Filosofo (Elizavetgrad, od. Kirovograd, 1837 - Ginevra 1890). Visse dal 1867 in Germania, dove studiò a Lipsia e a Heidelberg, e dal 1882 in Svizzera, dove scrisse le sue principali opere in tedesco e in francese. La sua filosofia, profondamente influenzata dal pensiero kantiano, da cui peraltro si distacca nella direzione di soluzioni metafisico-religiose, nega la validità della conoscenza empirica, poiché l'esperienza non è altro che "illusione sistematicamente organizzata", e si fonda su un necessario rimando da ciò che è a ciò che deve essere, dal mondo dei fatti al mondo della norma. Norma ritrovata nel principio, sintetico a priori, d'identità logica, cui si commisura ogni realtà vera, nella sua immutabilità, incondizionatezza e, conseguentemente, libertà. Il principio acquista così in Š. un significato ontologico, permettendo una visione della realtà dell'uomo come ordinata e tendente a quella realtà totalmente incondizionata che è Dio. Opere principali: Denken und Wirklichkeit (1873); Moralität und Religion (1874; trad. it. Religione, 1911); Recht und Unrecht (1879; trad. it. La giustizia, 1930); Gesammelte Schriften (4 voll., 1883-85); Esquisses de philosophie critique (1887; trad. it. 1913); Principes de justice sociale (post., 1945).