timbro
s. m. [dal fr. timbre «tamburo; campanello; bollo» (dal gr. tardo τύμβανον, variante di τύμπανον: v. timpano)]. – 1. a. Marchio di gomma (retto da un sostegno rigido) o di metallo che, inchiostrato oppure no, serve a imprimere bolli a inchiostro oppure a secco su carta (spec. su documenti o sulla corrispondenza). b. L’impronta, il bollo o il marchio impressi con un timbro: il t. postale c’è, ma non si legge la data. 2. fig. a. In musica e in acustica, timbro (o metallo), una delle tre qualità del suono, e precisamente quella che permette di distinguere l’uno dall’altro due suoni pur identici per intensità e altezza, ma emessi da sorgenti sonore diverse (per es., da due diversi strumenti musicali). Esso è determinato dagli armonici che accompagnano il suono fondamentale: dalla presenza o dall’assenza di determinati armonici dipendono, per es., il t. nasale, i t. aspri o duri, ecc. Nell’uso com., con valore meno tecnico, riferito alla voce umana: t. metallico, argentino, vibrante, sonoro, velato; avere un bel t. (di voce), un t. dolce, piacevole, o sgradevole, ecc. b. In linguistica, la qualità specifica d’una vocale, dovuta al luogo d’articolazione e al grado d’apertura, che può essere foneticamente distintiva indipendentemente dalla durata o dal tono: vocali di t. aperto (come a, è, ò), e di t. chiuso (come u, ó, é, i); opposizione di timbro (per es., tra pèsca e pésca). c. In semeiotica medica, è detto t. timpanico (o timpanismo) uno dei caratteri apprezzabili nei suoni di percussione. d. Nel linguaggio della critica letter. e artistica, tono, o colore (e uso del colore) particolare: il t. di una poesia, il t. montaliano; il t. caratteristico dei pittori fauves. e. In psicologia, t. (o tono) affettivo, la particolare valutazione pratico-sentimentale di determinati fatti. 3. In araldica, designazione complessiva di tutto l’ornamento posto nelle armi al di sopra dello scudo, che serve a indicare le qualità del possessore.