è criticata, oltre che dal PCd’I, anche da C. Rosselli, che ne contesta la «passività aventiniana», e nel 1929 dà vita a un nuovo gruppo, Giustizia e Libertà. Quest’ultima sigla un accordo col Partito socialista, per cui a GL è delegata l’azione in Italia, mentre il PSI rimane il punto di riferimento del movimento all’estero; nel 1931 l’accordo è esteso all’intera Concentrazione. Tuttavia questa linea non convince gruppi di giovani socialisti rimasti in Italia, che attorno a R. Morandi e L. Basso danno vita a un Centro interno socialista (1934-39), che rappresenta una interessante seppur breve esperienza. Intanto nel 1934 il distacco di GL dalla Concentrazione segna la fine di questa. L’emigrazione politica italiana opera lungo due traiettorie: azione presso i paesi ospitanti (scarsissima e compromessa dall’interferenza di non pochi agenti provocatori); azione verso l’Italia (tenere desto il problema dell’opposizione alla dittatura fascista: a ciò mirò soprattutto l’attività di GL con il volo di Bassanesi, l’attentato di De Rosa al principe Umberto ecc.); mantenere i legami con l’opposizione interna (e al riguardo realizzò la massima dinamicità l’azione comunista). All’interno, intanto, l’a. – mentre la massa dei cattolici professanti subiva gli ondeggiamenti dei rapporti tra la Santa Sede e il governo (atteggiamento passivo e cauto, che con la Conciliazione del 1929 cede il posto a una sostanziale adesione, attenuatasi a partire dal 1931 per la questione dell’Azione cattolica, per poi ridiventare attiva con la guerra di Etiopia) – continua a essere rappresentato, oltre che dai comunisti e da piccoli gruppi anarchici, repubblicani, socialisti, popolari, anche da un certo numero di intellettuali. Il loro maggiore rappresentante è B. Croce, che già nel 1925 aveva pubblicato il noto Manifesto degli intellettuali antifascisti, in opposizione a quello che gli «intellettuali fascisti» avevano redatto nello stesso anno. L’a. intanto veniva represso dalla polizia politica a tal fine creata, l’OVRA, e i provvedimenti di confino si intensificavano. La guerra di Etiopia segnò un leggero incrinarsi nell’a.; ma l’irrigidirsi del regime dittatoriale, il suo immiserirsi sempre più in costrizioni anche formali, le morti di altri antifascisti quali A. Gramsci (dopo anni di carcere) e C. e N. Rosselli (raggiunti dai sicari in Francia), il volto sempre più imperialista del fascismo, la politica filo-tedesca e le aberrazioni razziste provocarono una crisi anche tra la gioventù, i cui esponenti più attivi si scossero e per travaglio morale-intellettuale e per profonda delusione all’interno del fascismo. Sorse così in Italia quell’humus fecondo dal quale – dopo il nuovo legame creato tra a. interno e a. all’estero dalla guerra di Spagna – nascerà la Resistenza, nome che da alcuni è esteso all’intero a., mentre altri preferiscono riservarlo alla lotta clandestina del 1943-45 (➔ ; Resistenza).