amiloidosi ereditaria
Condizione patologica caratterizzata dal deposito extracellulare di materiale proteico non solubile (amiloide), a causa di disfunzioni che alterano il metabolismo o la conformazione di alcune proteine. Queste molecole, non più correttamente metabolizzate dall’organismo, si accumulano nei tessuti, causandone il malfunzionamento. L’esempio più noto di amiloidosi è probabilmente il morbo di Alzheimer, caratterizzato dall’accumulo di proteina beta-amiloide nel cervello. L’amiloidosi ereditaria è la forma familiare di questa condizione, a trasmissione autosomica dominante. Sono note cinque forme diverse, in base alle proteine disfunzionali. La forma più comune di amiloidosi ereditaria coinvolge la transtiretina, una proteina prodotta dal fegato, e si manifesta solitamente con sintomi legati al sistema nervoso periferico e centrale; con l’evoluzione della malattia emerge una cardiomiopatia restrittiva che progredisce nel corso del tempo. Sono oltre ottanta le mutazioni genetiche note associate all’insorgere di questa patologia. Altre forme di amiloidosi ereditaria sono molto rare, e colpiscono soprattutto i reni (apolipoproteina A-II, fibrinogeno e lisozima); nel caso di amiloidosi da apolipoproteina A-I, i depositi di amiloide interessano prevalentemente i reni, il cuore e il fegato. La diagnosi si effettua con l’analisi di tali depositi amiloidi e successivamente con un’analisi genetica per identificare la mutazione responsabile della malattia. Nel caso di condizione ereditaria, la terapia è solitamente rappresentata dal trapianto dell’organo colpito e che eventualmente produce la proteina mutata. È comunque indicata una terapia di supporto, volta a diminuire la quantità di proteine amiloidi circolanti nell’organismo.
→ Genetica. Analisi genetica della durata della vita e dell’invecchiamento