usare. Finestra di approfondimento
Fare uso - U. è un termine dal sign. estremamente generico, che come tale può spesso essere sostituito da sinon. più appropriati al contesto. Un sinon. adatto a quasi tutti gli usi è utilizzare, che presuppone però di solito un uso positivo, per es. traendo vantaggio anche dalle minime cose, dagli oggetti apparentemente inservibili e sim.: e, perché le due burlone non si gloriassero almeno di avermi fatto anche sciupare un foglietto di carta, utilizzo il già scritto (C. Dossi). Servirsi è un sinon. più formale e di solito limitato a cose utili (possiamo servirci della mia automobile, se occorre); tuttavia, se riferito a persona, ha sempre accezione negativa: ti sei servito di lei per avere un alibi credibile. Se u. è riferito a un mezzo di locomozione, può essere sostituito da prendere o andare (in): per lavoro prendo spesso l’aereo. Impiegare è tra i sinon. più com. di u., con sfumatura leggermente diversa. Così come utilizzare, indica soprattutto il trarre vantaggio da qualcosa, ma può ricorrere anche in espressioni negative come impiegare male: partì da un enorme capitale, ma lo impiegò male in acquisti poco oculati e presto perse tutto. Spesso è riferito al tempo o al denaro e, in entrambi i casi, ha come sinon. più com. spendere: non sa come spendere il suo tempo. A proposito di espressioni temporali, impiegare è spesso un sinon. più formale del fam. metterci: non impiegò meno di un’ora per arrivare al confine (A. Fogazzaro). Adoperare (e, region. o lett., adoprare) è di solito limitato ad arnesi, macchine e sim., ovvero a qualcosa che occorra saper far funzionare, anche se non mancano usi estens. (adoperare le mani, il cervello): sai adoperare la motosega? Adottare implica un uso preferenziale, intermedio tra u. e scegliere: quali criteri hai adottato per l’edizione critica? Con ricorrere (a) si intende per lo più un uso estremo, vale a dire l’impiego di una cosa sentita come ultima risorsa: per farmi pagare sono dovuto ricorrere alla polizia. Fare uso può essere un sinon. più formale (o talora burocr.) di u., anche se si incontra per lo più, spec. nel linguaggio giorn., a proposito del consumo di sostanze nocive, come sinon. di consumare o del com. prendere: fare uso di droghe.
Usi positivi - Se ciò che viene usato è estremamente utile, i verbi più appropriati saranno i formali avvalersi (di), giovarsi (di), valersi (di), o anche le espressioni trarre profitto o giovamento (da), spesso impiegati in riferimento ad aiuti, favori, consigli, diritti, fortuna e sim.: s’affrettava a giovarsi di quegl’ultimi favori della fortuna (I. Nievo); un tacito consenso l’autorizzò a valersi apertamente della cortesia del cognato (G. C. Chelli). Anche approfittare (di) e godere (di) hanno analogo sign., anche se il primo verbo acquista spesso l’accezione negativa sotto commentata a proposito di sfruttare. Beneficiare (di), fruire (di) e usufruire (di) sono molto formali o burocr. e sottolineano l’usare a proprio vantaggio: tua moglie usufruirà indirettamente di questo negozio (L. Pirandello). Se si vuole sottolineare il miglior uso possibile fatto di qualcosa, un sinon. adeguato è valorizzare, che significa propriam. «sfruttare le potenzialità, dare valore a quanto prima non ne aveva abbastanza »: questa zona andrebbe valorizzata. In alcuni ambiti è usato anche il calco dall’ingl. ottimizzare (diffuso in ital. negli ultimi decenni del Novecento), soprattutto in riferimento a tempo e risorse, nel sign. principale di «contenere gli sprechi, far rendere al massimo livello»: cerchiamo di ottimizzare il nostro lavoro.
Usi negativi - Talora u. può avere l’accezione negativa di «far uso di una persona soltanto per il proprio interesse»: mi ha usato per ottenere un incontro col direttore. In questa stessa accezione abbiamo già visto servirsi. Sfruttare è, in riferimento a persona, ancora più intens., implicando di solito il trarre profitto (spesso losco) dal lavoro altrui senza fornire adeguata retribuzione: è uno che sfrutta senza scrupoli i suoi dipendenti. Talvolta sfruttare allude all’utilizzazione, da parte di altri, dei guadagni di una prostituta: il suo protettore l’ha sfruttata per anni. Molto spesso vengono utilizzati con questo sign. i sost. der. sfruttamento (sfruttamento della prostituzione o lenocinio) e sfruttatore (con il sinon. region. pappone). Se riferito a cosa, sfruttare può avere l’accezione negativa di esaurire, impoverire, o del più formale depauperare (sfruttare una miniera; sfruttare i genitori fino all’ultimo centesimo) o quella positiva di «usare meglio», già vista con valorizzare (dovresti sfruttare il tuo garage per ingrandire il piano terra). Di valore intermedio è l’espressione sfruttare l’occasione (e sim.: sfruttare l’opportunità, la situazione, ecc.), con cui si intende il saper trarre giovamento dalle circostanze, anche se sono talora spiacevoli per gli altri (con i sinon. cogliere, approfittare di e la già citata serie di avvalersi di,giovarsi di, ecc.: approfitta d’una assenza del marito [L. Pirandello]): non puoi non sfruttare l’opportunità che ti si offre. Approfittare (di) è quasi sempre negativo se riferito a persone, sia nel senso di sfruttare (hai approfittato di lui per avere quello che ti serviva), sia in quello di maltrattare (anche nella forma approfittarsi: il fratello maggiore si approfittava del minore), sia in quello di violentare (hanno approfittato di lei quando era sola in casa). Il fam. maneggiare ha accezione estremamente negativa se è riferito a persone (ancora più intens. di servirsi e sinon. di manipolare, prossimo a raggirare): si è maneggiato la suocera così bene da estorcerle un mucchio di quattrini. Se riferito a cose, indica un farne un uso approssimativo (il lavoro imbecille del servo che maneggia la penna invece della scopa [I. Svevo]), anche con connotazione scherz.: è uno che sa maneggiare le macchine (ovvero: è un pilota straordinario).
Usare nuovamente - Riusare e soprattutto riciclare vengono usati di solito non tanto nell’accezione di «fare nuovamente uso di qualcosa», quando in quella di «utilizzare nuovamente materiali di scarto o di rifiuto di precedenti processi produttivi»: riusare la carta; riciclare le bottiglie. Tra i der. di u. è assai com. usato, con cui si intende, in contrapp. a nuovo, ciò che è già stato posseduto da altri (detto anche di seconda mano), sia come agg. sia come sost.: libri, vestiti usati; mercato dell’usato. I due der. di riciclare vengono di solito utilizzati in due diverse accezioni: riciclo, nel senso di «operazione con la quale, terminato un ciclo di lavorazione, una parte delle materie prime di partenza viene reimmessa nel ciclo di lavorazione», mentre riciclaggio, soprattutto nell’espressione giorn. riciclaggio di denaro sporco, nel senso di «reimpiego dei proventi di azioni criminose»: accusa di ricettazione e riciclaggio.