verso3
vèrso3 s. m. [lat. vĕrsus -us, der. di vertĕre «voltare», part. pass. versus; propr. «il voltare», quindi «l’andare a capo»]. – 1. a. ant. e raro. Riga di scrittura o di stampa, dopo la quale si va a capo (cfr. capoverso): se in quel tempo si fosse usata la nota dell’apostrofo, o nella fin del v. il contrassegno della parola mozza (Salviati). b. In poesia, ciascuno dei membri maggiori in cui si articola un periodo ritmico (alla fine del quale, nella scrittura, per solito si va a capo), definibile come l’incontro di uno schema metrico e di una sequenza ritmica variabile secondo leggi diverse nella metrica quantitativa e in quella accentuativa (v. metrica): i v. greci, latini, italiani; nella poesia quantitativa: v. esametri, v. alcaici, v. saffici, ecc., e v. acataletto, catalettico, ipercatalettico, ecc.; nella poesia accentuativa: v. endecasillabi, decasillabi, novenarî, ottonarî, settenarî, quinarî; v. martelliani, ecc.; v. rimati; v. sciolti, non legati dalla rima (v. endecasillabi sciolti, i più comuni); v. piano, tronco, sdrucciolo, secondo che finisca con parola piana, tronca o sdrucciola; v. libero (calco del fr. vers libre), indipendente da ogni schema metrico tradizionale, teorizzato e usato dai simbolisti francesi nell’ultimo Ottocento e affermatosi in Italia nel primo Novecento (D. Gnoli, G. D’Annunzio, E. Thovez, F. T. Marinetti); commedia, satira in versi; mettere in versi, verseggiare; scrivere, recitare versi; Più volte incominciai a scriver versi: Ma la penna e la mano e l’intelletto Rimaser vinti (Petrarca); Sdegno il v. che suona e che non crea (Foscolo). Il plurale è spesso usato per indicare una composizione o un insieme di composizioni poetiche: i suoi v. mi piacciono; nel Settecento si scrissero moltissimi v. d’occasione; e in titoli di raccolte poetiche: Versi di ...; o di opere musicate: Iris, musica di P. Mascagni, versi di L. Illica; talvolta con sign. limitativo, parlando di una produzione letteraria a cui non si voglia dare il nome, troppo impegnativo, di poesia: uno scrittore di versi. Raro e letter. il sing. con valore collettivo: L’inclito v. di colui che l’acque Cantò fatali (Foscolo), la poesia di Omero. c. Nella liturgia cattolica, v. (o versetto), il breve inciso, cui segue una risposta ugualmente breve, che si canta o si recita in determinate occasioni e ore liturgiche: i v. (o versetti) salmodici dell’Ora canonica, i v. del responsorio; Venivan genti innanzi a noi un poco, Cantando «Miserere» a verso a verso (Dante). 2. a. ant. Motivo, aria musicale: trovarono le donne che facevano una carola a un v. che facea la Fiammetta (Boccaccio). Per estens., canto, voce lamentevole. b. Denominazione generica con cui viene indicata qualsiasi emissione di suoni prodotta da un animale, sia che si tratti di un mammifero, sia con riferimento a uccelli, rettili, ecc.: tali suoni variano secondo la specie, l’età dell’animale, le sue condizioni fisiche o il tipo di comportamento cui sono associati, e in taluni casi assumono denominazioni specifiche (il canto e il cinguettio degli uccelli, il ruggito del leone, il bramito dei cervi, ecc.): il v. del gatto, del lupo, dell’asino, del maiale, ecc., e il v. dei gatti in amore; la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo v. (Leopardi); il triste v. del gufo, il lugubre v. della civetta, il v. monotono dei colombi o delle tortore in amore; imitare il v. delle pernici, delle quaglie, del tordo, ecc., come richiamo di cacciatori e uccellatori (nel linguaggio venatorio e zoologico si distinguono, per varî uccelli, v. di adunata, di allarme o di sordina, di avviso, di fuga, d’invito, di richiamo, ecc.). c. non com. Calata, intonazione e inflessione della voce umana peculiare di un individuo e soprattutto di una comunità locale, ossia di una determinata città, zona o regione: il v. tipico di uno che parla cantilenando; si riconosce dal v. che è abruzzese; è da pochi anni che sta a Venezia, ma ha già preso il v. del veneziano. d. Interiezione, suono inarticolato o grido, in quanto caratteristici di un individuo o dotati di una particolare funzione espressiva: quando parla, poveretto, fa un sacco di versi; dalle sue labbra uscì solo un v. di rabbia; vergógnati, che versi son questi?; per estens., qualsiasi atto non verbale, cioè atteggiamento del corpo o del viso, movimento o gesto, caratteristico anch’esso di un individuo, soprattutto nel parlare, e dotato di particolare espressività: guarda che buffo v. fa quando beve; un v. o versi di scherno, di minaccia, di disprezzo; un v. volgare, sguaiato, osceno. Com. l’espressione fare o rifare il v. a qualcuno, imitarne il modo caratteristico di parlare o di atteggiarsi. 3. a. In matematica e nelle sue applicazioni, ciascuno dei due sensi in cui può essere percorsa una linea (in partic. una retta); il verso, insieme alla direzione, costituisce l’orientamento di una retta, di un segmento, di un vettore: per ogni direzione esistono due versi opposti, l’uno scelto convenzionalmente come positivo, e indicato in genere con una freccia, l’altro come negativo; fissando su una retta (o più in generale su una curva) un verso, una unità di misura e un punto da pensarsi come origine, si ottiene un riferimento: a ogni punto della retta si associa allora una ascissa uguale, in valore assoluto, alla distanza del punto dall’origine e preceduta dal segno + o − a seconda che per raggiungere quel punto ci si debba muovere, a partire dall’origine, nel verso fissato o in quello opposto; più in generale, v. positivo di un insieme totalmente ordinato (cioè di un insieme nel quale in ogni coppia di elementi un elemento precede l’altro), è il senso, determinato dall’ordinamento, in cui si deve percorrere l’insieme per passare da elementi precedenti a elementi seguenti. b. Nell’uso com., il senso, la direzione di un movimento qualsiasi: proseguite per questo v., seguitate ad andare da questa parte; qui il fiume va per un altro v., cambia direzione; andare in tutti i v., da tutte le parti; guardare da un altro v., da un altro punto di vista. Per estens., l’orientamento dei peli, delle fibre del legno, ecc.: accarezzare il gatto per il v. (o contro il v.) del pelo; spazzolare una pelliccia per il v.; tagliare il legno per il suo v.; in geologia e nell’arte mineraria, la direzione di più facile divisibilità che hanno talune rocce scistose o stratificate. Molto com. le espressioni fig. prendere una persona per il suo v., sapere trattare con lei nel modo più conveniente alla sua indole e al suo umore; prendere una cosa per il suo v., nel giusto v., accettarla con ottimismo, cercandone il lato buono; l’affare va nel suo v., procede come deve; ormai rara l’espressione, prevalentemente tosc., andare ai versi a qualcuno (o di qualcuno), secondarlo nei suoi desiderî, quindi riuscirgli grato, andargli a genio (in altre regioni andare a verso; nell’uso letter. andare al verso). Com. nell’uso fam. le locuz. privo di verso, senza verso, privo di grazia, di garbo, riferite sia a persone sia a oggetti e soprattutto a oggetti di vestiario: è bella, ma ha un personale un po’ tozzo, senza v.; un vestito, un cappotto privo di v., senza v., sgraziato come taglio e linea (cfr. sversato). c. Metodo, modo di fare qualche cosa: bisogna trovare il v. di scoprire il segreto; vedi tu se trovi il v. di calmarlo; spec. nella locuz. esserci verso, esserci il modo e la possibilità: non c’è stato verso di ottenere ascolto da lui; ho fatto di tutto per convincerlo, ma non c’è stato verso; cominciarono a tirare screanzatamente, uno in qua e l’altro per in là, tanto da costringerlo a spalancare la bocca: ma non ci fu verso (Collodi). Con accezione partic., letter., modo di comporre, stile: Piansi e cantai: non so più mutar verso (Petrarca). d. locuz. avv. A verso, come si deve, al giusto modo: fare le cose a v.; e con uso attributivo: un ragazzo a v., dabbene, ammodo. Per un v., da un lato, da un certo punto di vista, per un rispetto: per un v. ha ragione, ma ...; per un v. sì, per un v. no; ora per un v. ora per un altro, chi ci rimette sono sempre io; chi per un v., chi per un altro, hanno tutti torto. Per ogni v., da ogni punto di vista, in ogni modo: è una sistemazione conveniente per ogni verso. ◆ Dim. versétto (anche con sign. partic., v. versetto), versettino, versolino (com. solo nel sign. di piccolo grido); spreg. verserèllo, versicciòlo, versùcolo, e più com. versùccio; pegg. versàccio, verso di poesia brutto, oppure suono inarticolato, e più spesso atto o gesto sgraziato, volgare o offensivo: gli fece un versaccio con la bocca, con il braccio; lo butta a giacere, e lo tien lì, gridando, con un versaccio di rabbia insieme e di scherno (Manzoni).