vanto
s. m. [der. di vantare]. – 1. Il vantare o piuttosto il vantarsi di qualche merito o capacità; vanteria. È usato soprattutto nelle espressioni menare, darsi, farsi vanto o gran v., vantarsi, millantarsi: menar v. delle proprie ricchezze, della propria origine, delle proprie gesta; darsi v. dei meriti altrui; ti puoi far v. di avermi sconfitto; con altro senso, letter. ant., darsi v., essere o dichiararsi capace: Un giovinetto che col dolce canto ... D’intenerire un cor si dava vanto, Ancor che fosse più duro che pietra (Ariosto). Motivo di vanteria: arte L’umana strage, arte è in me fatta, e vanto (Foscolo). 2. a. Atto o qualità che rende degno di lode, che costituisce motivo di gloria: S’alcun’ombra di colpa i suoi gran vanti Rende men chiari, è sol follia d’amore (T. Tasso). Nell’uso letter., avere, portare, riportare il v. sopra gli altri, essere a loro superiore; avere vanto su qualcuno, potersi vantare, o addirittura essere superiore o più forte di lui; anche di cosa: è un vino che giustamente ha il v. sopra tutti gli altri; e fig.: Non vedi tu la morte che ’l combatte Su la fiumana ove ’l mar non ha vanto? (Dante), rispetto alla quale neanche il mare è più pericoloso. b. Merito, pregio, gloria; fatto o condizione che costituisce motivo di merito e di lode: è un v., per me, essere stato in prigione per essermi opposto alla dittatura; ha il v. di essere stato il primo a scoprire le cause del fenomeno; non è un grand’uomo, ma ha almeno il v. della modestia; ti do, ti concedo, ti riconosco questo v.; Per quest’andata onde li dai tu vanto (Dante), per la quale tu lo esalti, che tu attribuisci a sua gloria; iron., bel v.!, bella gloria!, bella bravura! Riferito a persone o fatti che costituiscono un vanto: quello scienziato, o quell’impresa, sarà sempre un v. per la nostra città. 3. a. Nell’età della cavalleria, e nelle corti medievali, i vanti erano una specie di sfida, che si faceva tra più cavalieri, per divertimento o in onore di qualche personaggio: ciascuno di essi, a turno, narrava la sua più gloriosa impresa, o dichiarava il suo più prezioso possesso, o confessava la più bella avventura amorosa (e questo si diceva fare i v.), oppure si obbligava a compiere qualche nobile atto, a soddisfare qualche promessa, ecc. (e questo si diceva dare il v., adempiere i v.): ciascuno che questo udì si maravigliò molto, dicendo che veramente sarebbe da riputare valoroso chi tal vanto adempiesse (Boccaccio); v. anche vantare, n. 3. b. Componimento poetico medievale di genere giullaresco, in cui l’autore elenca, esagerandoli, i proprî meriti o le cose che è capace di fare: il v. di Ruggeri Apugliese.