turare
v. tr. [lat. (ob)tūrare «otturare»]. – 1. Chiudere la bocca di un recipiente, di un vaso, o un foro qualsiasi, inserendovi o adattandovi un corpo che ostruisca interamente l’apertura: t. il fiasco, la bottiglia, la damigiana (con il tappo o turacciolo; sinon., quindi, di tappare); t. la botte; t. la bocca del fucile, o d’altra arma, perché non vi entri la polvere; t. una fessura; t. una falla, con stoppa e catrame; t. un buco (fig., pagare un debito, sostituire momentaneamente persona assente, riempire o occupare in qualche modo uno spazio vuoto, un intervallo, ecc.; in tutte queste accezioni, più com. tappare); fig., t. la bocca a qualcuno, costringerlo o persuaderlo al silenzio (più com. tappare la bocca). Com. l’uso della forma turarsi, nelle locuz. turarsi il naso, con un tampone, o stringerlo con le dita, quando non si vuole sentire un cattivo odore, o per tuffarsi in acqua e sim. (anche fig., esprimere disgusto verso qualcosa che si fa controvoglia: votare turandosi il naso), turarsi gli orecchi, col cotone, oppure con le dita, spec. per evitare di sentire rumori fastidiosi, o discorsi che non si vogliono sentire (in usi fig.: parolacce, oscenità da turarsi gli orecchi; bisogna turarsi gli orecchi quando parlano certi politici). 2. Nell’intr. pron. turarsi, chiudersi, intasarsi: mi si è turato il naso; all’improvviso mi si turarono gli orecchi; si è turato il tubo di scarico del lavandino o si è turato il lavandino. 3. ant. Coprire, nascon-dere: turarsi gli occhi, per non vedere; turarsi la faccia, per non essere visto. ◆ Part. pass. turato, anche come agg.: avere il naso turato, intasato per raffreddore; sentirsi gli orecchi turati; ant., coperto: ogni volta in chiesa debbi andare col capo basso e turato (s. Bernardino).