viziare
v. tr. [dal lat. vitiare] (io vìzio, ecc.). – 1. a. Indurre volontariamente o involontariamente qualcuno, con metodi educativi troppo indulgenti o permissivi, a cattive abitudini, a comportamenti scorretti, a voler essere sempre accontentato: i genitori lo hanno viziato col dargliele tutte vinte; è stato viziato dai nonni fin da piccolo; in giudizî più severi, far contrarre, e, nell’intr. pron., prendere, contrarre vizî: è cresciuto in un ambiente che lo ha viziato; il ragazzo si è viziato a contatto di cattivi compagni. In usi iperb. e scherz., abituare qualcuno a un trattamento troppo premuroso: il marito la adora, e la vizia con troppe attenzioni e continui regali; la vostra ospitalità è principesca: così ci viziate. b. Fare acquistare a un animale difetti di comportamento, con un modo sbagliato di addestrarlo e di utilizzarlo: se fai sfrenare così il cavallo, lo vizierai; nell’intr. pron.: se gli si fa inseguire la selvaggina, il cane si vizia. 2. fig. a. Rendere, far diventare difettoso, imperfetto e non funzionante un oggetto: sottoponendola a una tensione eccessiva, hai viziato la molla, o, come intr. pron., la molla si è viziata; difetti di lavorazione che possono v. i manufatti; più com., v. l’aria, renderla meno pura e respirabile: esalazioni che viziano l’aria, e come intr. pron.: con tante persone che fumano l’aria si vizia; poet., della luce, offuscarla: Ond’esce il fummo che ’l tuo raggio vizia (Dante), il fumo che offusca il raggio del pianeta Giove. b. Compromettere la validità e l’efficacia di un atto o di un’operazione: un errore di calcolo vizia lo svolgimento del problema; l’eccessiva pedanteria vizia questa ricerca; una evidente contraddizione vizia tutto il ragionamento; in diritto, rendere non valido, nullo; infirmare: basta una piccola omissione formale per v. un’obbligazione; un errore procedurale che vizia la delibera, la sentenza, il contratto. ◆ Part. pass. viziato, anche come agg. (v. la voce).