vituperio
vitupèrio (ant. o letter. vitupèro) s. m. [dal lat. tardo vituperium, der. di vituperare «vituperare»]. – 1. non com. Infamia, grave disonore: portare, arrecare v.; essere di v. e essere causa di v.; in passato, suonare a vitupero, di campane che suonavano per annunciare che qualcuno era esposto alla gogna (l’espressione è talvolta ancora usata con sign. fig.); pietra del vitupero (v. acculattata). 2. a. Ingiuria o accusa infamante, improperio: gettare, lanciare vituperî; ricoprire qualcuno di vituperî; e con sign. meno grave, rimprovero, biasimo: l’uomo è degno di loda e di vituperio solo in quelle cose che sono in sua podestà di fare o di non fare (Dante). b. letter. La persona, il fatto o la cosa che è causa o occasione d’infamia: essere il v. della famiglia, del proprio paese; Ahi Pisa, vituperio de le genti Del bel paese là dove ’l sì suona (Dante); Schiume d’avvocatucci e poetastri, Birri, strozzini ed altri vituperî (Giusti), altra gentaglia. In usi iperb., per lo più scherz., cosa molto brutta, mal fatta, che costituisce perciò motivo di vergogna: che v., quel grattacielo nel centro storico! c. ant. Azione vergognosa: per paura che essi questo suo vitupero non palesassero, ... molto più gli onorò (Boccaccio).