vago1
vago1 agg. [dal lat. vagus «vagante, instabile; indeterminato»] (pl. m. -ghi). – 1. letter. o poet. Che vaga, che si muove, perché mobile o instabile: v. aurette; v. zefiro; tre fiate in van cinta l’imago Fuggia, qual leve sogno od aer vago (T. Tasso); vaghe ombre, che pare Che d’ogni angolo al labbro alzino il dito (Pascoli). Errante, vagante: Or vedi inseme l’un e l’altro polo, Le stelle v. e lor vïaggio torto (Petrarca); pensieri v.; la v. fantasia; anche di persone, o cose personificate, e di animali: Il nobil atto ... non tacque La vaga Fama, e divulgollo in breve (Ariosto); nocchiero, Vago per l’onde come smergo ombroso (Pascoli). 2. Nell’uso com. (per traslato dal sign. precedente), incerto, indeterminato, non ben chiaro né definito: accennare in modo v.; mi ha fatto solo qualche v. cenno della questione; sono discorsi troppo v.; questi sono appena v. indizî, sui quali non può essere fondata un’accusa; ne ho avuto un v. sentore, un v. sospetto, un v. presentimento; cominciò ad avere qualche v. speranza; per ora non mi ha fatto che una v. promessa; sono appena v. progetti; anno v., l’anno di 365 giorni in uso presso gli antichi Egiziani, così detto perché non molto ben precisato. Sostantivato al sing., con valore neutro: cadere nel v. e nel generico. 3. letter. a. Desideroso, voglioso. Con compl. di specificazione, indica in genere un’inclinazione naturale o un desiderio costante: delle femine era così vago come sono i cani de’ bastoni (Boccaccio); Chi de la gloria è vago Sol di virtù sia pago (Parini). Seguìto da un infinito, indica per lo più un desiderio attuale: a l’ombra che parea più vaga Di ragionar, drizza’mi (Dante); Gerbino, veggendo la crudeltà di costoro, quasi di morir vago, non curando di saetta né di pietra, alla nave si fece accostare (Boccaccio); Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga Di mirar queste valli? (Leopardi). Non com., rendere o far vago uno di una cosa, invaghirlo. b. Leggiadro, bello, grazioso, o amabile, piacevole (con questi sign., è di solito anteposto al sostantivo). Riferito a persona o ai suoi atti: O vaghe montanine pasturelle, Donde venite sì legiadre e belle? (Sacchetti); Tre vaghissime donne a cui le trecce Infiora di felici itale rose Giovinezza (Foscolo); l’amica sua ... fremer fu vista Tutta improvviso, ed agitar repente Le v. membra (Parini); Volta la ninfa al suon delle parole, Lampeggiò d’un sì dolce e v. riso, Che i monti avre’ fatto ir, restare il sole (Poliziano). Di cose e luoghi: Colli beati e placidi Che il vago Eupili mio Cingete (Parini); Vaghe stelle dell’Orsa (Leopardi). Riferito a sostantivi astratti, esprime bellezza intima, avvicinandosi al sign. di «dolce, attraente» (per il sentimento o per la fantasia): Nel v. tempo di sua verde etate (Poliziano); assai contenta Di quel v. avvenir che in mente avevi (Leopardi); fia compagna D’ogni mio v. immaginar ... la rimembranza acerba (Leopardi). In usi poet., seguito da compl. di specificazione, adorno di ..., allettatore con ..: quando vaghe di lusinghe innanzi A me non danzeran l’ore future (Foscolo). Sostantivato con valore neutro, raro, vaghezza, bellezza: il v. dei fiori, il v. di quei luoghi. 4. s. m., letter. o ant. Innamorato, o amante, corrisposto: mi ha confidato di avere il v.; «Vedi tu quello scioccone? Egli è mio vago» (Boccaccio). Raro l’uso al femm., la mia vaga, che può essere inteso come «la mia bella»: questi giovani ... dicono: «Andiamo a vedere la mia vaga», e credonse che a dire vaga, ella sia bella. Non va così. La propria interpretazione del vocabolo si è «leggiera di testa e di mente» (s. Bernardino). ◆ Avv. vagaménte, in modo vago, indeterminato: ha accennato vagamente alla questione; me ne ha parlato così, solo vagamente; un paesaggio che ricorda vagamente le Dolomiti; meno com., graziosamente, leggiadramente: vagamente ornato; disegni vagamente intrecciati.