velino
agg. e s. m. [dal fr. vélin «pergamena» (che è il lat. vitulinus «di vitello»), raccostato a velo1]. – 1. agg. Carta velina: a. Tipo di carta a mano, liscia, bianchissima e molto resistente, senza vergelle né filoni, usata spec. in passato nell’arte libraria per edizioni di lusso: della presente opera sono state tirate a parte 50 copie in carta v. (con questo sign., la locuz. traduce direttamente il fr. papier vélin). b. Carta leggera, detta anche carta seta, ottenuta da impasti di cellulosa ai quali, talvolta, viene aggiunta pasta di legno; è prodotta in varie grammature, non è mai vergata, di rado è collata: carta v. crespata, di grammatura inferiore a 30-40 g/m2; carta v. per agrumi, in grammature che oscillano fra 18 e 20 g/m2, talvolta impregnata con difenile, oppure con olio di paraffina, per facilitare la conservazione del frutto; carta v. per copie, di buona durezza, compatta e collata, utilizzata per copie di lettere o per altri scritti battuti a macchina (v. anche velina, nel sign. 1); alcuni tipi sono indicati con il termine ingl. tissue, altri con il termine fr. pelure. 2. s. m. Tipo di pergamena usata per la confezione di codici medievali, ottenuta dalla pelle di un vitellino da latte o di un vitellino nato morto (più pregiata), che si presenta di spessore uniforme, più bianca e più fine della pergamena comune.