vergogna
vergógna s. f. [lat. verecŭndia; cfr. verecondia]. – 1. a. Sentimento più o meno profondo di turbamento e di disagio suscitato dalla coscienza o dal timore della riprovazione e della condanna (morale o sociale) di altri per un’azione, un comportamento o una situazione, che siano o possano essere oggetto di un giudizio sfavorevole, di disprezzo o di discredito: sentire, avere, provare v. di qualche cosa; avrei v. di comportarmi vigliaccamente come ha fatto lui; non hai v. delle bugie che hai detto?; aveva sempre nascosto, per v., il suo passato; non hai v. di andare in giro così (mezza nuda, o vestito come un pezzente, ecc.)?; gente che non ha, che non sente v., spudorata; e in genere, non avere v., non avere pudore. b. Con sign. meno grave, riguardo, ritegno suggerito da senso di discrezione o da timidezza: non bisogna avere v. di chiedere ciò a cui si ha diritto; il bambino sa tante poesie, ma ha v. di recitarle quando c’è qualche estraneo (più com., in questo senso, si vergogna). c. La manifestazione esterna del turbamento prodotto dalla vergogna, e soprattutto il rossore del volto: si fece avanti pieno di v.; arrossire di v. (o per la v.), essere rosso di v.; E di trista v. si dipinse (Dante); la donna, che assai onesta persona era, udendo così dire al marito, tutta di v. arrossò (Boccaccio); Tutto avvampato di v. in faccia (Ariosto). 2. a. Fatto o situazione che costituisce o che reca disonore e discredito, e il disonore stesso o discredito che ne è la conseguenza: meglio la morte che la v.; cose che fanno v., che tornano a v. di chi le fa; povertà non fa v. (prov.); rimanere in v., rimanere disonorati, e nell’uso ant. anche come equivalente di tornare a v., essere di disonore: li falli d’Edippo ... paiono rimanere in v. del figlio (Dante); come esclam., vergogna!, che vergogna!, con tono di forte biasimo: rispondere così ai genitori, vergogna! b. Molto frequente con sign. concreto, fatto, comportamento o persona che è causa di discredito o che merita condanna e riprovazione: è una v. quello che hai fatto; che v. questa sporcizia per le strade!; è una vera v., questo disservizio postale; quando è necessario, non è v. chiedere un favore; quel ragazzo è la v. di tutta la famiglia. c. Al plur., le vergogne, le parti genitali (come sinon. più fam. e solo scherz. dell’ormai raro pudenda): andava in giro per casa mezzo nudo, o mezza nuda, senza neanche curarsi di nascondere le vergogne. ◆ Dim., non com., vergognétta, vergognùccia (più com. il plur. vergognétte, nel sign. 2 c di vergogna, con riferimento a bambini); pegg., non com., vergognàccia.