vaffanculismo
s. m. (spreg.) L’esasperazione insofferente e gridata di chi pensa di potersi sbarazzare, con l’insulto, di persone o situazioni che non si sopportano più. ◆ Erano tutti lì da [Michele] Santoro: Sabina Guzzanti, Marco Travaglio, Giovanni Sartori. E poi lui [Beppe Grillo], il padre del vaffanculismo, mentore e capopopolo del nuovo movimentismo indignato. (Remo De Vincenzo, Riformista, 22 settembre 2007, p. 9) • Per il critico Andrea Cortellessa «questa saggistica d’intervento è la vera novità. È premiata dalle vendite perché va a catturare strati di pubblico pre-politico. Gli autori sono prevalentemente giornalisti, secondo una lunga tradizione, ma [Enzo] Biagi e gli altri tenevano toni bassi, civili. La rottura è avvenuta con La rabbia della [Oriana] Fallaci: proponeva un contenuto destinato a dividere, e usava l’invettiva gridata. Dalla Fallaci, credo, al vaffanculismo di Grillo il passo è breve. Spesso – [Roberto] Saviano, per esempio – si parla di cose già conosciute, è il modo che le rende memorabili. La Tv ha influito, certo, ma forse, il vero maestro di questo New Journalism urlato è stato Curzio Malaparte. Anche in lui c’era un contenuto di grande confusione ideologica unito a una retorica barocca, mirata al colpo basso». (Raffaella Polato, Corriere della sera, 13 novembre 2007, p. 49, Tempo libero).
Derivato dall’espressione vaffanculo con l’aggiunta del suffisso -ismo.
Già attestato nella Repubblica del 27 settembre 1984, p. 16, Spettacoli (Nico Garrone).