Processo che porta alla formazione di nuovi vasi sanguigni da altri vasi preesistenti. Nell’a. embrionale le cellule mesenchimali formano ammassi di cellule angiogeniche, la cui parte interna si sviluppa in cellule del sangue e quella esterna in cellule endoteliali dei vasi sanguigni (v. fig.). Nell’adulto l’a. è coinvolta nei processi di riparazione e rigenerazione di tessuti, e nel ciclo riproduttivo femminile. Nel processo angiogenico si distinguono quattro fasi caratterizzate da: aumento della permeabilità dei vasi sanguigni; produzione sia di enzimi proteolitici (che degradano la matrice cellulare) sia di fattori proteici e non (che promuovono la proliferazione e la migrazione delle cellule endoteliali); differenziamento dei vasi; stabilizzazione dei vasi mediante il reclutamento di cellule del mesenchima che si dispongono sulle loro pareti esterne. I fattori angiogenici si dividono in regolatori diretti, che hanno come bersaglio le cellule endoteliali, e regolatori indiretti, che agiscono su cellule accessorie (monociti, mastociti e cellule T) o stimolando le cellule endoteliali a produrre fattori con azione diretta. Esempi di induttori indiretti sono il TNF-α (tumor necrosis factor-α) che agisce sulle cellule endoteliali favorendo la produzione di induttori diretti quali il fattore proteico B61, il fosfolipide PAF (platelet-activating factor) e l’ossido nitrico (NO). I principali induttori angiogenici diretti sono i fattori di crescita FGF (acid fibroblast growth factor), bFGF (basic fibroblast growth factor), PDGF (platelet-derived growth factor), PlGF (placental growth factor) e VEGF (vascular-endothelial growth factor). L’a. riveste un ruolo centrale anche in alcune patologie, per es., nella crescita del tumore primario e nella formazione delle metastasi. Per crescere, un tumore solido deve indurre la formazione di una rete di capillari che ne invada la massa; la densità dei vasi e la tendenza a formare metastasi di alcuni tumori primari sono correlate con l’espressione di fattori angiogenici, in particolare il VEGF. In alcune terapie il paziente affetto da tumore viene trattato con anticorpi monoclonalidiretti contro il VEGF o con molecole che inibiscono la via di trasduzione del segnale di uno dei suoi recettori, il VEGFR-2. In medicina cardiovascolare strategie terapeutiche sperimentali somministrano nei siti ischemici, per indurre la formazione di nuovi vasi collaterali, fattori angiogenici ottenuti mediante tecniche di DNA ricombinante; o utilizzano la terapia genica mediante DNA plasmidico ‘nudo’ (naked DNA) o clonato in un vettore quale l’adenovirus, per far esprimere al tessuto ischemico i fattori angiogenici. L’inibizione dell’a. è utilizzata anche in patologie determinate da una neovascolarizzazione intraoculare, come nella degenerazione maculare associata all’età (AMD, age-related macular degeneration).