unzione
unzióne (ant. onzióne) s. f. [dal lat. unctio -onis, der. di ungĕre «ungere», part. pass. unctus]. – 1. L’azione di ungere e il fatto di ungersi o di venire unto con olî o con altre sostanze grasse. Raro con uso generico e riferito anche a oggetti: credevano esser quella un’unzione velenosa (Manzoni, alludendo all’attività degli untori, v. untore), è com. invece con riferimento alla pratica di cospargere la pelle con grassi per particolari fini: nell’antichità gli atleti si praticavano unzioni su tutto il corpo; farsi un’u. di olio medicinale, con una pomata, su una parte del corpo e a fini terapeutici o cosmetici. In partic.: a. In varie religioni, u. rituale, praticata a persone (e in alcuni casi anche ad animali) in riti e con fini diversi, sacrificali, funebri, di consacrazione, ecc. b. Nella liturgia cattolica, estrema u. (cui attualmente è sostituita, nell’uso ufficiale, l’espressione u. degli infermi, e cui corrisponde nell’uso corrente olio santo), sacramento impartito al fedele in fin di vita o in grave pericolo di morte, e in grazia di Dio, ungendolo con olio consacrato, istituito per sollievo spirituale e anche temporale degli infermi; u. dei cresimandi, u. battesimale, u. sacerdotale e vescovile, praticate nei sacramenti della cresima, del battesimo, dell’ordinazione di sacerdoti e vescovi; u. di una chiesa, di un altare, praticata nella cerimonia e nel rito di dedicazione di chiese e altari. c. fig. Forma non com. per untuosità: un individuo di un’ipocrisia e di un’u. ributtante. 2. raro. Con sign. concr., sostanza grassa, unguento. ◆ Dim. unzioncèlla, unzioncina, solo in senso generico e proprio.