verme
vèrme (ant. e region. vèrmo; ant. o pop. vèrmine) s. m. [lat. vĕrmis]. – 1. a. Nome di varî animali invertebrati caratterizzati da forma allungata, consistenza molle, assenza di zampe; da un punto di vista sistematico, gli organismi comunem. noti come vermi sono compresi nei tipi principali platelminti, nematodi e anellidi, ma nel termine vengono anche compresi nemertini, nematomorfi, onicofori ed emicordati. A seconda delle diverse caratteristiche assumono diverse denominazioni: v. cavitarî, i nematodi, in quanto provvisti di pseudocele; v. acavitarî, i platelminti, perché sprovvisti di cavità interna del corpo; v. cilindrici, i nematodi, per la forma del corpo; v. parenchimatici o parenchimatosi, i platelminti, in quanto gli organi interni sono compresi in una massa di tessuto connettivale; v. piatti, i platelminti, per il corpo appiattito in senso dorso-ventrale; v. metamerici o v. segmentati, gli anellidi, in quanto caratterizzati da metameria; v. parassiti, quelli presenti, per es., nell’intestino umano e animale (tenie, ossiuri, ecc.), nel sangue (schistosomi, filarie, ecc.), nel fegato (echinococco), ecc. b. Nell’uso com.: v. di terra, i lombrichi; v. solitario, nome pop. di alcune specie del genere tenia; v. delle navi, nome comune dei molluschi bivalvi dei generi Teredo e Bankia, così chiamati per l’abitudine di vivere in gallerie scavate nel legno sommerso; v. dell’occhio o loa loa, v. filaria, loa; v. di fuoco, altro nome dell’anellide polichete vermocane, per le brucianti punture provocate dalle sue setole; v. natante, nome di un anellide polichete comune nel golfo di Napoli. Frequenti le espressioni nudo come un v., completamente nudo, strisciare a terra come un v., trascinarsi strisciando appiattito sul terreno, e, in senso fig., comportarsi servilmente. Nell’uso corrente il pl. vermi indica, senza altra determinazione, i vermi parassiti dell’intestino umano e animale: il bambino, o il cane, ha i v.; e anche le larve vermiformi degli insetti, soprattutto di ditteri: in pasto ai v., di cadavere che si putrefà; il formaggio, la carne ha fatto i vermi; v. del formaggio, nome con cui sono comunemente indicate le larve della mosca del formaggio (v. mosca, n. 2 f); in senso fig.: Non v’accorgete voi che noi siam vermi Nati a formar l’angelica farfalla ...? (Dante). Per i vermi o vermicelli spermatici, o seminali, nella terminologia di A. Vallisneri, v. vermicello. 2. fig. a. Persona abietta, vile e moralmente ripugnante: che vuole da noi quel v.?; è un v., quell’individuo!; a volte, solo per umiliare o umiliarsi, con tono più o meno scherzoso: non è o non sono che un v. di fronte a lui! b. In Dante, mostro infernale: Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo; ov’io mi presi Al pel del vermo reo, mi aggrappai ai peli di Lucifero. c. raro o ant. Passione che rode, che consuma (cfr. l’uso analogo, più com., di tarlo): il v. dell’invidia, del rancore, della gelosia. 3. Oggetto, elemento simile, per forma, a un verme: a. La filettatura a spirale della vite. b. In marina, cimetta sottile che viene avvolta a un cavo più grosso in modo da riempire i solchi tra i legnoli; serve a rendere liscio (intregnare) il cavo prima di fasciarlo. c. Nel linguaggio di tipografia, lo stesso che canaletto. d. In anatomia, la parte mediana del cervelletto, nell’uomo e in altri vertebrati, la cui superficie è percorsa, come pure gli emisferi, da un gran numero di solchi trasversali che lo suddividono in lobuli. e. In crittografia, sequenza numerica che indica gli alfabeti segreti impiegati per sostituire le lettere alfabetiche del messaggio di partenza, indispensabile per completare la chiave di decifratura del crittogramma, soprattutto se questo è compilato con sistemi complessi di sostituzione alfabetica. 4. In veterinaria, mal del v., malattia contagiosa dei cavalli, lo stesso che farcino. ◆ Dim. vermétto, e vermettino, vermicèllo (v.), vermicciòlo, non com. vermino; spreg. vermiciàttolo.