tipo
s. m. [dal lat. typus, gr. τύπος «impronta; carattere, figura, modello», dal tema di τύπτω «battere»]. – 1. Con il sign. originario di impronta, fatta battendo o premendo, si conserva in due accezioni specifiche: a. In numismatica, figurazione incisa nel conio e impressa sul tondino o disco della moneta, al dritto e al rovescio. I tipi monetarî sono svariatissimi: effigi (teste, busti, figure intere in piedi o sedute), stemmi, imprese, figurazioni a carattere religioso, allusive a eventi storici, monumenti, panorami di città, animali naturali o chimerici, piante, ornati, ecc.; da essi derivano solitamente i nomi d’uso popolare per indicare le varie monete. Il complesso del tipo e della leggenda è detto impronta. b. Nell’arte della stampa (per lo più al plur.), ciascuno dei caratteri mobili (v. carattere, n. 1 c): un’opera stampata con i t. bodoniani, o per i t. di Aldo Manuzio; t. tondi, romani, gotici; i t. sono un po’ logori. In senso collettivo, la serie dei caratteri di un determinato stile o disegno: i corsivi del tipo Bembo. 2. a. Modello, esemplare; in partic., impianto, apparecchio, ecc., che si prende come campione, come esempio nella produzione di altri, i quali devono ripeterne le caratteristiche essenziali; in questo senso anche con valore appositivo: un impianto t. di termosifone, di altoforno, ecc.; un appartamento t., di cooperative o di costruzioni di edifici in serie. Con sign. più astratto, nelle locuz. essere, considerare, rappresentare (e sim.) il t. di ...: quella greca è stata a lungo ritenuta il t. della bellezza ideale; il sillogismo può essere considerato il t. (per eccellenza) del ragionamento astratto. Nelle scienze statistiche, il campione singolo che presenta le caratteristiche medie di una moltitudine di oggetti; anche con questo sign. è frequente l’uso appositivo: il reddito, le spese mensili di una famiglia tipo. b. Schema ideale al quale può condursi per astrazione una moltitudine di oggetti, aventi caratteri comuni: t. costituzionale, in medicina, e t. psicologico, in psicologia, ciascuna delle categorie in cui si possono raggruppare gli individui, a seconda delle loro caratteristiche morfologiche (t. longilineo o longitipo, t. brachilineo o brachitipo, ecc.) o psichiche (t. estroverso o introverso, ecc.). c. In partic., nella sociologia weberiana, tipo ideale o, raram., idealtipo (calco del ted. Idealtypus), locuz. che indica una costruzione mentale, uno strumento di cui lo storico si serve per operare una riduzione del molteplice empirico e che, isolando il fenomeno culturale che costituisce l’oggetto d’indagine da tutto ciò che è puramente accidentale, consente di rintracciarne la spiegazione causale e di renderlo intelligibile: t. ideale di capitalismo, t. ideali di autoritarismo, ecc. 3. a. Insieme di oggetti, elementi, individui conformi a un determinato schema o modello, aventi caratteri simili che li accomunano tra loro e insieme li distinguono da altri. Nel linguaggio corrente, riferito soprattutto a oggetti o beni d’uso e prodotti commerciali (spesso con lo stesso uso e sign. di genere, qualità, specie): abiti da uomo d’ogni t. e misura, scarpe di t. sportivo, mobili di tutti i t.; un t. di fotocopiatrice molto diffuso; case d’abitazione di t. economico o signorile; lavorazioni di t. artigianale o industriale; lanciare sul mercato un nuovo t. di autovettura; produrre un t. unico, e prodotti di t. unico. b. Per estens., nell’uso fam., sul t. di ..., del t. di ..., conforme o simile a: mi piacerebbe una villetta del t. di questa; vorrei una giacca sul t. di quella che è esposta in vetrina; con ulteriore estens., in frasi ellittiche, per indicare somiglianza, analogia di situazioni: tendo a perdere la pazienza, tipo quando qualcuno arriva in ritardo; alle volte non sono stato abbastanza paziente con mio fratello, t. quando mi chiedeva di aiutarlo per i compiti (Enrico Brizzi); anche per indicare somiglianza solo apparente: un portafoglio t. pelle, una carta da parati t. stoffa. c. In linguistica, schema, modulo, soprattutto sintattico, secondo il quale possono essere costruiti numerosi sintagmi o frasi simili, e che di solito viene esemplificato attraverso una frase tipo caratteristica: il t. «vota socialista»; il t. «quel mattacchione di Giorgio»; il t. «donna è bello», ecc. d. Nella costruzione navale, specie e categoria del naviglio, determinata in base alle caratteristiche di costruzione, di forma, di apparato motore e d’impiego. 4. Con usi e sign. proprî in varie scienze e discipline: a. In zoologia e botanica, una delle principali categorie sistematiche che, nel sistema gerarchico di classificazione, è situata immediatamente sotto il regno o il sottoregno. b. Con altro sign., in botanica sistematica, il termine con cui si indica la pianta secca o altro elemento figurativo che costituisce, in maniera permanente, il modello di riferimento per il nome di un taxon: per es., il tipo di una data specie è l’esemplare scelto, dall’autore che ha descritto e denominato la specie, quale tipico esempio della specie, e che come tale viene conservato in erbario. c. In biologia, t. selvatico, il genotipo o fenotipo di un dato organismo, così come si trova in natura; in condizioni controllate può essere mantenuto, per es., in allevamenti di laboratorio. d. In zootecnia, la struttura dell’animale intesa come rapporto tra i diametri longitudinali e i diametri trasversali del corpo, per cui si distinguono animali di t. longilineo o dolicomorfo, di t. brevilineo o brachimorfo, e di t. mediolineo o mesomorfo. e. In logica matematica, teoria dei t., quella elaborata a diverse riprese e con diverse denominazioni (teoria dei t. logici, teoria dei t. ramificati, teoria semplificata dei t. o teoria dei t. semplici) dal filosofo inglese B. Russell, allo scopo di evitare le contraddizioni della teoria intuitiva degli insiemi (in partic., quelle che nascono dall’uso di definizioni predicative: v. impredicativo); si basa sul principio che la relazione di appartenenza tra un elemento e un insieme deve essere regolata da una classificazione, in tipi gerarchicamente distinti delle variabili (tipo 0, quello delle variabili che servono a designare gli elementi dell’universo base del discorso; tipo 1, quello delle variabili che stanno per insiemi di elementi dell’universo base; tipo 2, quello delle variabili che denotano insiemi di insiemi; e così via): perché un insieme possa essere elemento di un altro insieme, il primo deve essere del tipo immediatamente precedente a quello del secondo (per es., se a è una variabile di tipo 1 e b una variabile di tipo 2, è lecito scrivere a∈b, mentre la scrittura b∈a è senz’altro scorretta). f. Nel diritto, t. contrattuale, schema di negozio giuridico che, in partic., può avere valenza legale se disciplinato dalla legge, o sociale se strutturato dalla consuetudine o dalla prassi: il sistema giuridico italiano lascia libere le parti di aderire a tipi negoziali prefissati o di crearne di nuovi. 5. Personaggio reale o figura ideale di opere letterarie, teatrali, cinematografiche o anche figurative, in cui sono rappresentati con particolare evidenza, e quasi esaltati, gli aspetti, i comportamenti, le manifestazioni peculiari di un determinato carattere o di una qualità determinata, così da divenirne quasi il simbolo o l’astrazione: nel personaggio di Tartuffe, Molière ha incarnato il t. dell’ipocrita; il t. alfieriano dell’eroe, del tiranno; nella scultura greca, Venere e Apollo idealizzano il t. della bellezza femminile e maschile; anche riferito a persone della vita reale: quel tuo amico mi sembra il t. del perfetto imbecille; e con uso più generico, che dal sign. di personaggio caratteristico e singolare scende a quello più neutro di individuo: un t. allegro, curioso, divertente, un t. strano (fam. scherz., con sign. sim., un t. da spiaggia); ma sai che sei un bel t.!; anche assol., in frasi di tono esclam.: è proprio un t.!, ma guarda che t.!, di persona che si distingue per qualche singolarità fisica o morale. In senso positivo, è un t., soprattutto di donna che nell’aspetto fisico, nell’eleganza del vestire e nel portamento dimostra originalità e personalità; è il mio t., di persona che corrisponde ai proprî gusti; non è il mio t., non mi piace, non fa per me; fare t., avere caratteristiche particolari di originalità, tali da attirare l’attenzione, da affascinare. Talvolta, nell’uso fam., serve a indicare una persona qualsiasi che non si determina altrimenti: è venuto un t. a cercarti; e con connotazione marcatamente negativa: è un t. che non mi piace; mi pare un t. poco raccomandabile. 6. Nell’esegesi biblica, persona, fatto o oggetto dell’Antico Testamento che, secondo il senso tipico, ne rappresenta altra del Nuovo Testamento: Adamo è il t. di Cristo (v. tipico1). Dim. tipétto, tipino, solo riferiti a persona (di sesso maschile o femminile), tipo strano, originale e stravagante (ma spesso anche, se detto di donna giovane, in senso positivo e ammirativo per il temperamento, la fermezza di carattere, o per l’aspetto fisico): è un tipetto; che tipino, quella ragazza; pegg. tipàccio, sempre riferito a persona, tipo strano e poco raccomandabile, cattivo soggetto: è un tipaccio, quello: cerca di starne alla larga.