troncamento
troncaménto s. m. [der. di troncare]. – 1. L’azione del troncare, il fatto di venire troncato: t. di un ramo; il t. di una relazione. 2. a. In linguistica, lo stesso che apocope, ossia caduta di uno o più fonemi in fine di parola. Con sign. più ristretto, in grammatica italiana, caduta di vocale (o di sillaba) finale che sia possibile sia davanti a vocale sia davanti a consonante (per es., il troncamento di uno in un, così in un altro come in un gatto), intendendosi invece per elisione una caduta di vocale (non di sillaba) finale che avvenga solo davanti ad altra vocale (per es., l’elisione dell’-a di una in un’altra, ma non in una gatta). b. Con sign. più generico, vengono chiamate abbreviazioni e sigle per troncamento quelle ottenute togliendo alcune lettere in fondo alla parola (es. apr. per aprile, sig. per signore). 3. a. In matematica, metodo per approssimare un numero reale, consistente nel trascurare le cifre decimali che compaiono dopo un posto prefissato: per es., approssimando per troncamento π = 3,14159... a meno di un millesimo, si ottiene 3,141 (procedimento diverso dall’arrotondamento, che, effettuato ai millesimi, darebbe 3,142); l’errore che ne deriva, importante se il numero è una misura fisica, si chiama errore di troncamento. In fisica, il troncamento si fa di solito all’ultima cifra significativa. b. In matematica e in informatica, procedimento che consiste nel sostituire certi algoritmi che richiedono infiniti calcoli con algoritmi che hanno termine dopo un numero finito di passi (per es., una somma parziale).
Grammatica italiana. – Il troncamento, in italiano, è possibile solo se concorrono le seguenti condizioni: 1) che la parola contenga due o più vocali; 2) che la parola termini in -e, -i, -o (delle parole in -a si troncano solo il sost. suora davanti a nome di persona: suor Adele, suor Virginia, e l’avv. ora coi composti allora, ancora, finora, ognora, sinora, talora); 3) che la vocale finale sia preceduta da l, ll, n, nn, r, o anche (ma è raro) da rr o da m (in espressioni come tor via, Tór di Quinto, andiam via, e nel poet. o ant. com’ più). Se la consonante è doppia (ll, nn, rr), davanti ad altra consonante si scempia (per es., caval donato, fan bene), mentre davanti a vocale la parola non si tronca (per es., cavallo alato, fanno amare); soltanto i quattro aggettivi bello, grande, quello, santo hanno una forma troncata, in uso davanti a consonante (bel canto, Gran Sasso, quel tempo, san Vitale), diversa da quella con semplice elisione, in uso davanti a vocale (bell’anima, grand’asino, quell’opera, sant’Apollinare). Solo in poesia è stato usato ver, troncamento della prep. verso (per es., Bisbigliaron vèr me co ’l capo chino, Carducci); mentre le parole troncate in consonante collocate in fin di verso sono caratteristiche di un genere letterario più ristretto, quello delle canzonette, anche se in passato hanno conosciuto maggior fortuna con le anacreontiche del sec. 18° (per es., Il tuo disprezzo è vano, E vano il tuo favor, Metastasio) e con le strofe dei romantici (per es., Due volte nella polvere, Due volte sull’altar, Manzoni). Il troncamento è obbligatorio, o normale, solo in certe locuzioni più o meno fisse (per es., bel bambino, quel castello, signor Giulio, nobil donna, buon diavolo, timor panico, lor signori, ragion per cui, mal di cuore, a man salva, a onor del vero, a spron battuto). Il troncamento in consonante non è mai segnato con l’apostrofo, salvo in casi rarissimi, come ver’ in alternanza con ver (poet. per verso), e com’ (poet. o ant. per come). Il troncamento in vocale si può avere in questi casi: 1) quando un dittongo discendente finale di parola perde, in posizione proclitica, la vocale debole (es. a’, co’, da’, de’, ne’, pe’, su’, tra’, per ai, coi, dai, dei, nei, pei, sui, tra i; be’, que’, per bei, quei; e’, i’, per ei, io; da’, fa’, sta’, va’ per dai, fai, stai, vai); 2) quando un bisillabo proclitico perde la seconda sillaba e rimane con la prima terminante in vocale (es. gua’, po’, to’, vo’ per guata, poco, togli, voglio; diè, fè, piè per diede, fede, piede; fe’ o fé o fe, fra’ o frà o fra per fece, frate). Come si vede dagli esempî riportati (molti dei quali ormai solo dell’uso ant.), il troncamento in vocale è segnato quasi sempre con l’apostrofo.