vetrinizzazione
s. f. Esposizione, mostra pubblica, spettacolarizzazione di qualcosa. ◆ Haim Steinbach invece orchestra una sorta di vetrinizzazione nicciana dell’arte: mensole di diversi materiali che reggono e danno un segno di sicura presentazione ad oggetti incerti e quotidiani. (Achille Bonito Oliva, Repubblica, 14 febbraio 2005, p. 34, Cultura) • La vetrinizzazione sociale, fenomeno contemporaneo di cui parla Vanni Codeluppi, implica estraneità e falsa partecipazione. (Marco Belpoliti, Stampa, 17 marzo 2007, p. 35, Società e Cultura) • Non si tratta più di singoli casi parcellari come quello delle donne a luci rosse esposte nelle vetrine di Amsterdam e in generale di tutte quelle diventate merce da vendere e contrattare; ma si tratta del fatto che, per l’appunto, è, proprio «in vetrina» che oggi molte persone – dagli uomini politici (anche bruttissimi), agli intellettuali (civettanti con la moda e il kitsch) – si mettono in continuazione. E appunto di questa vetrinizzazione dell’individuo, tratta ora con grande impegno un agile saggio di Vanni Codeluppi («La vetrinizzazione sociale»), già noto per i suoi lavori sul Potere del consumo, e Lo spettacolo della merce. (Gillo Dorfles, Corriere della sera, 10 aprile 2007, p. 45).
Derivato dal s. f. vetrina con l’aggiunta del suffisso -izzazione.
Già attestato nella Stampa del 19 luglio 1995, p. 14, Società e Cultura (Marco Neirotti).