viso2
viṡo2 s. m. [lat. vīsus -us, propr. «vista, sguardo, aspetto», der. di videre «vedere», part. pass. visus]. – 1. ant. Vista, atto del guardare, sguardo: Oscura e profonda era e nebulosa Tanto che, per ficcar lo v. a fondo, Io non vi discernea alcuna cosa (Dante); in senso fig., la vista della mente, l’intelletto: Or drizza il v. a quel ch’or si ragiona (Dante). 2. a. Sinon. più elevato, e più limitato come usi, di faccia (cui non può sostituirsi in espressioni come faccia tosta, una faccia da delinquente, salvare la faccia, ecc.): lavarsi il v.; guardare in v.; guardarsi in v., reciprocamente, come gesto di meraviglia; un v. tondo, ovale; aveva il v. bianco come un panno lavato; aveva un v. non tanto vecchio quanto antico, molto fine (L. Romano); visi pallidi, espressione (calco dell’angloamer. paleface) con cui erano designati gli europei dai pellirosse; gli si è allungato il viso, per eccessiva magrezza. Frequente in espressioni ammirative riferite soprattutto a donne: ragazza che ha un bel v., un v. dolce, un v. simpatico, un v. interessante; Morte bella parea nel suo bel v. (Petrarca); Parli [= gli pare] che dal bel v. e da’ begli occhi Una nuova dolcezza al cor gli fiocchi (Poliziano); Fiorir sul caro viso Veggo la rosa, tornano I grandi occhi al sorriso (Foscolo). b. La fisionomia, il sembiante e i tratti caratteristici di una determinata persona: Mai non l’avrei riconosciuto al viso (Dante); quel v. non mi è nuovo; per estens., nel sign. di aspetto: Vo’ che muti il parlare e i vestimenti, E sotto viso altrui te l’appresenti (Ariosto). La fisionomia, in quanto esprime determinati sentimenti: v. serio, allegro, severo, arcigno; con un’espressione di gioia sul v.; gli si legge in v.; Con v. che, tacendo, disse «Taci» (Dante); tutta nel v. divenuta per vergogna vermiglia (Boccaccio); Per più fïate li occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il v. (Dante); con parole assai amichevoli e con lieto v. il ricevette (Boccaccio). c. In locuz. particolari (in cui non sempre, o solo raram., può essere sostituito dai sinon. faccia o volto): dire qualche cosa sul v., non com., dire senza riguardi: nessuno le andava a dir sul v. a Renzo, queste cose (Manzoni); mutar viso, ant., lo stesso che mutar fronte: senza mutar v. ... disse (Boccaccio), senza scomporsi, senza mostrare turbamento; quindi con fermo v., ant., impassibilmente: domandò con fermo v. e con salda voce (Boccaccio); a v. aperto, con coraggiosa franchezza: fu’ io solo, là dove sofferto Fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, Colui che la difesi a v. aperto (Dante); mostrare, far buon v., atteggiare il volto a compiacimento, far buona accoglienza: la donna, fatto buon v. ..., lietamente il ricevette (Boccaccio); fare buon viso a cattivo gioco o a cattiva sorte, adattarsi a necessità spiacevoli (per l’espressione un piatto di buon viso, v. piatto, n. 2 c); e al contrario mal viso, ant.: vi recherete in mano il vostro coltello ignudo e con un mal v. e tutto turbato ve n’andrete (Boccaccio); fare il v. dell’arme o dell’armi, assumere un’espressione ostile e minacciosa, come quella di chi si slancia armato contro altri: con queste e con altre parole assai, col viso dell’arme, ... gli parlava (Boccaccio); fare il v. duro, mostrare intransigenza; avere v. di fare o dire qualche cosa (più com. avere la faccia di ...), avere l’ardire di: ora hai tu viso da motteggiare? (Boccaccio); aver v. di, ant., sembrare: Ma tu m’hai v. d’averlo rubato (Pulci); come locuz. avv., a viso a viso, lo stesso, ma meno com., che a faccia a faccia. 3. Nell’industria cartaria, carta a doppio v., quella che presenta due superfici diverse (per es., una faccia patinata e l’altra ruvida) oppure di diverso colore. ◆ Dim. viṡétto, viṡettino, viṡino e, per lo più con valore vezz., viṡùccio; accr., non com., viṡóne; pegg. viṡàccio, viso brutto, minaccioso, o contratto in una brutta smorfia (gli faceva i visacci).