vestibolo
vestìbolo (ant. vestìbulo) s. m. [dal lat. vestibŭlum, voce di formazione oscura]. – 1. Nell’antichità, spazio libero che precede una sala, il portico o pronao che precede il tempio in antis, lo spazio riservato davanti alle tombe. Più particolarm., nell’antica casa romana, ambiente di introduzione, intermediario fra l’interno e l’esterno, che precede il cavedio mentre questo precede l’atrio; nella casa greca e romana d’età ellenistica, pur mantenendo la sua funzione, il vestibolo passa dalla forma a corridoio a quella a portico; durante l’impero assume talora aspetto di particolare imponenza come nel Palazzo dei Flavî sul Palatino dove è a porticato, nella villa Adriana a Tivoli e nel Palazzo di Diocleziano a Spalato dove assume forma rotonda coperta da cupola. Il vestibolo, come ambiente di disimpegno e di ingresso dalla strada, è presente anche nell’architettura medievale e assume splendore durante il Rinascimento. Nel palazzo italiano del tardo Cinquecento e del Seicento, il vestibolo prende talora sviluppo tale da corrispondere a due piani, come in alcuni palazzi genovesi: è da questa forma che si svilupperà più tardi la tipica hall inglese. Dall’Ottocento il vestibolo assume nuova importanza e varie funzioni nei grandi edifici pubblici; così nelle banche, nei musei, nei palazzi di giustizia, nelle biblioteche, nei parlamenti, nei teatri, nelle stazioni ferroviarie. 2. Nei caseifici industriali, locale nel quale si effettuano il ricevimento e la pesatura del latte. 3. In anatomia, termine usato a indicare una cavità, uno spazio o passaggio ad altra cavità; così, per es., in anatomia umana è una parte del labirinto dell’orecchio e propriamente la cavità compresa tra la cassa del timpano, la coclea e i canali semicircolari; in anatomia comparata è il seno urogenitale, cioè la porzione terminale del tratto genitale dei mammiferi e, in questi stessi vertebrati, quello spazio della laringe che precede le corde vocali; negli gnatostomi anche quella regione della cavità orale interposta tra le labbra e i denti. Per il cosiddetto acquedotto del v., v. acquedotto, n. 3. 4. In botanica, v. stomatico, la parte superiore, dilatata, del dotto stomatico (v. dótto, n. 3).