ventiquattro
agg. num. card. [comp. di vénti e quattro], invar. – Numero composto di due decine e quattro unità (in cifre arabe 24, in numeri romani XXIV): ecco qui, sono v. banconote da dieci euro; sostantivato, il numero 24: puntare sul v.; il giorno 24 del mese: oggi è il v.; l’anno 24 di un secolo: è nato nel v., o è del ventiquattro. In partic., essendo 24 il numero delle ore di cui è formato il giorno, l’espressione ventiquattr’ore (sempre con l’apostrofo) si usa spesso per indicare appunto lo spazio di un giorno: mi rimangono ancora ventiquattr’ore di tempo; vi do soltanto ventiquattr’ore per decidervi; tra ventiquattr’ore, entro ventiquattr’ore, nelle prossime ventiquattr’ore, ecc. (anche ventiquattro ore, senza apostrofo, quando si vuole precisare la durata di 24 ore esatte, e non genericamente e approssimativamente la durata di un giorno). Nel linguaggio sport., la v. ore, espressione abbreviata per indicare una gara automobilistica consistente in 24 ore di corsa: la v. ore di Le Mans. Con grafia unita, valigetta ventiquattrore, e più spesso, come s. f. invar., una ventiquattrore (v.). Con uso assol., le v., l’avemmaria della sera, nel tempo in cui il computo delle ore del giorno andava da un’avemmaria all’altra anziché da una mezzanotte alla successiva: sono già suonate le v.; di qui, portare il cappello sulle v., locuz. dell’uso tosc. equivalente alla più com. e ancora viva sulle ventitré (v. ventitré). Oggi, le ventiquattro, la mezzanotte, soprattutto (nell’uso burocr.) quando quest’ora viene indicata come termine finale: abbonamento ordinario mensile valido dal 14 gennaio alle 24 del 13 febbraio.