tremolare
v. intr. [lat. tardo (in glosse) trĕmŭlare, der. di trĕmŭlus «tremulo»] (io trèmolo, ecc.; aus. avere). – 1. Oscillare con movimenti rapidi e uniformi, ma leggeri, senza forti scosse (e in ciò differisce da tremare); è riferito in genere a cose, e spec. a cose che col loro movimento oscillatorio provocano anche una vibrazione della luce (quindi, per estens., alla luce stessa), oppure anche a sostanze di consistenza gelatinosa, e in senso fig. al suono, alla voce, quando vi sia rapidissima alternanza di suoni e di pause, o di note a intervalli diversi (v. tremolo), o di suoni più intensi e suoni meno intensi: le foglie dei pioppi tremolano alla brezza; una lacrima gli tremolò tra le palpebre; davanti all’altare tremolava la fiammella di una lucerna; una miriade di stelle tremolavano nel cielo limpidissimo. Frequente in poesia o comunque in usi poetici: di lontano Conobbi il tremolar de la marina (Dante); scherzando tra’ fior lascive aurette Fan dolcemente tremolar l’erbette (Poliziano); il lago giaceva liscio e piano, e sarebbe parso immobile, se non fosse stato il t. e l’ondeggiar leggiero della luna, che vi si specchiava da mezzo il cielo (Manzoni); limpido e fresco è il mattino, E traverso gli abeti tremola d’oro il sole (Carducci); ed ecco, una cinzia cantò nel suo nido selvaggio, nel cuore d’un elce, e nella sua nota tremolò tutta la poesia del luogo solitario (Deledda). Non com., con sign. affine a tremare, ma più attenuato, e riferito al corpo umano o animale: come la pecora, tremolando senza timore sotto la mano del pastore che la palpa e la strascina mollemente, si volta a leccar quella mano (Manzoni). 2. In musica, tremolando, didascalia per indicare che un passaggio deve essere eseguito con «tremolo». Sempre in musica, il verbo è talora usato transitivamente: t. la voce, il suono, una nota, un passaggio, fare il tremolo. ◆ Part. pres. tremolante, per lo più usato come agg. (v. la voce).