valenza
valènza s. f. [dal lat. tardo valentia «forza, vigore; abilità», der. di valere: v. valere]. – 1. ant. o letter. Valore, valentia: ell’è per certo di sì gran v. (G. Cavalcanti); forza d’animo: Cessate di tremare, Donna. Or dove n’andò vostra valenza? (D’Annunzio). Anche, pregio, valore materiale. 2. In chimica, la capacità di combinazione di un elemento, che si esprime, numericamente, dal numero di atomi di idrogeno che si possono combinare con un atomo dell’elemento considerato (è stato scelto come termine di riferimento l’idrogeno perché esso presenta sempre, nelle sue combinazioni, valenza uguale a uno); quando un elemento non dà combinazioni con l’idrogeno, la sua valenza si può ricavare dal numero di atomi di un altro elemento monovalente che si combinano con un suo atomo. Alcuni elementi presentano in tutti i loro composti una sola valenza (cioè sono sempre monovalenti, bivalenti, ecc.), ma la maggior parte presenta una valenza variabile, che si può generalm. ricavare dall’analisi elementare dei singoli composti, la quale però dà solo la v. formale o numero di ossidazione (v. ossidazione), non sempre coincidente con la v. reale, che in tal caso si deve ricavare per altre vie, e che si evidenzia con le formule di struttura (v. formula, n. 3 b). Secondo la teoria elettronica della valenza, questa dipende dai cosiddetti elettroni di valenza, cioè dal numero di elettroni (da 1 a 8) presenti nello strato esterno dell’atomo di un elemento, che tende a essere 8 (o 2, nel caso dell’idrogeno, che è l’elemento più semplice); il completamento dell’ottetto (v. ottetto) elettronico da parte di un atomo può avvenire o mettendo in comune alcuni elettroni con un altro o più altri atomi (caso della covalenza) oppure acquistando o cedendo elettroni a uno o più altri atomi, che così completeranno anch’essi il loro ottetto (caso dell’elettrovalenza o v. ionica): in questo tipo di valenza gli atomi, acquistando o cedendo elettroni, cioè cariche negative, si caricheranno, rispettivam., negativamente o positivamente, dando luogo a ioni di carica opposta, che si attireranno per attrazione elettrostatica in rapporto tale che la carica complessiva del composto sia zero. Il termine è usato anche come secondo elemento di sostantivi composti, quali monovalenza, bivalenza, trivalenza, ecc. 3. Con accezioni strettamente affini a quella della chimica: a. In linguistica (nell’ambito della grammatica cosiddetta valenziale), la possibilità che verbi, aggettivi e sostantivi hanno, in varia misura, di legare a sé un certo numero di complementi, i quali ne completano insieme la capacità semantica (v. semantica) e ne caratterizzano le funzioni sintattiche (v. sintattica). b. In biologia, v. cromosomica, il numero di cromosomi omologhi che, in un individuo, sono in grado di appaiarsi durante la meiosi (v. univalente). Con altro sign., v. ecologica, la capacità di una specie animale o vegetale di occupare ambienti caratterizzati da notevoli differenze di un determinato fattore ecologico, in virtù del maggiore o minore grado di tolleranza alle variazioni di tale fattore. Si distinguono specie eurieche, ad ampia valenza ecologica, e specie stenoeche, poco tolleranti delle variazioni del fattore ecologico considerato. Gli ambienti con forti variazioni di un fattore ecologico sono caratterizzati da una fauna e una flora povere di specie, tipicamente ad ampia valenza per il fattore ecologico variabile; per es. nei deserti, in cui vi sono forti escursioni termiche giornaliere, si hanno poche specie euriterme. 4. In questi ultimi anni la parola ha inoltre acquisito, nel linguaggio giornalistico, letterario e politico di tono elevato (parallelamente a quanto è avvenuto per valence in francese e in inglese), come estensione dei sign. più strettamente scientifici e di alcune accezioni della psicanalisi (dove si parla, per es., di v. positiva o negativa di un oggetto, di un’attività, di una situazione, per indicarne il potere di attrazione), oltre che per diretta suggestione di polivalenza (che ha avuto, ancor prima di valenza, analoga espansione), accezioni e usi nuovi, come sostituto di valore in senso ampio, cui s’aggiungono di volta in volta le connotazioni di validità, di efficacia, di significato, di carattere o aspetto, di funzione, talora di riferimento, come si può osservare nei seguenti esempî tipici: la v. sociale, politica, ideologica di un fatto, di una constatazione; espressioni, affermazioni che possono avere una duplice v.; le v. internazionali di un accordo; le v. storico-culturali di un problema; ecc.