villano
s. m. e agg. (f. -a) [lat. tardo villanus «abitante della villa», cioè della campagna: v. villa]. – 1. s. m. a. Nel medioevo, chi risiedeva nella villa, la terra aperta che si contrapponeva al borgo e al castello, nella condizione di servo della gleba. Quindi, con sign. più generico, uomo di campagna, contadino: e a’ villani rivolto disse «Vedete, signori, come egli m’aveva lasciato nell’albergo in arnese ...» (Boccaccio); Allora il buon villano sorge dal caro Letto (Parini); Come assiso talvolta il villano Sulla porta del cheto abituro (Manzoni); e al femm.: i baldanzosi fianchi De le ardite villane (Parini); arnesi ... quanti Ne porta in petto, al collo e sulla testa La v. elegante il dì di festa (Giusti). Oggi questo sign. è vivo solo regionalmente o in alcuni proverbî: v. affamato è mezzo arrabbiato; al v. la zappa in mano; carta canta e villan dorme (cioè, con un documento scritto in mano, le persone, e specialmente quelle semplici e sprovvedute, sono più tranquille sull’applicazione dei patti convenuti). b. estens. Persona rozza di modi, poco civile e poco educata (come venivano polemicamente considerate le persone di campagna da parte di chi viveva in città): sei un v., una v.; non fare il v., la v.; comportarsi da v.; com. il prov. scherzo di mano, scherzo da villano; in alcune espressioni si riallaccia al sign. primitivo, mantenendo una connotazione spreg.: villano rifatto, rincivilito, rivestito, chi, pur avendo elevato la propria condizione economica e sociale, conserva (per lo più agli occhi degli appartenenti a classi sociali superiori) animo e modi rozzi e volgari. 2. agg. Rozzo, scortese, maleducato: una persona v., gente v.; una commessa veramente v., un impiegato arrogante e v.; essere, mostrarsi v.; di o da villano, cioè di persona rozza e incivilie: atti, modi v.; comportamento v.; discorsi v.; quando [madonna] va per via, Gitta nei cor villani Amore un gelo, Per che onne lor pensero agghiaccia e père (Dante, opponendo il cor villano e il cor gentile secondo le concezioni stilnovistiche); Le parole che ’ntese Avrian fatto gentil d’alma villana (Petrarca); il piede Villan del servo con l’eburneo dente Segnò di lieve nota (Parini, nell’episodio della vergine cuccia); per estens.: legate le mani con una v. corda (D’Azeglio); e con sign. che si avvicina a quello di «crudele», «spietato»: Morte v., di pietà nemica (Dante). ◆ Dim. villanèllo, quasi esclusivam. come sost. (spec. al femm. -a), nell’uso letter. e nel sign. originario di contadinello (Lo villanello a cui la roba manca, Si leva, e guarda, e vede la campagna Biancheggiar tutta, Dante); per il s. f. villanella, come denominazione di una forma di poesia per musica, v. la voce; accr. villanóne (f. -a), pegg. villanàccio, tutti e due solo come sost. e nel sign. 1 b: è un villanone, sei una villanona (v. anche il più com. villanzone); con quel villanaccio non voglio parlare; a quella villanaccia risponderò io per le rime.